Gli scissionisti di Castelvolturno e la strage di San Gennaro
23/09/2008 di Teresa Scherillo
15000 abitanti, 4000 disoccupati, 11000 extracomunitari, solo 2000 regolari. Questi i numeri di Castelvolturno. Dove i nuovi boss casalesi stanno cercando di riconquistare il territorio, facendo capire chi comanda ai pochi non allineati.
Il litorale domitio non è altro che una lunga strada che dal Lago Patria porta fino alla foce del Garigliano. E’ la zona di “villeggiatura” del casertano. Villaggio Coppola, Castelvolturno, Mondragone fino a Baia Domitia. Gli italiani del posto li chiamano nigeriani, generalizzando la loro provenienza dall’Africa profonda, ma vengono anche dal Ghana, dal Togo, dalla Liberia. “Siamo ghanesi non nigeriani, scrivilo”, ci tengono a precisare, ma quando si cerca manovalanza per prostituzione, spaccio, edilizia, non c’è distinzione.
I NUOVI LATITANTI – Un territorio di pochi chilometri quadrati sotto il rigido controllo dei clan camorristici di Villa Literno e Casal di Principe. Quei clan che lo Stato pensava di aver sconfitto con gli arresti eccellenti dei capi, due fra tutti, Francesco Bidognetti e Francesco Schiavone. Nemmeno troppi mesi fa i soliti annunci del Ministero dell’Interno. Una centrale operativa investigativa a Casal di Principe, nel cuore del problema. Nientedimeno. La risposta non si è fatta attendere. 18 esecuzioni plateali, agguati, intimidazioni, 5 attentati a colpi di kalashnikov nell’ultima settimana ad esercizi commerciali, compreso il Millennium di Ischitella. L’obiettivo è riconquistare il territorio degli ex-boss. Una generazione di latitanti nuova di zecca assoldati dagli imprendibili Michele Zagara e Antonio Iovine. Giuseppe Setola, Alessandro Cirillo, Giuseppe Letizia, Oreste Spagnuolo, Emilo Di Caterino, Pasquale Vargas. Nascosti in quei pochi chilometri di degrado, eppure introvabili in quella selva di abusivismo edilizio, strade senza nome, villette abbandonate.
VOGLIONO IL 50% – Una nuova faida stragista colpisce chi non paga il racket o chi non paga la tangente sul traffico di droga. E’ questo quello che hanno pensato gli extracomunitari morti in quella che è già stata ribattezzata la strage di San Gennaro. Di essersi liberati di un clan, di poter gestire da soli. Ma i nuovi boss casalesi hanno subito fatto intendere chi comanda adesso. Fino a ieri prendevano il 20%. Oggi per chi non si allinea è terra bruciata. Eppure non sono tutti spacciatori, gli immigrati di Castelvolturno. C’è pure chi lavora da anni in Italia. Fanno i muratori e nessuna voglia di parlare con i “bianchi”. Hanno paura. Paura della camorra e dello Stato. “Se vai alla Polizia per denunciare sei finito. Non ti credono. Cercano la droga e dicono che siamo tutti spacciatori, così anche quelli che lavorano onestamente sono costretti a subire le violenze”.
LE INCHIESTE PARALLELE DELLA MAGISTRATURA – In tutto questo si intreccia un altro filone di indagini da parte degli inquirenti. Tutto quello che fa capo al pentito Gaetano Vassallo che sta rivelando i nomi dei politici che sarebbero, in un certo modo, i fiduciari del clan Bidognetti. Perché è chiaro che se si vuole sconfiggere veramente la criminalità organizzata bisogna far cadere il velo sui nomi di chi, all’interno delle amministrazioni e della politica “protegge” i camorristi. Badate bene, non la Camorra che è nome astratto per indicate tutto e niente. Servono nomi e cognomi. In due parole, se il clan Bidognetti sponsorizzava la ditta del coordinatore del Pdl campano, Casaro, vorremmo almeno sapere il perché. I nomi dei camorristi li conosciamo e ve li abbiamo fatti. Se non andiamo oltre, avremo fatto un’altra Gomorra.