David Raggi: ucciso a 27 anni da un immigrato nullatenente. La famiglia non riceverà alcun indennizzo

David Raggi aveva 27 anni quando è stato ucciso nel marzo del 2015 da un immigrato marocchino ubriaco che lo accoltellò con lo stelo di un bicchiere. La sua famiglia, di Terni, non avrà nessun indennizzo dallo Stato italiano, nell’ambito del fondo di garanzia per le vittime dei crimini intenzionali violenti. Eppure David rientrerebbe nella casistica. Il giovane è stato ucciso per caso da una persona che si trovava in attesa del pronunciamento del giudice sul ricorso contro il diniego di asilo politico. Crimine intenzionale violento. Ma David guadagnava troppo: poco più che mille euro al mese.

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FONDO PER LE VITTIME DEI REATI VIOLENTI: IL CASO DI DAVID RAGGI

Il fondo finalizzato ad indennizzare le vittime dei reati violenti e dolosi commessi all’interno del territorio dell’UE è stato approvato qualche giorno fa e recepisce una direttiva europea che risale a 12 anni fa. Pone finalmente chiarezza nell’ambito del risarcimento dello Stato italiano su questa tipologia di delitti ma c’è un limite: fissa un tetto massimo di reddito di 11.500 euro. Raggi, che aveva iniziato a lavorare da circa un anno, percepiva uno stipendio di 13.500 euro. A comunicare che intraprenderà un’azione legale, è stato Massimo Proietti, il legale della famiglia della vittima, che denuncia come «questa norma sia contraria ai principi costituzionali interni ed europei».

FONDO PER LE VITTIME DEI REATI VIOLENTI: COME FUNZIONA

Lo Stato italiano può, tramite il Fondo finalizzato ad indennizzare le vittime dei reati violenti e dolosi commessi all’interno del territorio dell’UE, risarcire dei danni subìti per incapienza della situazione economica dell’autore del reato o perché questo è addirittura rimasto ignoto.

Si tratta della legge n. 122 del 7 luglio 2016 che contiene, tra le varie disposizioni, anche quelle relative all’indennizzo per le vittime di reati intenzionali violenti (Capo III – Sez. II -artt. 7-16). Recepisce, secondo la direttiva comunitaria 2004/80/CE l’articolo 12, paragrafo 2:

Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l’esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime

A dimostrare che l’Italia non è un campione in fatto di adeguamento delle normative comunitarie ci sono diverse sentenze tra cui anche il parere della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Ne parla il sito salvisjuribus.it

In tali circostanze si sono formati due differenti orientamenti giurisprudenziali in merito alla possibilità di ottenere un indennizzo in favore di cittadini dell’UE residenti nel territorio italiano e vittime di reati violenti commessi in Italia, ovvero in assenza di un elemento di transnazionalità.
Il primo a pronunciarsi è stato il Tribunale di Torino, il quale con sentenza del 4 maggio 2010 (confermata sostanzialmente dalla sentenza della Corte d’appello di Torino del 23 gennaio 2012, n. 106), ha condannato lo Stato italiano al risarcimento dei danni – dovuto al mancato recepimento degli obblighi contenuti nella direttiva comunitaria – nei confronti di una cittadina rumena residente in Italia, vittima di violenza sessuale, che non era riuscita ad ottenere ristoro dei danni dagli autori del reato, resisi latitanti. Infatti, secondo i giudici di Torino, dall’art. 12, par. 2, della direttiva comunitaria 2004/80 discende un vero e proprio obbligo per l’Italia di istituire un sistema di indennizzo esteso a tutti i cittadini europei vittime di reati violenti intenzionali.
Invece, il Tribunale di Trieste con sentenza del 5 dicembre 2013, su ricorso di una donna di nazionalità italiana e residente in Italia – vittima di reato, non ristorata dei danni dal suo autore – ha ritenuto che la direttiva 2004/80, in materia di indennizzo in favore delle vittime di reati violenti e intenzionali, si riferisse soltanto a situazioni transfrontaliere, non applicandosi dunque in caso di reati violenti commessi nel territorio nazionale. In tale occasione, il Tribunale di Trieste, richiamando la sentenza del 12 luglio 2012, causa C-79/11, Giovanardi, ha negato il diritto della ricorrente all’indennizzo perchè in «palese difetto dell’elemento della transnazionalità». Di conseguenza, il mancato recepimento della direttiva comunitaria da parte dello Stato italiano non aveva arrecato alcun danno alla ricorrente.

Possono ottenere l’indennizzo le vittime di reati dolosi violenti a condizione che esse siano titolari di un reddito annuo, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a quello previsto per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, vale a dire € 11.500. Non solo: l’indennizzo è elargito per la rifusione delle spese mediche e assistenziali. Non rientrano, per esempio, le spese legali. A metter i bastoni fra le ruote, se si può dire, c’è anche il limite temporale entro cui presentare domanda.

Sessanta giorni dalla decisione che ha definito il giudizio per essere ignoto l’autore del reato o dall’ultimo atto dell’azione esecutiva infruttuosamente esperita (art. 13 comma 2 Legge Europea 2016)

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha parlato di soluzione non ancora sufficiente. Ma le risorse sono limitate e il parlamento, con l’ultima legge, ha fatto già un primo passo.

(in copertina i funerali di Raggi  ANSA/ FEDERICA LIBEROTTI)

 

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