Al Sisi dice sì alla grande diga in Etiopia

25/03/2015 di Mazzetta

Conferenza stampa al termine dell'incontro del 3 marzo a Khartum (Photo credit ASHRAF SHAZLY/AFP/Getty Images)
Conferenza stampa al termine dell’incontro tripartito del 3 marzo a Khartum (Photo credit ASHRAF SHAZLY/AFP/Getty Images)

LE ESIGENZE DELL’ETIOPIA – Il Nilo Azzurro arriverà quindi più esile alla capitale sudanese Khartum, dove s’incontra con il Nilo Bianco, ed è per questo che all’Etiopia serviva assolutamente un accordo che modifichi quello d’epoca coloniale sulla spartizione delle acque prima di terminare la costruzione della diga, nella quale ha investito oltre 5 miliardi di dollari e dalla quale il regime s’aspetta molto. Meno s’aspettano gli etiopi all’opposizione, che finora non hanno visto clamorosi ritorni dalla numerose dighe costruite nel paese, molte delle quali dalla stessa Salini, come quella di Gilgel Gibe III, altro mega-progetto questa volta a cavallo del fiume Omo.

I DUBBI DI MOLTI – La capacità complessiva di generazione eccederà di gran lunga quella di consumo degli etiopi, la gran parte dei quali non sono neppure collegati alla rete, e pare che il regime etiope usi la società elettrica, l’Ethiopian Electric Power Corporation, come una vacca da mungere dopo aver venduto l’energia elettrica ai paesi confinanti. Con la diga in costruzione la produzione elettrica etiope raddoppierà di colpo, i più di 5.000 MW prodotti dalle sue turbine faranno la differenza. Salini-Impregilo nel corso degli anni ha costruito tutte le più contestate opere idrauliche nel paese, ottenendo gli incarichi senza gara e sorvolando con facilità le formalità come le valutazioni d’impatto ambientale e gli studi sulle conseguenze per le popolazioni a monte e a valle delle opere, che invece secondo le associazioni ambientaliste e l’opposizione locale saranno severe.

TUTTO SULLA DIGA – Per avere un’idea dell’inusuale velocità delle procedure basti sapere che il  31 marzo 2011 l’allora dittatore Meles Zenawi ha annunciato la costruzione della «Diga del grande rinascimento etiope», il primo aprile ha concesso un contratto da 4,8 miliardi di euro a Salini e il 2 aprile ha posato la prima pietra. La valutazione d’impatto ambientale è stata fatta altrettanto in velocità dallo stesso appaltante ed è anche per questo che l’Unione Europea ha ritirato parte dell’impegno finanziario che era atteso. Così a forza di polemiche è stato ritirato anche il finanziamento italiano all’opera, finanziamento che non è mancato per altre dighe, ma ciò non ha fermato gli etiopi, che hanno emesso anche un prestito nazionale per finanziarla, decidendo di giocare il tutto per tutto a prescindere dalle grandi incognite che si stagliano ancora oggi sul futuro e le conseguenze dell’opera. L’accordo di ieri dimostra che per ora l’azzardo ha pagato, ma il successo o meno dell’operazione, e dell’opera, potrà essere valutato solo nei decenni a venire.

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