Alla salute del Führer

29/08/2012 di Maghdi Abo Abia

LA VERSIONE DI STORMFRONT – Simpatizzanti che si possono trovare a manciate su Stormfront, comunità di nazionalisti bianchi. Dal “non romperci i maroni”, dedicato all’esimio turista, il cognome Hirsch ha scatenato una ridda d’ipotesi sulla reale identità religiosa del soggetto in questione. “Vorrei soffermarmi sul turista, Hirsch come il noto rabbino Samson Raphael Hirsch -scrive Dagren- sono pronto a scommettere che sto tizio è ebreo e aveva solo da rompere i cog****i… proprio vero che gli ebrei oltre a rastrellare denaro non sanno far altro che protestare e lamentarsi”.

I SOLITI EBREI – Re Arduino è molto meno soft: “Sempre a rompere le scattole sti ebrei, secondo loro dovrebbero vendere le bottiglie di vino con l’immagine di ebrei come carl marx,lenin,perez o la bandiera israeliana.Ma vadano a farin c..o per una volta,visto che loro si lamentano di cose del genere poi sono i creatori e consumatori di naziporno,ma di quello non si lamentano”, mentre per il Nuovo Duce “Sono decenni che vendono quelle bottiglie, doveva arrivare adesso l’americano chic a scoprirle. Che si beva la sua bottiglia da due litri di coca cola, il nobile succo d’uva se lo può sognare…”. Insomma, ebreo fatti i fatti tuoi, lasciaci almeno le bottiglie con i nostri eroi.

IL VINO DI HITLER? UN AFFARE – Di queste riflessioni la più importante è sicuramente quella secondo la quale queste bottiglie sono in vendita da anni, senza che nessuno dica nulla. La Repubblica prova a raccontarci il business del vino “nero”, ovvero le bottiglie “griffate” con le foto dei “grandi” della storia, bottiglie che per qualcuno assumono i contorni di un oggetto di culto, al pari dei bustini del Duce o delle suppellettili presenti in luoghi come il ristorante da Oscar a Milano. A Roma un proprietario di un’enoteca è stato chiaro: “Il vino di Hitler? Per me è solo un affare. È legale, e ai turisti piace molto”.

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