Ecco come il vostro medico di fiducia può seguire la cirrosi epatica
27/07/2017 di Redazione
La gestione dei pazienti con cirrosi epatica può rappresentare un modello di riferimento per la presa in carico da parte del medico di famiglia che, nelle diverse fasi, può curare l’assistito da solo, in cogestione con lo specialista o, ancora, con pool di specialisti. Anche quando si tratta di far fronte alle complicanze, grazie anche agli strumenti diagnostici e terapeutici oggi disponibili. Lo spiega all’Adnkronos Salute Ignazio Grattagliano, medico di famiglia e internista di Bari sottolineando che, in ogni caso, oggi l’assistenza sul territorio per questi pazienti è possibile dall’esordio fino alla continuità assistenziale post ricovero.
«Negli ultimi anni -precisa il medico- il quadro di gestione del paziente cirrotico da parte da parte del medico di famiglia è notevolmente cambiato. Oggi , grazie alla diagnosi precoce, i pazienti non arrivano più alle cure tardi, in fasi avanzate della malattia, come accadeva in passato. In molti casi abbiamo persone da seguire con cirrosi, ma compensate e non complicate. In altri pazienti, invece, ci sono comorbidità importanti: diabete, cardiopatie, broncopneumopatie. Un corollario di patologie che viene gestito normalmente proprio dal medico di famiglia». La cirrosi quindi «rappresenta un modello classico di patologia cronica, di conseguenza anche di gestione condivisa tra medici di famiglia e specialisti». A tutto questo, sottolinea Grattagliano, si aggiunge «l’introduzione di nuovi farmaci che hanno rivoluzionato le cure».
Oggi la cirrosi, insomma, «è un malattia curabile, qualunque sia la sua eziologia, nella maggior parte dei casi, fino ad arrivare al trapianto d’organo. E anche in questo caso la figura del medico di famiglia è importante perché si prende carico della continuità assistenziale post trapianto», ricorda il medico. Fondamentale la gestione del medico di famiglia in caso di complicanze gravi, come l’encefalopatia epatica.
«Si tratta di una complicanza che riguarda i pazienti in stadio avanzato. Il medico curante -spiega l’esperto- deve conoscere questo rischio e diagnosticare la malattia precocemente, valutando correttamente alcuni campanelli d’allarme nel paziente come l’insorgenza di una maggiore sonnolenza, disorientamento, stato confusionale, tremore delle mani, andatura instabile, parola rallentata”. Nel caso il paziente abbia avuto un episodio di encefalopatia epatica conclamata “è necessario avviare subito il trattamento di prevenzione per evitare l’insorgenza di nuovi episodi». La terapia «oggi si basa su due farmaci, che hanno dato riscontro in medicina basata sulle evidenze: la somministrazione di rifaximina in aggiunta al lattulosio (o lattilolo)».
(fonte Adnkronos Salute, foto immagine di repertorio Credit Image: © Mark Rightmire/The Orange County Register via ZUMA Wire)