L’attentatore di Berlino Anis Amri ai poliziotti: «Non ho documenti, ma sono calabrese»
24/12/2016 di Redazione
«Non ho documento, ma sono calabrese». Sono le parole pronunciate dall’attentatore di Berlino Anis Amri nella notte tra giovedì e venerdì ai poliziotti in piazza I Maggio a Sesto San Giovanni (Milano) pochi istanti prima della sparatoria in cui ha perso la vita. A raccontarlo è stato uno dei due agenti che hanno fermato il ricercato tunisino per un normale controllo, Christian Movio, 36 anni, rimasto ferito da un colpo di proiettile alla spalla.
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ANIS AMRI AI POLIZIOTTI: «SONO DI REGGIO CALABRIA»
«Continuava a dire che era di Reggio Calabria e che non aveva documenti, che li aveva lasciati da qualche parte», ha detto il capopattuglia. Scrive Cesare Giuzzi sul Corriere della Sera:
Alle 3.08, Christian Movio, 36 anni, e l’agente in prova Luca Scatà, 29 anni, poliziotti della volante del commissariato di Sesto, scendono dalla macchina: «Buonasera, hai un documento?». «Non ce l’ho», risponde Amri. «Da dove vieni?». «Sono calabrese», farfuglia il terrorista. Gli agenti seguono il protocollo: «Svuota le tasche e lo zaino e poggia tutto sulla macchina». Amri non sembra insofferente («era assolutamente tranquillo», ricorda Roberto Guida, dirigente del commissariato di Sesto): mentre armeggia, però, afferra una pistola.
Poi gli spari. Scrive Francesco Viviano su Repubblica:
A quel punto Anis Amri, invitato a svuotare lo zainetto, ha infilato la mano dentro il suo bagaglio e ha estratto la pistola con la quale ha cominciato a sparare ferendo alla spalla Christian Movio. A quel punto l’altro agente, Luca Scatà, che era a qualche metro di distanza dal tunisino, ha premuto il grilletto della sua pistola d’ordinanza e lo ha ferito mortalmente. Amri si è accasciato sull’asfalto ma non è morto all’istante, hanno detto i due poliziotti che nel frattempo avevano dato l’allarme alla loro centrale operativa, chiedendo rinforzi che sono arrivati subito dopo. Nello zainetto Anis Amri non aveva nulla di particolare: uno spazzolino, un dentifricio e un sapone da barba. Durante la fuga dalla Germania verso l’Italia si era disfatto anche del suo telefonino.
(Foto di copertina da archivio Ansa. Credit: Daniele Bennati / B&V / dpa)