In Svezia un concerto per sole donne contro gli stupri: è davvero un segnale di progresso?
13/10/2017 di Alice Bellincioni
A Stoccolma l’estate prossima si terrà il primo concerto per sole donne. Una reazione femminile alla notizia della cancellazione dell’edizione 2018 del più importante festival musicale di tutta la Svezia, il Bråvalla. Il motivo è il dilagare degli abusi sulle donne nei cinque giorni della kermesse: quest’estate sono stati denunciati quattro stupri e 23 casi di violenza sessuale. Purtroppo non una coincidenza, dato che l’anno precedente le donne violentate erano state addirittura di più. Il tutto in Svezia, uno dei Paesi modello per uguaglianza e parità di genere.
Le violenze al Bråvalla 2017 hanno fatto rumore e nel paese scandinavo si è alzato un gran polverone. Mentre la voce femminile più nota a Stoccolma, Zara Larsson, puntava il dito contro l’altro sesso – «Maledetti voi ragazzi che fate sentire una donna insicura quando va ad un concerto» – e le forze dell’ordine commentavano costernate la spirale di violenza, il primo ministro svedese Stefan Lofven ha sentenziato: «Tutto questo deve finire». Gli organizzatori del Bråvalla lo hanno preso in parola e hanno deciso di cancellare l’edizione 2018.
IN SVEZIA IL PRIMO CONCERTO PER SOLE DONNE
Alle svedesi la decisione non è piaciuta: «Prima il danno e poi la beffa: subiamo le molestie e a causa degli uomini che non si sanno comportare, dobbiamo rinunciare anche noi ai concerti?». Più o meno dev’essere stato quello che hanno pensato, finché all’attrice comica Emma Kynckare non è venuta l’idea di sostituire il Bråvalla con un concerto per sole donne. «Cosa ne pensate di mettere su un festival davvero cool dove gli uomini non sono benvenuti e che faremo finché non avranno imparato tutti a comportarsi?», ha twittato.
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L’attrice svedese ha lanciato un appello: «Aiutateci a creare uno spazio sicuro per chi vuole partecipare ad un festival senza avere paura». Al di là delle critiche, è riuscita a raccogliere i fondi necessari per organizzare il concerto per sole donne. L’accesso sarà bandito a qualunque uomo, anche dietro le quinte: ci saranno solo bariste, musiciste, elettriciste, facchine e addette alla sicurezza.
L’idea della Kynckare non è andata a genio proprio a tutti: sotto il tweet con cui La Stampa condivideva il suo articolo sul concerto per sole donne, i commenti dei lettori italiani sono stati piuttosto critici e sarcastici. «È come dire facciamo serata ostriche e champagne contro la povertà» o ancora «Giustamente, per lottare contro le violenze di genere emarginiamo un genere».
Carino, è come dire facciamo serata con aragoste e champagne contro la povertà…😀
— GiancarloCasimirri (@CarloMIRRI) 13 ottobre 2017
Giustamente, per lottare contro le violenze di genere emarginiamo un genere.
Just SJW Swedish nonsense things— Shanta De Sciglio (@Julio_Arnes) 13 ottobre 2017
UN CONCERTO PER SOLE DONNE È UN SEGNALE DI PROGRESSO O DI REGRESSO?
Un concerto per sole donne è davvero un segnale di progresso? Non si rischia – per fare un passo avanti nella parità di genere – di fare un enorme balzo indietro? In Scandinavia, poi, dove in moltissimi locali pubblici e anche nelle università è frequente trovare bagni “unisex”, proprio per rimarcare anche nei simboli affissi sulle porte delle toilette che le differenze di genere non contano.
È lecito non essere d’accordo né con l’una né con l’altra cosa e dubitare del fatto che ritoccarsi il trucco davanti a uno sconosciuto renda più probabile per una donna accedere a posizioni di potere o la metta al riparo dagli stupri. Allo stesso modo, però, ci domandiamo: escludere gli uomini da un festival non è una resa totale alle violenze di genere? Non rappresenta, in un certo senso, anch’esso una discriminazione per tutti quei ragazzi – per fortuna la maggior parte – che mai si azzarderebbero a molestare una ragazza a un concerto?
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Se lo scopo del concerto per sole donne era far interrogare tutti, anche fuori dalla Svezia, su come coniugare emancipazione e sicurezza femminili, beh allora c’è riuscito in pieno. Il nome dell’iniziativa è «Statement Festival»: l’importante è che non sia una dichiarazione di guerra, perché in quest’epoca di conflitti sociali, ci manca solo di dividersi in «maschi contro femmine».
Foto copertina: ANSA/ANGELO CARCONI