Nessuno aiuta i pazienti con encefalopatia epatica
28/12/2017 di Redazione
Un problema neurologico, che colpisce i pazienti in fase avanzata. “Uno scompenso che crea molti disagi al malato, ma in particolar modo ai familiari. Quando c’è questo disturbo, infatti, spesso il paziente non si rende conto della situazione, ma può essere molto irritato, delirare, compiere gesti che potrebbero sembrare da ‘folli’. Tocca ai caregiver portarlo a ricovero, per farlo rientrare dallo scompenso. Per cui chi ha il disagio maggiore è la famiglia. E molte ci chiedono più informazioni, anche su strutture dove si possano appoggiare: lavorando non si riesce a seguire durante tutta la giornata il familiare che potrebbe scompensare. In pratica, la famiglia si trova a volte veramente spiazzata“. A tracciare il quadro della situazione delle famiglie alle prese con un paziente con encefalopatia epatica è Massimiliano Conforti, vice presidente dell’Associazione Epac Onlus.
Si tratta di una condizione che ogni anno colpisce in Italia dalle 8 alle 10 mila persone, sebbene il dato sia variabile e dipenda anche dalla prevalenza della cirrosi epatica di cui è una complicanza. “Come associazione di pazienti – ricorda Conforti – siamo nati per affrontare la problematica predominante nelle malattie del fegato, cioè l’epatite C. Ma dal 2008 abbiamo costituito un circuito ‘Sos fegato’ che si occupa un po’ di tutte le altre patologie e delle eziologie che possono portare alla cirrosi epatica. Non tutti sanno, però, che quando si ha una cirrosi, oltre allo scompenso epatico e al rischio di epatocarcinoma o di sanguinamento, c’è un problema che riguarda una percentuale di pazienti molto fragili, che è l’encefalopatia epatica“.
Le famiglie alle prese con questo disturbo, insiste il vicepresidente Epac, “andrebbero sostenute di più, con percorsi dedicati a questo tipo di pazienti, che rappresentano la minima parte, ma sicuramente più fragile e con forti problematiche anche di ordine sociale e lavorativo. Spesso le famiglie infatti devono investire dei soldi per assumere una badante o rinunciare al lavoro per stare vicino al proprio caro. Ci chiamano per sapere se ci sono strutture dedicate, che però non esistono. Sarebbe positivo creare percorsi, luoghi e progetti di formazione per i familiari, per far capire come gestire il problema, quali farmaci ci sono per stabilizzare questi scompensi, ma anche prevenirli cercando di riconoscerne i sintomi prima che si verifichino“.
Attualmente “c’è a disposizione un farmaco, la rifaximina, con una nuova formulazione per questi pazienti, autorizzata nell’ultimo anno. Come EpaC stiamo monitorando la situazione per capitare eventuali problematiche regionali. Non abbiamo purtroppo un unico interlocutore, l’Aifa determina indicazioni e prezzo, ma poi si ricade nelle singole Regioni, con 21 sistemi sanitari diversi. E stiamo appunto cercando di monitorare se ci sono pazienti che incontrano difficoltà di accesso al medicinale, anzi invitiamo a contattarci in caso di necessità“.
(articolo in collaborazione con Adnkronos)