Cosa significa la crisi dei mercati?
21/01/2016 di Redazione
Le nuove tensioni sui mercati finanziari, cone le Borse che vivono giornate di forti ribassi dei titoli, e i dati poco confortanti sull’economia cinese, che nei prossimi mesi avrà una crescita inferiore agli anni precedenti, chiama gli economisti ad una riflessione: esiste il rischio di una crisi come quella esplosa nel 2008?
CRISI DEI MERCATI, QUANTO RISCHIAMO?
Stando al dibattito del Forum mondiale di Davos, tra i massimi esperti alcuni interpretano la nuova crisi dei mercati azionari come una semplice e fisiologica correzione, che segue i lauti guadagni degli anni precedenti. Da un altro lato, invece, c’è chi sostiene che stia andando in scena la terza puntata della grande crisi innescata dai mutui americani ed esplosa dopo il crac della Lehman Brother. Scrive oggi Carlotta Scozzari sul Messaggero:
In mezzo a queste posizioni, a fare quasi da arbitro alle due fazioni, c’è il direttore generale del Fondo monetario internazionale (Fmi), Christine Lagarde, che proprio ieri, a Davos, da un lato ha parlato di «una ragionevole crescita» per le economie mondiali, ma dall’altro ha sottolineato che all’orizzonte si intravedono «rischi maggiori del previsto».
Quest’ultima considerazione di Lagarde si basa fondamentalmente sul forte rallentamento dell’economia cinese. E in effetti il paese asiatico è al centro di ogni ragionamento al gran consesso di finanzieri, economisti e addetti ai lavori riuniti al freddo delle Alpi svizzere. I pessimisti usano la Cina per argomentare che la grande crisi del 2008 non è mai terminata e che quella di questi giorni non è altro che una delle su propaggini.
CRISI DEI MERCATI, ECONOMISTI PESSIMISTI ED ECONOMISTI OTTIMISTI
Gli economisti sembrano concordare sul fatto che sorprese per il futuro non possono che venire dalla Cina. Continua Scozzari sul Messaggero:
Anche gli ottimisti puntano il dito su Pechino per mettere in guardia dal fatto che, per quanto lo scenario non pare essere poi così drammatico, se mai dovessero arrivare brutte sorprese, giungeranno da lì. Ken Rogoff, professore di Harvard ed ex economista dell’Fmi, rientra nella prima categoria, che forse potrebbe essere definita “dei gufi” dal premier italiano Matteo Renzi. Per Rogoff, «chi dice che questa volta è diverso per la Cina tiene la testa sotto la sabbia». Si può invece ascrivere al club degli ottimisti il premio Nobel Edmund Phelps, che non prevede «ulteriori scossoni sulle Borse» ma allo stesso tempo mette in guardia dal fatto che al calo del petrolio non esiste un limite aritmetico. «Dieci, cinque dollari?», si domanda Phelps senza escludere quindi ulteriori crolli dell’oro nero, che, dopo la nuova flessione sui mercati delle materie prime, ieri sera viaggiava intorno a 27 dollari al barile. Peraltro, a contribuire pesantemente al crollo dei prezzi del greggio è il rallentamento dell’economia cinese, che inevitabilmente trascina con sé una contrazione della domanda di petrolio del paese.
(Immagine di copertina da archivio Ansa. Credit: EPA / ROLEX DELA PENA)