Amianto, cromo e Pcb, i veleni che soffocano Brescia
14/03/2014 di Maghdi Abo Abia
Negli ultimi mesi la città di Brescia e la sua provincia hanno dovuto fare i conti con una serie di scoperte che hanno dimostrato come nel sottosuolo di quell’area di Lombardia siano presenti scorie pericolose ancorché nocive per la popolazione. Oltre alle concentrazioni di cromo che hanno portato allo stop dei cantieri della Tav nei pressi dell’autostrada A4 Torino-Trieste ed alla presenza di policlorobifenili nei terreni circostanti l’area del «cono Caffaro», si assiste ora allo stop dei lavori per la realizzazione dell’Alta Velocità a causa dell’elevata presenza d’amianto nel terreno.
L’AMIANTO TROVATO A BRESCIA – Partiamo dalle ultime notizie, relative appunto alla scoperta di scorie nascoste nei terreni di via Dalmazia, a Brescia, nell’area del piazzale dello scalo, zona della Piccola velocità. Il ritrovamento, datato 9 marzo, è stato confermato l’11 dai tecnici dell’Arpa Lombardia che ha verificato la presenza di grandi quantità del pericoloso materiale, che ha portato alla chiusura del cantiere della parte finale del tracciato che proviene da Treviglio. Il materiale rinvenuto, come spiega il Corriere di Brescia, è stato trovato dall’azienda incaricata dell’opera di bonifica dell’area, la Cepav 2, che ha rinvenuto lastre d’amianto interrate abusivamente circa 20 anni fa, a poca distanza dalle abitazioni.
MERITO DEI LAVORI PER LA TAV – La polizia ferroviaria ha isolato il sito mentre ora si cercherà di capire da dove vengono tali lastre e sopratutto chi ce le ha messe lì. L’analisi di Legambiente, ripresa da Il Giorno, è impietosa ed in un certo senso assolve la Tav, in quanto i lavori hanno portato alla luce, in buona parte d’Italia ma sopratutto in Lombardia, scorie industriali nascoste nella speranza che nessuno le trovasse: «La Lombardia è la regione più industrializzata, anzi, era la regione a più alto tasso industriale, dove sono finite le scorie, dove sono state stoccate? Quando poi è arrivata la deindustrializzazione il fenomeno è diventato macroscopico. E adesso i nodi vengono al pettine».
LAVORI BLOCCATI – Oltretutto la scoperta dovrà portare ad analisi ulteriori che stabiliscano l’effettiva pericolosità del materiale sotto sequestro. Difatti non si sa se sia sfibrato o integro e se per questo sia nocivo o meno. Inoltre data la scoperta di materiale sepolto in quella che anni fa era una zona destinata ad orti, curati peraltro dai ferrovieri, non si esclude che nelle vicinanze possano esserci altre tracce di Eternit. A tutto svantaggio del cantiere dell’Alta Velocità. Prima della scoperta si pensava che in massimo 14 mesi i lavori si sarebbero conclusi. Ora invece è impossibile stabilire dei tempi anche perché l’amianto trovato andrà smaltito e bisognerà stabilire chi ci metterà i soldi, visto che i responsabili dell’interramento, molto probabilmente, non verranno mai trovati.
GLI SCARTI DI ACCIAIERIA RINVENUTI A ROVATO – Ed a proposito di ritrovamenti nella provincia, in un altro cantiere Tav, questa volta a Rovato, nel 2013 vennero trovate altre scorie di amianto. La Cepav 2, consorzio che si occupa della bonifica, ha però precisato che le migliaia di quintali di scorie non erano di loro competenza e non venivano dal cantiere Tav, bensì da quello della Bre-Be-Mi, l’autostrada che doppierà l’A4 e collegherà Brescia, Bergamo e Milano. E sempre in provincia di Brescia, ad Esine, nei terreni destinati alla costruzione di una variante stradale che collegasse la cittadina con l’ospedale locale, sono emersi scorie di acciaierie per un totale di 45.000 metri quadri di diffusione. Ma rimanendo nell’ambito dell’amianto, è opportuno ricordare che sono stati trovati depositi sotterranei illegali anche a Travagliato e Ospitaletto.
LA DISCARICA DELLA DISCORDIA – I cittadini di Brescia non solo devono fare i conti con i depositi illegali di Eternit che emergono nel corso dei lavori per la realizzazione di nuove infrastrutture, ma devono fare i conti anche con una discarica cittadina di amianto protagonista della cronaca locale ormai da anni. Parliamo della discarica d’amianto Profacta di via Brocchi, a Brescia. Il 18 ottobre 2012 la locale Procura sequestrò l’impianto dopo aver accertato difformità tra i metodi di smaltimento impiegati e quanto prescritto nell’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata da Regione Lombardia.
I RILIEVI DELLA PROCURA – La decisione venne accolta con soddisfazione dai comitati ambientalisti di San Polo, impegnati dal 2008 nel chiedere la chiusura della discarica. Il tre giugno 2013 la Procura chiese all’Assessore all’Ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile della Regione, Claudio Terzi, la revoca dell’autorizzazione rilasciata a Profacta. Il consulente tecnico d’ufficio, nella sua relazione ha spiegato che la discarica non rispetta le prescrizioni per lo smaltimento dell’amianto. Il materiale era collocato ad una distanza compresa tra 69 e 77 metri dalle prime case di un quartiere popoloso. Inoltre non era previsto alcun sistema di drenaggio, con il risultato che l’acqua piovana allagava il fondo.
L’AZIONE DEL COMITATO SPONTANEO – Inoltre l’amianto già conferito è stato, nel trenta per cento dei casi, smaltito in modo irregolare: è presente dell’amianto frantumato, i teli che avvolgono le lastre sono rotti e le lastre non sono state trattate su entrambe le superfici come prescrive la normativa. La decisione della Procura venne accolta con entusiasmo dai rappresentanti del comitato spontaneo contro le nocività che allestirono all’epoca delle proteste anche un presidio permanente che sorvegliava l’ingresso dell’impianto dal lunedì al venerdì per verificare anche i camion sospetti ed avere la certezza che gli accordi venissero rispettati, chiedendosi peraltro chi aveva potuto autorizzare una discarica di amianto in città, a Brescia.
IL DISSEQUESTRO – La doccia fredda, se così si può dire, è arrivata il 6 settembre 2013, quando la Procura dissequestrò la discarica in quanto, secondo loro, non sarebbe stato necessario mantenere il sequestro per finalità probatorie. La Profacta, per bocca del suo Amministratore Delegato Tommaso Brognoli, spiegò che erano in corso valutazioni, in collaborazione con Regione Lombardia, per trovare una soluzione sulla modalità di controllo dei materiali conferiti in discarica, della struttura di drenaggio e delle distanze dal centro abitato, con la possibilità di valutare una riduzione del sito. Ed il cinque marzo i comitati spontanei, ripresi da Quibrescia, hanno fatto nuovamente sentire la loro voce, sostenendo che secondo loro non è cambiato nulla.