Direzione nazionale PD, la prima rottura tra Franceschini, Fassino e Renzi
05/07/2016 di Redazione
La direzione nazionale del Partito Democratico è stata caratterizzata dalla prima pubblica presa di distanza di Dario Franceschini e Piero Fassino da Matteo Renzi. L’ex segretario del PD e l’ultimo segretario dei Democratici di Sinistra hanno mostrato come la maggioranza interna del presidente del Consiglio sia divisa su legge elettorale e strategia futura. Da una parte il PD a vocazione maggioritaria strenuamente difeso da Renzi, dall’altra la coalizione anti populisti lanciata da Franceschini, capace di includere tanto la sinistra quanto i centristi.
L’ITALICUM DIVIDE FRANCESCHINI DA RENZI
La direzione nazionale del Partito Democratico si sarebbe svolta con il consueto spartito senza gli interventi dei due esponenti di Area Democratica, Dario Franceschini e Piero Fassino. La relazione del segretario Matteo Renzi si è caratterizzata per l’abituale difesa fino all’elogio dell’attività del governo, mentre la minoranza di Speranza e Cuperlo ha attaccato con durezza l’assente gestione del partito mostrata dal presidente del Consiglio. Tutto normale, tranne che per l’intervento del ministro della Cultura. Franceschini è intervenuto sull’Italicum, tema volutamente ignorato da Renzi, e ha aperto alla richiesta della minoranza Dem, il premio di maggioranza assegnato a una coalizione invece che alla lista vincitrice. Una riflessione difesa anche da Piero Fassino in una intervista al Corriere della Sera di martedì 5 luglio 2016. Franceschini e Fassino sono i due principali esponenti di Area Democratica, la componente del PD probabilmente più numerosa in Parlamento, erede della vecchia maggioranza veltroniana.
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I NUOVI RAPPORTI DI FORZA NEL PD
Area Dem è stata la prima corrente del PD in maggioranza con Bersani e Letta a schierarsi con Renzi al congresso 2013. Il segnale lanciato da Franceschini, subito corretto da Graziano Delrio, rimarca come nel PD la riflessione sulla fase da aprire dopo il referendum sia già iniziata. In caso di sconfitta, scenario possibile alla luce dei sondaggi, una parte della maggioranza di Renzi pensa a una modifica della legge elettorale, da implementare con un nuovo governo. Una prospettiva a cui si oppone il presidente del Consiglio, così come l’area che fa capo a Graziano Delrio, vicina a Renzi ma su posizioni autonome. I Giovani Turchi di Orlando e Orfini, altra componente che si è spostata, più gradualmente di Area Democratica, da Bersani a Renzi, si sono altresì schierati contro il premio alla coalizione. Gli ex diessini ritengono sbagliato modificare la legge elettorale per dar corso alla strategia anticipata da Franceschini, una vasta alleanza dal centro alla sinistra che possa fermare l’avanzata dei populismi. Il premio alla coalizione potrebbe fermare il M5S, e consentire a Forza Italia di contenere l’avanzata lepenista di Salvini e Meloni.