I candidati premier alle Elezioni Politiche 2018
20/10/2017 di Donato De Sena
L’Italia è una Repubblica parlamentare. Non c’è elezione diretta del capo del governo o dello Stato. I cittadini eleggono i parlamentari e sono i deputati e i senatori, insieme ai delegati regionali, a scegliere il presidente della Repubblica. Ed è a sua volta il presidente della Repubblica, sentiti i gruppi parlamentari, a conferire l’incarico di formare l’esecutivo, a indicare un nuovo presidente del Consiglio. Eppure, come se fossimo una Repubblica presidenziale, anche in Italia le campagne elettorali nazionali sono fortemente incentrate sulle figure dei leader politici che aspirano a diventare premier. Le Elezioni Politiche 2018 non fanno eccezione.
CANDIDATI ELEZIONI POLITICHE 2018
Il nuovo sistema elettorale, definito Rosatellum, approvato definitivamente in Parlamento, al Senato, il 26 ottobre, prevede l’indicazione di un capo politico delle forze in campo. La legge stabilisce che «contestualmente al deposito del contrassegno», i partiti o i gruppi politici organizzati depositano il programma elettorale, nel quale dichiarano il nome e il cognome della persona da loro indicata come «capo della forza politica». Tra loro ci sono ovviamente anche candidati premier. Sono soprattutto tre gli schieramenti che si sfidano per conquistare la maggioranza dei seggi alla Camera e al Senato (Movimento 5 Stelle, centrosinistra e centrodestra), sono soprattutto tre i leader che aspirano alla carica di presidente del Consiglio (Luigi Di Maio, Matteo Renzi, Matteo Salvini). Silvio Berlusconi, incandidabile, il premier punta ad indicarlo. Se nessuna delle liste o delle coalizioni di liste riuscirà a garantirsi una maggioranza assoluta sarà necessario un governo di larghe intese. E probabilmente un altro nome. Il principale outsider è Pietro Grasso, presidente del Senato, candidato premier della sinistra.
BERLUSCONI
Silvio Berlusconi è l’eterno protagonista della politica italiana. Almeno quella della Seconda Repubblica. A 24 anni dalla sua discesa in campo il Cavaliere si ritrova ancora a guidare il centrodestra e la sua Forza Italia alle elezioni per il Parlamento, per la settima volta consecutiva. Vittorioso alla prima candidatura, nel 1994, e poi nel 2001 e 2008, ha dimostrato di essere l’unico leader capace di unire e trascinare l’elettorato più conservatore. L’ascesa della Lega Nord di Matto Salvini, padrone del Carroccio dopo l’era Bossi, aveva messo in dubbio le sue possibilità di ritorno da primo attore. I numeri hanno confermato la necessità vitale di un’alleanza. I sondaggi dicono che gli azzurri e le camicie verdi possono ottenere anche un terzo dei voti, ma ovviamente solo se si presentano insieme. A 81 anni Berlusconi, archiviate le più complicate vicende giudiziarie, è a capo di uno schieramento guidato da Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia in grado di ottenere le stesse quote di consenso o superare il centrosinistra. Resta il problema della sua inelleggibilità in virtù della legge Severino per la condanna in via definitiva in Cassazione nel 2013 per frode fiscale. Berlusconi non ha le carte in regola per salire a Palazzo Chigi ma vuole comunque scegliere il premier in caso di successo.
DI MAIO
Tra i big della politica il 31enne Luigi Di Maio è l’unico esordiente delle Elezioni Politiche 2018. Cinque anni fa era uno dei tanti sconosciuti catapultati dalla rete al Parlamento dall’exploit del Movimento 5 Stelle. A settembre scorso ha vinto le primarie online per diventare non solo il prossimo candidato alla presidenza del Consiglio ma anche guida del partito fondato da Beppe Grillo. L’ascesa è stata rapida. L’elezione a vicepresidente della Camera a inizio legislatura ha dato a Di Maio grande visibilità e opportunità. Quella di dimostrare di essere, a livello comunicativo e mediatico soprattutto, il parlamentare più di ogni altro capace di prendere le redini del Movimento e assumersi la responsabilità della leadership in una sfida nazionale. Bersagliato per una serie di gaffe, attaccato per la vicinanza alla Casaleggio Associati, ha sconfitto la concorrenza interna di altri due deputati di primo piano come Roberto Fico e Alessandro Di Battista. E ha subito provato a dare segnali di discontinuità con il passato: già prima del voto annuncerà la sua lista dei ministri.
DI STEFANO
Dopo lo scarso risultato di cinque anni fa, circa 40mila voti al Senato e 47mila alla Camera su scala nazionale, alle Elezioni Politiche 2018 tenta di raccogliere i frutti della sua maggior visibilità e del miglior radicamento sul territorio anche il movimento della destra radicale e sovranista Casapound. L’organo di partito, Il Primato Nazionale, indica il vicepresidente Simone Di Stefano come «possibile futuro candidato premier». Romano, 41 anni, cresciuto nel quartiere romano della Garbatella, Di Stefano è stato uno dei fondatori del movimento e ne è oggi certamente il volto più noto. È conosciuto anche al pubblico televisivo. Tra fine settembre e inizio ottobre si è confrontato pubblicamente con Enrico Mentana e Corrado Formigli. Ha poi più volte partecipato a talk show politici.
GRASSO
A novembre è cominciato a circolare con insistenza il nome di Pietro Grasso come possibile candidato premier della sinistra, di una coalizione o una lista unitaria di movimenti e partiti guidata da Articolo 1 Mdp. La rottura con il Pd di Renzi ha reso necessaria una riorganizzazione di tutte le formazioni alla sinistra del Partito Democratico, a partire dai bersaniani e dei dalemiani del Movimento Democratico Progressista. È stato Pier Luigi Bersani, candidato premier dei Dem nel 2013 e tra i leader di Mdp, a lanciare apertamente l’ipotesi del presidente del Senato leader di una lista alle Politiche 2018. Lui inizialmente ha risposto lasciando aperto uno spiraglio, in attesa che si chiarisse il quadro delle alleanze, di quelle siglate e di quelle mancate. Poi hanno preso consistenza le voci di una sua discesa in campo da leader. Fino all’ufficialità del 3 dicembre, con la prima assemblea di Liberi e Uguali, la nuova formazione sostenuta innanzitutto da Articolo 1 Mdp, Sinistra Italiana e Possibile di Pippo Civati. Grasso, 72 anni, è un ex magistrato. Dal 2005 al 2012 è stato procuratore nazionale antimafia. È stato giudice nel primo maxiprocesso a Cosa Nostra.
RENZI
Nel 2012 Matteo Renzi perdeva le primarie per la guida del centrosinistra contro Pier Luigi Bersani. Cinque anni dopo si ritrova ancora al centro dell’attenzione, stavolta senza alcun ruolo di comprimario. Da segretario del Pd ed ex premier affamato di rivincita. Arrivato al governo a febbraio 2014 scalzando Enrico Letta, e trionfatore delle Europee dello stesso anno, Renzi ha lasciato Palazzo Chigi dopo la sonora sconfitta al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Rieletto segretario Dem a maggio scorso, è arrivato alla campagna elettorale da candidato senza primarie, come prevede lo Statuto, e senza lasciarsi intimorire da fratture, scissioni e possibili riscosse della sinistra. Ha teso una mano a Giuliano Pisapia, promotore di Campo Progressista. E ha continuato a guarda soprattutto al centro. Ad un rinnovato accordo con gli alfaniani di Alternativa Popolare. Ignorando i fuoriusciti di Articolo 1 Mdp e la nascita di una nuova area alla sinistra del Pd, rappresentata da Liberi e Uguali. Non teme il Movimento 5 Stelle, penalizzato da una legge elettorale che incentiva le alleanze. Sfida la destra. «Puntiamo al 40%, come alle Europee e al referendum», ha ripetuto più volte. L’unico modo possibile per provare ad evitare un governo di larghe intese.
SALVINI
A differenza di Berlusconi Matteo Salvini non ha il problema dell’incandidabilità. Ma ha necessariamente bisogno del Cavaliere e di Forza Italia per provare a guidare la sua Lega Nord al governo del Paese con un successo alle Elezioni Politiche 2018. Quarantaquattro anni, parlamentare europeo, eletto tre volte consecutive a Strasburgo, due volte alla Camera, Salvini ha ereditato nel 2013 un partito travolto dallo scandalo dei rimborsi elettorali usati per spese personali e ha saputo trascinarlo nei sondaggi ad un livello di consenso mai raggiunto prima. Una nuova fase caratterizzata soprattutto da un cambio della linea politica. Sempre meno federalista, la Lega da movimento radicato al Nord si è trasformata in pochi anni in un vero e proprio partito nazionale, fortemente schierato a destra, su posizioni lepeniste ed euroscettiche distanti dal Ppe. Ciò ha reso nel corso della legislatura più complicata ogni collaborazione con Forza Italia sul piano nazionale. La nuova legge elettorale ha poi obbligato ad un accordo. Il patto prevede che tra Salvini e Berlusconi, in caso di vittoria, sarà chi ottiene più voti a indicare il premier. Lui, il segretario, si dice più che fiducioso. «Non vedo l’ora che gli italiani possano tornare a votare, io sono pronto a fare il premier ed anche la squadra è pronta», ripeteva già a settembre.
(Ultimo aggiornamento il 4 novembre 2017 alle ore 18.15. Foto di copertina da archivio Ansa. Credit immagine: ZENNARO / ANSA)