Grane M5S: il sindaco di Gela Domenico Messinese rischia l’espulsione. A Quarto incubo scioglimento
30/12/2015 di Redazione
Non bastasse l’ultima “epurazione” parlamentare, con l’espulsione della senatrice Serenella Fucksia, anche nei territori il M5S è pronto a far partire il suo “tribunale” interno. Come spiega il quotidiano “La Repubblica“, questa volta nei confronti di Domenico Messinese, il sindaco di Gela simbolo dell’exploit pentastellato alle Comunali 2015 ai danni dello stesso governatore siciliano Rosario Crocetta (che governò come primo cittadino dal 2003 al 2009 nella stessa cittadina dell’isola, ndr). Il motivo? Messinese è finito nel mirino della base, di un meet up locale e di quasi tutta la rappresentanza pentastellata in Comune dopo aver sfiduciato tre assessori pentastellati ( i responsabili di trasporti, istruzione e programmazione, ndr) accusandoli di remare contro l’amministrazione. Ma non solo: Messinese è anche accusato di pratiche clientelari e di essere troppo “filo-Eni”, accusa pesante nella città del Petrolchimico. Il sindaco ha poi replicato su Sky:
Mi sto meravigliando per queste notizie in merito a discussioni in cui non sono mai stato interpellato. Non si parla a Gela di persone che hanno perso il posto di lavoro. Non si parla dei casi di malformazione natale a Gela, dei casi di tumore. Non ho sentito il direttorio. Non li sento da un po’. Un conto è se hanno lasciato libertà di gestione amministrativa altra se invece lo hanno fatto per abbandonare un sindaco, sarebbe un’altra cosa. Io sono del M5S perché la trasparenza e l’onestà sono dentro di me.
DOMENICO MESSINESE, IN CASA M5S CHIEDONO LA SUA ESPULSIONE
Non è la prima volta che Messinese finisce sotto accusa: già eletto tra le polemiche per l’appoggio al secondo turno di una lista vicina al Nuovo centrodestra, ora rischia però l’espulsione, invocata dalla base. Spiega Emanuela Lauria su “Repubblica“:
Quattro dei cinque consiglieri comunali di 5stelle hanno preso ufficialmente le distanze dal sindaco, chiedendo che gli venga sottratto l’uso del simbolo. Messinese è rimasto con una maggioranza (si fa per dire) che può vantare un solo consigliere su trenta. La principale accusa rivolta capo dell’amministrazione è quello di aver tenuto una linea filo-Eni, cosa non di poco conto nella città del petrolchimico: «Messinese ha tenuto una linea contraria ai principi del movimento che non prevede alcuna trattativa: l’azienda – dice il presidente della commissione ambiente Virginia Farruggia – deve garantire il futuro dei lavoratori dopo avere devastato questo territorio». Ma il ventaglio delle critiche è ampio e da tempo questo sindaco un po’ naif è sotto osservazione: Nuccio Di Paola, uno degli assessori defenestrati, fa riferimento alle ventisette (27!) deleghe assegnate al vice Simone Siciliano, un esterno al mondo pentastellato, e al fatto che Messinese non ha mai seguito il sacro precetto della riduzione dell’indennità. Uno dei consiglieri, Angelo Amato, ha fatto un accesso agli atti e ha scoperto che la giunta, e in particolare il sindaco, Siciliano e la segretaria Rita Scicolone, nei primi cinque mesi di mandato hanno fatto ben cento missioni istituzionali. Roma e Palermo fra le mete preferite, senza risparmiare puntate a Livorno e Rimini. Messinese ha preso la decisione di licenziare gli assessori senza consultarsi con la comunità 5stelle («Non devo rispondere a nessuno se non ai miei elettori») e rinfacciando ai suoi detrattori «di aver tramato contro l’amministrazione dando vita a summit esterni, ispirati da misteriosi mandanti, e a minacce di non meglio precisati dossier».
Già i consiglieri comunali grillini avevano sfiduciato il sindaco dichiarando di essere passati all’opposizione nel corso di una conferenza stampa, come ha raccontato il Quotidiano di Gela:
“Ci aspettiamo sicuramente – hanno spiegato – che arrivino provvedimenti contro Messinese. L’espulsione dal Movimento 5 stelle? Certo, ci aspettiamo anche quella”. Vincenzo Giudice, Virginia Farruggia, Simone Morgana e Angelo Amato, insieme agli assessori appena “licenziati” Pietro Lorefice, Ketty Damante e Nuccio Di Paola, hanno scelto di rispondere pubblicamente alle accuse delle scorse ore arrivate dal sindaco. “Noi abbiamo lavorato notte e giorno perché continuiamo a credere in un progetto tradito dal sindaco – hanno attaccato gli ex assessori – Messinese e i suoi compari, invece, erano impegnati nei viaggetti a spese dei cittadini”.
E nei confronti di Messinese non mancano nemmeno i sospetti per un presunto avvicinamento al Pd, come riporta “Repubblica”. Di certo, è stato chiesto un intervento dei vertici nazionali. Lo stesso leader dei 5 stelle siciliano, Giancarlo Cancelleri, non escludeva l’ipotesi dell’espulsione: «Qualsiasi finale è possibile».
QUARTO, COMUNE A RISCHIO SCIOGLIMENTO
Ma in casa 5 Stelle non mancano i problemi anche a Quarto, l’unico Comune campano guidato dai pentastellati. Per il sindaco Rosa Capuozzo e il M5S l’incubo è quello dello scioglimento per mafia. Il motivo? Lo spiega Dario Del Porto, sempre su “Repubblica”:
«Anche le vecchie di ottant’anni devono mettere la X sul Movimento Cinque Stelle: è la cosa fondamentale», si raccomandava al telefono il figlio di Alfonso Cesarano, l’imprenditore delle pompe funebri che organizzò, fra gli altri, il funerale del patriarca dei Casamonica. Era la vigilia delle elezioni amministrative a Quarto, in provincia di Napoli. Queste intercettazioni, insieme a una storia di ricatti tutta interna al movimento pentastellato, proiettano ora ombre pesantissime sull’unica città della Campania guidata dai grillini. Appena uscito da un commissariamento per infiltrazioni camorristiche, il Comune è per questo “sorvegliato speciale” da parte della prefettura e vive l’incubo di un nuovo scioglimento. Attaccano le opposizioni, con in testa il Pd escluso dalle elezioni per un pasticcio sulle firme. «Vado avanti, mi fido della magistratura», ribadisce il sindaco Rosa Capuozzo, che oggi incontrerà la stampa prima della seduta del consiglio comunale che dovrà prendere atto delle dimissioni rassegnate da Giovanni De Robbio, recordman di preferenze nella lista del M5S, espulso dal movimento a metà dicembre e da una settimana sotto inchiesta con l’accusa di voto di scambio aggravato dalla finalità mafiosa e tentata estorsione ai danni del sindaco Capuozzo. L’indagine è coordinata dal pm Henry John Woodcock
Per i pm De Robbio si sarebbe avvicinato al sindaco mostrandole una foto sul cellulare dell’area dove sarebbero state realizzate presunte irregolarità urbanistiche che riguardavano l’abitazione di proprietà del marito:
«Rosa, tu hai un problema», le avrebbe detto. In questo modo, è la ricostruzione del pm, De Robbio voleva imporre alcune nomine e l’attribuzione a Cesarano, suo sostenitore elettorale, della gestione dello stadio di Quarto, la struttura che era affidata alla Nuova Quarto calcio per la legalità, la società confiscata a un imprenditore imputato di collusioni con la camorra e trasformata, su impulso del pm Antonello Ardituro (oggi al Csm) in un simbolo antiracket. La giunta Capuozzo ha lasciato l’impianto al Comune. Ma senza il campo, l’avventura della squadra della legalità si è conclusa. «Abbiamo restituito lo stadio alla città», replica il sindaco. L’amministrazione ha anche estromesso dall’Ati che gestisce l’acqua una ditta che, aveva segnalato la senatrice pd Rosaria Capacchione, era stata colpita da interdittiva antimafia», si legge..
In casa 5 Stelle è Roberto Fico a difendere l’amministrazione, rivendicando come in realtà questa sia parte “lesa”:
«Capuozzo, che non aveva denunciato De Robbio, è stata sentita due volte dal pm Woodcock. Nel secondo verbale ha parlato espressamente di «ricatto» aggiungendo di avere «paura» di De Robbio. Ragiona uno dei leader del M5S, il presidente della commissione di Vigilanza Roberto Fico: «Noi siamo parte lesa e come noi tutti i cittadini. Abbiamo cacciato De Robbio prima che intervenisse la magistratura. Le cose che costui avrebbe tentato di imporre, dallo stadio alle nomine, sono state tutte bloccate dal sindaco e dalla giunta». E su quei voti rastrellati in ambienti ritenuti poco limpidi, Fico dice: «È chiaro che, crescendo fino a diventare forza di governo, si finisce per essere più esposti. Ma la nostra attenzione sarà sempre altissima», conclude “Repubblica”
(Photocredit copertina: Facebook/Ansa)