Quello che divide sciiti e sunniti
17/10/2013 di Mazzetta
Sciiti e Sunniti
Tra sciiti e sunniti c’è un solco che non appare invalicabile, ma che resiste da sempre e ancora oggi divide la comunità musulmana.
SCIITI E SUNNITI UNA DIVISIONE ANTICA –
La divisione tra sciiti e sunniti risale ai tempi nei quali si dovette decidere come dare seguito alla successione di Maometto nella guida dei fedeli e nel tramandare e interpretare la dottrina. I sunniti sono i più numerosi, gli sciiti sono considerati una percentuale variabile tra il 10 e il 15% del totale dei musulmani ed è quindi naturale che risultino maggioranza in pochi paesi, per lo più concentrati in una mezzaluna che abbraccia l’area del Golfo Persico estendendosi fino al Caucaso e al Mediterraneo: Iran, Iraq, Libano e Azerbaijan, anche se lì il numero dei praticanti sul totale nominale dei musulmani è molto basso. Sono poi una minoranza di peso in Libano e maggioranza relativa tra i musulmani. I sunniti sono la maggioranza nel Sud-Est asiatico, in Africa e in gran parte del mondo arabo. Il paese con più sciiti al mondo dopo l’Iran è il Pakistan, che unisce questo primato a quello della maggiore popolazione sunnita nel mondo, per effetto delle differenti dimensioni demografiche in gioco, in India ci dovrebbe essere un numero di sciiti equivalente almeno a quelli iracheni. In tutto fanno un numero che varia dai 160 ai 190 milioni su quasi un miliardo e mezzo di musulmani in senso larghissimo. Sciiti sono quasi un terzo degli abitanti in Kuwait, il 10% in Arabia Saudita, il 15% in Siria e tra il 10 e il 15% in Pakistan e Afghanistan e i rapporti tra le comunità variano dall’indifferenza alla faida secolare rendendo spesso difficile capire dove sia il confine tra la disputa religiosa e quella politica che s’ammanta di religione.
UNA QUESTIONE DI LEADERSHIP – Il punto del contendere principale è nell’idea degli sciiti secondo la quale la guida dell’Islam doveva essere riservata ai discendenti di Maometto, alla sua morte la figlia Fatima e suo marito Alì, cugino dello stesso Maometto. I sunniti invece erano dell’idea che dovesse essere eletto da e tra l’aristocrazia locale assumendo il ruolo di califfo. Il quarto califfo divenne proprio Alì, pur se sospettato di complicità nell’uccisione del terzo. Deciso a consolidare il suo potere personale si scontrò con la moglie del Profeta e suocera, Aisha, e la sconfisse insieme al movimento che l’appoggiava. Ma poi Alì accettò la soluzione pacifica della disputa con il governatore della Siria, Muawiya, che sosteneva Aisha, nonostante fosse ormai sconfitto militarmente, permettendone la sopravvivenza. I sostenitori di Alì divennero così gli sciiti e quelli di Muawiya e Aisha i sunniti. A peggiorare le cose nel 680 Hussein, figlio di Alì, morirà per mano del califfo Yazid della dinastia degli Omayyadi sunniti, ucciso nella città ora irachena di Kerbala, un sacrilegio che ha gridato e preteso vendetta a lungo. La città diventerà santa per gli sciiti, la città santa per eccellenza, quella che invece per i sunniti è la Mecca, alla quale comunque anche i pellegrini sciiti si recano per il pellegrinaggio obbligatorio dell’Hajj.
DIFFERENZE RELATIVE – Se gli sciiti sono quindi i partigiani di Alì, i sunniti seguono la “tradizione”, ma le differenze dottrinarie sono relative. Gli sciiti hanno riti più vicini a quelli cristiani, molti ad esempio credono all’intercessione dei santi o all’espiazione dei peccati attraverso pratiche quali l’autoflagellazione. Per i sunniti i santi sono un’eresia e con essi i santuari, ammettono solo le moschee come edifici religiosi. Differenti punti di vista anche sugli angeli, per gli sciiti hanno una libero arbitrio limitato dall’impossibilità di commettere peccati, mentre per i sunniti fanno solo la volontà di Dio. I pilastri della fede sono tutto sommato sovrapponibili, le differenze si amplificano nella considerazione del clero, gli imam sciiti sono considerati ispirati divinamente e gli unici interpreti del Corano e santi, per i sunniti solo persone con una forte fede e una grande preparazione sui testi sacri, che per i sunniti vanno scelti dalle autorità, mentre per gli sciiti devono discendere da Alì, che secondo gli sciiti fu nominato erede da Maometto e per i sunniti invece no. Secondo i sunniti l’eredità di Maometto è stata raccolta da quattro saggi califfi ispirati da Dio, per gli sciiti dai dodici imam discendenti dal Profeta. Differenze minime, per tutti i musulmani per il resto valgono le stesse prescrizioni e anche la stratificazione del clero è simile, la differenza non sta in basso, ma in alto, dove in un caso l’elite clericale trae prestigio e legittimazione dalla discendenza del profeta, mentre per i sunniti resta una questione di cooptazione al vertice di un sistema nel quale, nell’uno come nell’altro caso, il potere religioso e quello secolare sono intimamente intrecciati e le prescrizioni religiose diventano anche leggi dello stato e fonti del diritto.
NON SOLO RELIGIONE – La frattura maggiore segue linee che confondono le differenze dottrinarie con la politica, in particolare con la contrapposizione emersa con forza dopo l’affermazione del khomeinismo in Iran, accolta con estrema ostilità dalle dinastie sunnite del Golfo, più inquietate da un esempio che prevedeva la cacciata della famiglia reale iraniana e la fondazione di una repubblica, seppur islamica, che si diceva da voce alle masse islamiche. Dalla decolonizzazione in poi il principale problema per le dinastie del Golfo era stato quello di repsingere le sirene del socialismo arabo, terribilmente inviso a dinastie titolari di poteri assoluti di stampo feudale, con Khomeini la minaccia non veniva dagli infedeli, ma da un paese islamico, mettendo in discussione la legittimità stessa del potere delle case reali del Golfo, in particolare di quella dei Saud che si fregia di titoli e meriti che gli sciiti, ma anche molti sunniti, non gli riconoscono.
L’ESITO DESTABILIZZANTE – La lotta è stata fin dall’inizio dura e senza esclusione di colpi e si è estesa ad alleati e vicini, spesso utilizzata in tutta evidenza anche come leva per destabilizzare questo o quel governo. Una lotta che è sicuramente destinata a continuare fino a che la giusta paranoia delle monarchie del Golfo non calerà o i loro sistemi politici evolveranno in maniera per ora imprevedibile verso una maggiore condivisione del potere e l’abolizione dei privilegi nobiliari, che ne fanno le ultime monarchie assolute rimaste sulla faccia del pianeta. Un anacronismo che oltre a destabilizzare la regione ha acceso una situazione di conflitto che la comunità musulmana non aveva mai conosciuto prima, tra musulmani non si sono mai visti conflitti interreligiosi epocali come quelli che hanno insanguinato l’Europa quando i cristiani hanno cominciato a dividersi tra cattolici, protestanti e luterani, ma che di recente ha dimostrato di poter provocare danni molto simili alle guerre continentali che hanno sconvolto l’Europa, compensando la minore intensità con una durata estremamente dilatata nel tempo e che per ora non mostra ancora alla vista un traguardo raggiungibile.