Il paradiso venduto alla guerra
01/06/2012 di Mazzetta
David Cameron incontra il premier di Mauritius, Navinchandra Ramgoolam, in cerca di una soluzione per l’annosa questione delle isole Chagos
IL REMOTO ARCIPELAGO – Le Isole Chagos sono un arcipelago di 54 isole che corre in direzione Nord-Sud sulla stessa dorsale oceanica delle isole Maldive, situate più a Nord e vicine all’India. Negli anni ’60, quando ormai la de-colonizzazione era considerata un processo inarrestabile e inevitabile facevano parte del BIOT, sigla che sta per British Indian Ocean Territories, un’amministrazione coloniale inglese. Fu proprio allora, nel pieno della guerra fredda, che gli Stati Uniti ottennero in uso dai britannici l’isola di Diego Garcia, la più meridionale e utile a costituirvi una base americana. Base che nel tempo è diventata un cardine del dispositivo di proiezione militare americano, che dall’isola può raggiungere e colpire il sub-continente indiano, il medioriente e la Penisola Araba e l’Africa Orientale, con la quasi assoluta garanzia di inattaccabilità, almeno fino ai giorni nostri. Una base aeronavale che accoglie bombardieri nucleari e ogni genere di naviglio e di ordigno, per ospitare i quali l’atollo è stato totalmente stravolto e trasformato integralmente in una base militare alla quale accede solo personale americano o al più inglese, che in teoria conserva la sovranità sull’isola.
GLI ABITANTI – Ma il diavolo è nei dettagli, per legittimare l’affitto dell’isola la Gran Bretagna ha dichiarato all’ONU che le isole erano disabitate, diversamente il governo britannico non avrebbe potuto disporne legittimamente. L’ONU, pur sicuramente non ignara, prese per buona la faccenda e gli americani entrarono in possesso della preziosa isola e dell’arcipelago disabitato, condizione che avevano posto alla stipula dell’accordo, pretendendo dai britannici la consegna di un bene formalmente in regola. A perorare la causa inglese all’ONU fu il britannico Denis Greenhill, poi divenuto Barone di Harrow, che parlando di queste “rocce” in mezzo all’oceano disse: “….ci sono alcuni umani simili a Tarzan o a Venerdì dispersi sulle isole, che saranno fortunatamente condotti in salvo alle Mauritius”.
I SELVAGGI – I Tarzan erano tra i tre e quattromila creoli residenti e originari di Mauritius, mescolati a una discreta comunità multinazionale e da un certo numero di asiatici, che sull’isola ci stavano da oltre duecento anni. C’è ancora il loro cimitero, con lapidi che ricordano secoli passati e ci sono ancora i loro passaporti britannici, perché erano cittadini di Sua Maestà anche se di serie B in quanto colonizzati. Le isole furono utilizzate prima come colonia penale e poi dedicate alla produzione di olio di palma, tanto che furono conosciute anche come Oil Islands. Passate alla corona britannica insieme alla Seychelles e alle Mauritius alla sconfitta di Napoleone, lo rimasero fino alla de-colonizzazione e all’indipendenza.
IL TRATTATO – Il governo di Mauritius fu facilmente convinto a soffocare le sue pretese e gli americani alla fine non pagarono nemmeno l’affitto previsto, compensarono con uno sconto sulla fornitura dei missili Polaris, dicono gli archivi americani. Gli abitanti furono costretti all’esodo, buona parte si trasferì quando le autorità ridussero i collegamenti e i sussidi, tagliando le isole fuori dal mondo. Gli ultimi furono prelevati a forza e sbarcati a Mauritius, dove molti di loro si consumeranno nella miseria e nell’alcol. I britannici furono meticolosi e prima di consegnare le isole agli americani uccisero anche tutti gli animali domestici e il bestiame rimasto sull’isola. Una plateale violazione dei diritti umani degli abitanti, sufficientI a invalidare qualsiasi pretesa britannica alla radice.
LA VIA CRUCIS GIUDIZIARIA – Da quel 1966 gli Ilois, il nome nel quale si riconoscono i deportati e i loro discendenti, non hanno mai smesso di chiedere giustizia. Il bello è che negli anni hanno dato loro ragione l’ONU, la Corte Europea e un altro paio di corti internazionali, oltre ai tribunali inglesi. Il brutto è che gli Ilois non possono ancora tornare alle loro case e alle loro isole, perché inglesi e americani continuano quasi come se niente fosse a ignorare i loro diritti. Anni addietro ci fu anche un’elemosina una tantum, che si disse utile a tamponare l’attesa di una definizione della questione, ormai imminente. Un segno di buona volontà che vent’anni dopo assume il sapore di beffa. Tra quattro anni però scade il contratto cinquantennale tra americani e britannici e molte cose sono successe nel frattempo. Diego Garcia è diventato un territorio britannico nel quale gli americani hanno praticato le rendition e la tortura, circostanza già riconosciuta ufficialmente dai due paesi. E che le isole siano da considerare ancora all’origine “vuote” e disabitate è fuori questione. Dettagli che potrebbero rivelarsi ostili all’approvazione del rinnovo del trattato sia a livello nazionale che internazionale, perché la base di Diego Garcia non è certo nelle simpatie dei paesi che s’affacciano sull’Oceano Indiano.
L’ECOLOGIA COME PRETESTO – La malafede di britannici e americani è evidente, tanto che non fu difficile intravedere nell’apparizione di un’associazione “ecologista” americana la mano dei due governi. Ecologisti interessati a fare delle Chagos una riserva naturale a tutela integrale, che però nel loro sito certificano pure che Diego Garcia è lontana dal resto dell’arcipelago, che gli americani non inquinano e che non è poi messo così male, nonostante le imponenti modifiche apportate dagli americani all’atollo e nonostante la presenza del traffico di carburanti, navi da guerra e da trasporto cariche delle sostanze più pericolose che si conoscano. Associazione che in poco tempo trovo sensibile il parlamento inglese, che costituì per 200 miglia nautiche attorno alle isole, la più grande riserva marina britannica. Non si tratta di sospetti, ma di evidenze confermate nei cable diffusi da Wikileaks, nei quali si può leggere Colin Roberts, un ufficiale del Foreign Office comunicare agli americani che “stabilire un parco marino dovrebbe, in effetti, rendere più difficili le pretese di reinsediamento degli ex abitanti dell’arcipelago“. Più chiaro di così si muore, difficile credere alla buona fede dell’ONG americana nel pretendere di voler proteggere un patrimonio naturale che in definitiva non è minacciato da nessuno, perché le pattuglie britanniche hanno sempre impedito qualsiasi insediamento e le isole sono visitate solo da diportisti impegnati in traversate oceaniche, non esattamente il tipo di turismo di massa che può compromettere l’ecologia dei luoghi. Peraltro dopo che gli inglesi hanno costituito la riserva marina, sono anche riusciti a scaricare su altri il costo di mantenimento. Se l’è accollato per cinque anni Ernesto Bertarelli, il patron di Prada, che forse faceva meglio a puntare su altro.
L’OPPORTUNITA’ PER MAURITIUS – Una serie di eventi sfavorevoli si è andata ad aggiungere negli anni a una storia già impresentabile e ha rinvigorito le speranze del governo mauriziano di riprendere possesso delle isole e quelle degli Ilois di potervi tornare o addirittura di poter ambire a un’indipendenza che per ora comunque non è nei sogni di nessuno. Il presidente di Mauritius ha messo in chiaro che il suo paese non intende porsi ostilmente nei confronti degli Stati Uniti e sembra chiaro che continuerà a consentire la permanenza americana, dietro un qualche corrispettivo. Il governo di Mauritius ultimamente ha trovato soddisfazione politica economica nel risolvere il problema della comunità internazionale che persegue i pirati nell’Oceano Indiano, che quando cattura i pirati non sa dove metterli e spesso non può fare altro che riportarli a casa e lasciarli andare. Mauritius ha accettato di divenire sede di una corte internazionale dedicata alla pirateria, l’istituzione della quale potrebbe risolvere gli evidenti limiti di giurisdizione che impediscono interventi legalmente efficaci in alto mare.
LA FINE DEL TUNNEL? – Allo stesso modo un accordo conveniente per tutti con Mauritius potrebbe risolvere il problema a Stati Uniti e Gran Bretagna, garantendo da un lato che Diego Garcia resterà una guarnigione avanzata americana e dall’altro che l’arcipelago sarà frequentato il minimo indispensabile, mettendo al contempo fine al pietoso spettacolo ultradecennale rappresentato dagli Ilois che si trascinano inutilmente vittoriosi da un tribunale all’altro.