Cina e Stati Uniti litigano per le isole Spratly

28/10/2015 di Mazzetta

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PECHINO COSTRUISCE LE ISOLE –

La politica del fatto compiuto passa così dai lavori di terraforming che si possono apprezzare dalle immagini satellitari distribuite da diversi istituti specializzati, un’attività alla quale i paesi concorrenti possono opporre ben poco, ad esempio le Filippine, che «occupano» nove isolotti dell’arcipelago, hanno fatto arenare la Sierra Madre, una nave da sbarco americana, per ospitarvi il presidio sull’Ayungin Shoal, poco più di un banco di sabbia che affiora a poca distanza da Mischief Reef, una formazione rocciosa che invece i cinesi stanno trasformando in una vera e propria isola abitabile e abitata, e che in teoria si trova all’interno della zone di sfruttamento economico esclusivo che spetterebbe alle Filippine.

West London Reef. Foto  CSIS Asia Maritime Transparency Initiative/DigitalGlobe
West London Reef dal 2010 al 2015. Foto CSIS Asia Maritime Transparency Initiative/DigitalGlobe

PECHINO TIRA DRITTO –

La contesa sembra quindi subire la politica cinese del fatto compiuto, anche perché non è chiaro a nessuno come si potrebbe risolvere il puzzle di rivendicazioni multiple e incrociate e i negoziati languono da anni, anche se l’unica certezza è che la sola soluzione possibile sia quella che si concluda con l’accordo delle parti coinvolte. Le immagini del prima e del dopo gli interventi cinesi non lasciano dubbi sulle intenzioni di Pechino che in pochi anni, dopo aver trasformato scogli e banchi in isolotti, ora li sta popolando con stazioni di sostegno alla pesca, piste d’atterraggio, stazioni meteo e porticcioli.

COSÌ FAN TUTTI –

Una politica assecondata da Taiwan, che sulla maggiore delle isole, Itu Aba, che è anche l’unica con riserve d’acqua dolce, ha costruito un aeroporto e sta ampliando le infrastrutture portuali con un investimento di 100 milioni di dollari. L’isola, conosciuta anche come Taiping (perché tutte le isole o isolotti, sono un centinaio sparsi su un’area di quasi mezzo milione di chilometri quadrati nel Mar della Cina Meridionale, hanno nomi diversi a seconda di chi li reclama), è rivendicata anche da Cina, Vietnam e Filippine, ma la presenza di un distaccamento delle truppe di Taipei è funzionale alla rivendicazione cinese. Più imponenti i lavori cinesi che hanno trasformato in vere e proprie isole il Gavel Reef, il Johnson South Reef e il Fiery Cross Reef, che insieme al già ricordato scoglio di Mischief sono ora pronte ad accogliere le guarnigioni permanenti previste da Pechino. I concorrenti non stanno a guardare, anche se procedono con maggiore lentezza e prudenza. Il Vietnam è al lavoro su Southwest Cay, strappata alle Filippine nel 1975, Manila ha costruito un aeroporto sull’isola di Thitu, mentre la Malaysia lavora sullo Swallow Reef. Tuttavia solo la Cina si è data al terraforming e all’ampliamento degli isolotti occupati, i paesi concorrenti si sono limitati a costruire su isole già esistenti.

I PERICOLI DI UN CONFRONTO DEL GENERE –

L’attività cinese non è quindi intrinsecamente diversa da quella dei concorrenti, anche se è decisamente più vistosa e massiccia, e non pone in pericolo immediato uno status quo che ha portato a qualche confronto teso tra le marine dei diversi paesi, ma nessun incidente di rilievo negli ultimi decenni. Il pericolo di un incidente resta però incombente, anche perché la questione eccita i nazionalisti in quasi tutti i paesi coinvolti, al punto che in occasione di una delle ultime liti tra vietnamiti e cinesi, in Vietnam si sono avute manifestazioni e aggressioni contro le aziende cinesi che producono in loco. Anche se una guerra aperta per le isole resta improbabile, ma il rischio d’incidenti dalle conseguenze sgradevoli e sanguinose resta sempre dietro l’angolo.

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