Donald Trump sta sollevando il caos con Gerusalemme per distrarre dal Russiagate?
05/12/2017 di Stefania Carboni
Come regalo di Natale Donald Trump ha deciso di attuare una delle baggianate promesse fatte in campagna elettorale. Trasferire l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme, rendendo così, implicitamente, la città santa, simbolo del conflitto israelo-palestinese, la capitale di Israele. Perfino il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen ha suggerito a Trump come questa fosse una mossa azzardata. Risultato? Tutto il mondo è in allarme.
LEGGI ANCHE > Boschi, perché la causa civile contro De Bortoli è meno imbarazzante rispetto a una querela
A riferire la notizia è stato un portavoce di Abu Mazen, ufficializzando il contenuto della telefonata tra il presidente degli Stati Uniti d’America e Mahmoud Abbas. Trump ha avuto colloqui telefonici anche con il premier israeliano Benjamin Netanyahu e con il re di Giordania Abd Allah II. Le reazioni? Sono tante.
“Questa decisione avrà ripercussioni pericolose sulla stabilità e sulla sicurezza del Medio Oriente”, il re di Giordania, Abdullah II.
“Lo status di Gerusalemme rappresenta la linea rossa per i musulmani”, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan
“Evenienza pericolosa. Se dovesse accadere, avrà ripercussioni non solo sulla situazione palestinese ma in tutta la regione araba e islamica”, il segretario generale della Lega araba, Ahmed Abul Gheit
“La questione dello status di Gerusalemme deve avere una soluzione nell’ambito dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi”, il premier francese Macron
“Dall’inizio dell’anno, l’Unione europea ha chiarito le sue aspettative che ci possa essere una riflessione sulle conseguenze che potrebbe avere qualunque decisione o atto unilaterale sullo status di Gerusalemme. Potrebbe avere gravi ripercussioni sull’opinione pubblica in vaste aree del mondo. Il focus dovrebbe perciò restare sugli sforzi per riavviare il processo di pace e sull’evitare qualunque atto che possa minare questi sforzi”, l’alto Rappresentante Ue per la politica estera, Federica Mogherini
Intanto Israele ha risposto con le parole del portavoce del ministero degli Esteri Emmanuel Nahshon: “Gerusalemme è la capitale del popolo ebraico da tremila anni e la capitale di Israele da 70, senza riguardo se sia riconosciuta o meno da Erdogan“. Anche il ministro dei Trasporti Yisrael Katz ha respinto l’intervento del leader turco affermando che “i giorni del sultano e dell’impero ottomano sono finiti“. Le forze di sicurezza israeliane temono una violenta rivolta palestinese.
AMBASCIATA ISRAELIANA A GERUSALEMME? COSA PREVEDE LA LEGGE
Ma è lecito traslocare così da Tel Aviv? Nel 1995 il Congresso degli Stati Uniti ha approvato il “Jerusalem Embassy Act”, la legge sull’ambasciata di Gerusalemme che invita il Paese a trasferire la sua sede diplomatica nella città santa. L’atto è vincolante ma prevede una clausola secondo cui i presidenti americani possono rinviare l’attuazione della legge ogni sei mesi per questioni di sicurezza nazionale. Bill Clinton, George W. Bush e Barack Obama hanno derogato. Trump, dopo la prima deroga, non se la sente di saltare le sue promesse elettorali.
TRUMP, IL RUSSIAGATE E LA PISTA DELLA BANCA TEDESCA
Molti si chiedono come mai Trump abbia creato questo putiferio. Non poteva derogare ancora? In questo momento sembra molto più utile giocare al rialzo, distraendo, piuttosto che affrontare problemi seri. Il procuratore speciale Mueller, titolare dell’inchiesta Russiagate, avrebbero chiesto a Deutsche Bank di consegnare informazioni sui rapporti con il presidente Donald Trump. L’obiettivo è quello di avvalorare o meno la pista della banca tedesca che porta al genero di Donald, Kushner, il cui coinvolgimento nell’affare Russiagate è dato dalla colpevolezza di Mike Flynn, consigliere per la sicurezza nazionale dimessosi per i contatti con l’ambasciatore russo Kislyak. A riportare la notizia dell’ordine del pm è il quotidiano tedesco Handelsblatt, ripreso negli Stati Uniti dal sito di informazione finanziaria MarketWatch. Forse molti non ricordano che Trump, prima di salire alla Casa Bianca, risultava debitore verso la Deutsche Bank. Doveva circa 300 milioni di dollari di prestiti immobiliari. Alcuni deputati democratici chiesero chiarimento ai tedeschi questo giugno. La banca, giustamente, rispose picche per motivi di privacy. Avrebbero dato una risposta qualora ci fosse stata una richiesta da parte della giustizia americana. Richiesta che sembra arrivata due settimane fa nelle mani del colosso, ma di cui si ha notizia solo oggi. Con l’ambasciata a Gerusalemme, ovvio.
(Credit Image: © Chris Kleponis/CNP via ZUMA Wire)