Perché non ci interessa di Ahed Tamimi, la 16enne palestinese arrestata?
28/12/2017 di Alice Bellincioni
Ahed Tamimi è la sedicenne palestinese arrestata pochi giorni fa per aver preso a calci due soldati israeliani, dopo che – il giorno prima – il cugino minore di lei era stato colpito alla testa con un proiettile di gomma e l’esercito aveva lanciato lacrimogeni dentro la casa di famiglia. Il video in cui coraggiosamente affronta gli uomini in divisa insieme alla mamma e alla cugina è diventato virale, rendendola in patria un’eroina della resistenza palestinese.
Il mito si è accresciuto ulteriormente, quando – appena due giorni fa – un tribunale israeliano ha deciso di prolungare la sua detenzione. Il motivo? Ahed Tamimi rappresenterebbe un pericolo per i soldati. In effetti, usa il suo corpo per contrapporsi a loro fin da quando è bambina, documentando il tutto attraverso numerosi video disponibili in rete. In uno risalente a due anni fa, l’allora 14enne “combatte” con un soldato armato per liberare il suo fratellino. Le immagini piuttosto forti e violente partono circa dal minuto 5.30.
L’eco della vicenda di Ahed Tamimi è risuonato anche in Occidente, ma la ragazza da noi non è stata descritta come un’eroina moderna. Sui social circolano degli hashtag a lei dedicati, ma non sono certo diventati virali in Europa. Come mai? Perché una ragazza giovane e coraggiosa, simbolo della resistenza del suo popolo, non è diventata da noi un’icona femminista? Al Jazeera English ha cercato di spiegarlo.
COME MAI SIAMO COSÌ INDIFFERENTI DI FRONTE ALL’ARRESTO DELLA 16ENNE PALESTINESE AHED TAMIMI?
La prima e più scontata ragione dipende – secondo il network internazionale – dal fatto che la resistenza di Ahed Tamimi è contro lo Stato di Israele e non contro gruppi di combattenti illegali. «Mentre azioni ostili di attori non statali, come combattenti talebani o Boko Haram sono considerate illegali, simili aggressioni da parte di uno Stato sono ritenute appropriate», riflette l’autrice esperta di studi di genere, Shenila Khoja-Moolji, aggiungendo che «lo Stato giustifica le sue azioni presentando le vittime delle sue ingiustizie come una minaccia al suo funzionamento. E una volta dichiarata la minaccia, l’individuo viene facilmente spogliato di tutto e ridotto a una vita senza valore politico».
“L’UMANITARISMO SELETTIVO” DELL’OCCIDENTE DIETRO L’INDIFFERENZA VERSO AHED TAMIMI
C’è dell’altro, però, a spiegare l’indifferenza verso Ahed Tamimi: secondo l’autrice di Al Jazeera l’Occidente ha un «umanitarismo selettivo, per il quale sono determinati corpi e cause sono ritenuti degni di intervento». L’accusa è di rivolgere azioni umanitarie solo verso disabili, malati, persone mutilate o donne violentate. «Tale nozione di sofferenza normalizza i corpi laboriosi e sfruttati: “questi non sono l’eccezione, ma la regola, e quindi sono squalificati”», riflette amaramente Shenila Khoja-Moolji. Secondo lei è per questo che Ahed Tamimi «non rappresenta la vittima ideale per la difesa transnazionale, perché non è il genere di femminilità autorizzata che l’Occidente vuole valorizzare. Cerca giustizia contro l’oppressione, piuttosto che un potere di cui beneficiare lei stessa. Il suo femminismo è politico, invece di essere concentrato su beni primari e sesso. Il suo potere femminile minaccia di rivelare la faccia brutta del colonialismo e per questo è considerato “pericoloso”. Il suo coraggio e la sua impavidità mostrano chiaramente tutto ciò che è sbagliato in questa occupazione».