Drug Wars

15/05/2012 di Mazzetta

IL CANCRO MORALISTA – L’esperienza insegna che, al netto dell’ipocrisia di un paese che più di una volta si è scoperto a favorire il commercio degli stupefacenti per oliare la sua politica estera, l’unico approccio praticabile al consumo degli stupefacenti è fatto di legalizzazione e prevenzione. L’accanimento nell’escalation repressiva ha prodotto solo tragedie e spinto nella povertà e al di fuori della società milioni di persone per il solo fatto di aver consumato sostanze ritenute arbitrariamente immorali. Perché il punto della War on Drugs non è mai stato quello di arrestare la diffusione di sostanze velenose o pericolose, ma semplicemente di assumere un atteggiamento morale verso “le droghe”, un’espressione che rappresenta una sintesi totalmente irrazionale, che comprende sostanze potenzialmente devastanti come sostanze innocue, accomunate da un’unica caratteristica: essere considerate sostanze immorali da chi le vuole proibire. Un destino che aveva colpito anche l’alcol, che forse è riuscito ad emanciparsi per la sua grande popolarità, ma più probabilmente perché aveva prodotto un’esplosione criminale senza precedenti proprio nelle città americane.

CRESCE L’INDIPENDENZA LATINA –  Proprio da i paesi americani sembra ora venire l’impulso più robusto alla legalizzazione delle droghe, che certo non è popolare nei paesi ex-comunisti e nemmeno in quelli a maggioranza musulmana, anche se in realtà ci sono numerosi paesi che avrebbero molta meno difficoltà di quanta non ne abbiano gli Stati Uniti ad ammettere una legalizzazione, almeno parziale, delle sostanze in questione. Molti paesi sognano di svuotare le carceri riempite di “drogati” e di destinare le risorse investite nella lotta al narcotraffico in direzioni più costruttive e più di un governo ha bene in mente il problema rappresentato da bande di fuorilegge che spadroneggiano armati in buona parte del paese, bande che possono contare sulle enormi risorse del narcotraffico e su platee di miserabili pronti a rischiare la vita per ciò che a quelle latitudini equivale al riscatto dalla miseria e l’accesso al benessere, spesso conosciuto solo attraverso gli schermi televisivi. Molto ha influito anche il relativo disimpegno americano e il solidificarsi di competizioni politiche nazionali relativamente meno influenzate da Washington, l’elezione di  Inacio Lula da Silva e ora di Dilma Roussef, di Ollanta Humala, di Evo Morales e altri rappresentanti non identificabili con le élite bianche educate all’estero, ma come candidati locali, ha dato fiducia all’esperibilità di modelli locali sganciati dalla stretta tutela post-coloniale.Una tutela durata almeno fino alla fine della guerra fredda, nonostante i paesi sudamericani siano stati tra i primi a seguire l’esempio americano e a proclamarsi in gran numero repubbliche indipendenti già prima del ‘900. Emancipandosi, almeno formalmente, dal dominio portoghese e spagnolo su tutti.

L’INERZIA – Gli Stati Uniti hanno tuttavia i mezzi e il peso per continuare a far pesare a lungo e parecchio la propria presa di posizione, anche perché a fronte del riconosciuto fallimento delle politiche repressive, ben pochi governi e leader che sull’ostilità alle droghe ci hanno costruito fortune, hanno voglia di andare a spiegare ai propri cittadini che si erano sbagliati a demonizzare le droghe e a bollare con il marchio dell’infamia o del criminale milioni di semplici consumatori. Resta l’evidenza scientifica per la quale una montagna di dati ha dimostrato che l’approccio repressivo produce tanti più danni quanto più si fa severo, a fronte di nessun guadagno, se non per i fabbricanti e commercianti d’armi, i narcotrafficanti e chi può approfittare dell’esistenza di milioni di cittadini spinti e tenuti ai margini, materiale umano che non può che lasciarsi spremere. Il prodotto inevitabile di politiche che tendono a concentrare le risorse e a spazzare i “nemici” che impediscono la vittoria della guerra alle droghe, una guerra che non si può vincere e che è già stata persa, ma che continuerà ancora a lungo ad essere combattuta per inerzia, favorendo interessi che ben poco hanno a che fare con la droga e la salute o “la minaccia” dei drogati.

Share this article