Cosa succede dopo la bocciatura della Fini-Giovanardi

13/02/2014 di Mazzetta

OCCASIONI PERSE – La Consulta ci ha messo molto meno di quanto non ci abbiano messo quelli che in teoria si sono sempre opposti a leggi del genere e che non le hanno riformate di corsa nemmeno quando avrebbero potuto, anche se per agire ha dovuto attendere che qualcuno piazzasse il ricorso giusto e ce n’è voluto. Anche per questo chi è finito in prigione con le legge bocciata ha poco da recriminare, se all’epoca l’avessero presentata nei modi dovuti la legge sarebbe ancora tra noi, non è stata dichiarata ingiusta la legge, ma il modo nel quale è stato promulgato, che non fu determinante, tanto che poi il decreto fu convertito in legge e sostenuto da una maggioranza. Hanno invece ragione d’esultare quanti vedranno la loro pena ridotta o quanti vedranno il loro reato estinto dal ritorno ai vecchi termini di prescrizione, dilatati dalla furia antidroga della legge bocciata, ma nemmeno loro potranno dirsi contenti di un mutato orientamento della giurisprudenza o del legislatore, che non c’è e non è nemmeno all’orizzonte visibile, a meno che prima o poi non ci arrivi addosso il vento del cambiamento americano.

CHI PAGA? – La politica invece è rimasta inattiva per decenni consumando un inutile teatrino alle spalle di una maggioranza degli italiani che per lo stesso tempo è stata favorevole alla depenalizzazione quanto alla legalizzazione. E questo nonostante l’enorme costo sociale imposto al paese e a decine di migliaia di famiglie, gravate dal peso dei processi, quando non dal dramma della carcerazione, per un reato-non-reato che non minaccia i diritti altrui e che senza la repressione statale potrebbe essere trattato con estrema civiltà e assenza d’ipocrisia con enormi vantaggi per la collettività, visto che ne trarrebbero giovamento sia la salute dei consumatori che l’amministrazione della giustizia, sia per il calo dei carichi di lavoro che per la riduzione dei reati indotti da una repressione che spinge senza necessità i consumatori a contatto con il tessuto criminale. Non pare per niente schizofrenico un paese che prenda atto della storia degli ultimi decenni e della lezione che la somma maestra di vita ci ha impartito a proposito dell’efficacia del proibizionismo, sia assoluto o temperato da eccezioni che lascino spazio alla clemenza come quelle presentate dai nostri legislatori nel menù preposto al castigo dei drogati. Perché di questo in fondo si tratta, di punizioni del tutto arbitrarie, sancite al solo fine di soddisfare le pulsioni moraleggianti di un’Italia immaginaria che non ha più corrispondenza nel paese reale da più di vent’anni e che in tutta evidenza sopravvive solo nei riflessi condizionati e nell’inerzia dei media e della politica.

 

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