Dirty Diaries, il porno svedese è femminista

06/11/2009 di giovannipercolla

Essere eterosessuali, non è molto eccitante da guardare. Stranamente, sembra avere l’effetto opposto sugli uomini. Il porno lesbico è ben lungi dall’essere la soluzione per la creazione di un mercato che si rivolga al maggior numero di donne. Mentre si potrebbe benissimo allargare il mercato alle persone con diverso orientamento sessuale, ma non dovrebbe essere commercializzato sotto la bandiera del femminismo. Nemmeno troppo tempo fa una iniziativa femminista ha ricevuto 400.000 corone da parte dello Stato per finanziare il proprio programma educativo. Poco dopo, il film della Engberg ha ricevuto contributi per 500.000 corone. Insomma, non devi essere un genio per capire che il femminismo ha guadagnato uno status speciale e in qualche modo è stato ritenuto meritevole di ricevere il denaro dei contribuenti al fine di finanziare tutto, dai seminari alla pornografia”.

TIEPIDA ACCOGLIENZA – Ma la Engberg ha subito liquidato le critiche ai finanziamenti “Abbiamo prodotto 70 minuti di film di alta qualità e solo per 500.000 corone. Davvero non avrebbero potuto spendere meglio i loro soldi “, ha riferito all’agenzia di stampa AFP. In un’intervista sul sito web dello Svenska Filminstitutet, uno dei manager del gruppo Cissi Elwin Frenkel ha difeso a spada tratta il finanziamento del film. “Tutti nel film sono maggiorenni, nessuno sta facendo niente contro la propria volontà, e ognuno ricaverà la stessa quota dagli introiti“, ha detto la Frenkel. “Tutto questo rende il progetto di Mia Engberg differente dal porno “regolare”. Si tratta di un qualcosa di ambizioso sia nella forma che nel contenuto che incontra le richieste che facciamo quando decidiamo di sostenere un progetto”, ha aggiunto. E tiepida è stata l’accoglienza della critica cinematografica : si va dal “divertente, stimolante ed eccitante” dello Svenska Dagbladet, al “noioso, brutto e poco artistico” di Lars Bohlin per Västerbottens Folkblad che non ha apprezzato le riprese con telecamere di telefonia mobile in un’epoca di grandi schermi televisivi. Insomma, l’arte, pure se femminista e finanziata coi soldi del Governo è pur sempre soggettiva.

Share this article