Elezione presidente della Repubblica, Pier Ferdinando Casini: la scheda
27/01/2015 di Boris Sollazzo
- Nato a Bologna il 3 dicembre 1955
- Età: 59 anni
La biografia
Diplomato al Liceo Galvani di Bologna – “anche se al ginnasio andavo male” e laureato in giurisprudenza nel 1979, ha quattro figli: Maria Carolina e Benedetta (con Roberta Lubitch, la prima moglie), e Caterina e Francesco, avuti con Azzurra Caltagirone, sposata in seconde nozze e di 18 anni più giovane. In politica dal 1980, quando viene eletto come consigliere comunale a Bologna come esponenente della DC, è stato deputato della Repubblica per trent’anni (eletto, sempre per lo stesso partito, nel 1983 con 34.000 voti), dalla nona alla sedicesima legislatura, fino al 2013, quando viene eletto come Senatore nelle file della lista Scelta Civica, da cui esce subito dopo per differenze di vedute con il leader Mario Monti, entrando quindi nel gruppo Area Popolare. E’ stato parlamentare europeo dal 1994 al 1999 e poi dal 2001, nella quattordicesima legislatura (maggio 2001-aprile 2006) ha ricoperto la terza carica dello Stato, quella di Presidente della Camera dei Deputati. Già segretario e presidente del Centro Cristiano Democratico, fondato con Clemente Mastella, con cui il sodalizio è finito quando il politico di Ceppaloni scelse il centrosinistra capeggiato da Romano Prodi, poi anima dell’UDC, è figlio di Tommaso, insegnante di Lettere e dirigente locale della Democrazia Cristiana, e di Mirella Vai, bibliotecaria.
Presidente dell’Internazionale Democratica Centrista dal 2006, succeduto al leader conservatore spagnolo, Aznar, attualmente è a capo della Terza Commissione Permanente del Senato della Repubblica, che si dedica agli Affari Esteri e ai temi dell’emigrazione, della sicurezza e della politica europea.
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PRO: Personalità di alto profilo istituzionale, grazie all’esperienza europea (sette anni a Strasburgo), ai ruoli ufficiali in commissioni con rilevanza europea e internazionale e soprattutto per i cinque anni da Presidente della Camera dei Deputati, in cui ha avuto riconoscimenti bipartisan di imparzialità e serietà nel ricoprire un’alta carica dello Stato. Con “la politica dei due forni”, a volte osservata nelle alleanze per le elezioni locali e sempre perseguita nelle strategie nazionali, non dovrebbe avere veti “pesanti” in una corsa al più alto scranno della Repubblica. Ha appoggiato il governo Monti, ha dato la fiducia agli esecutivi di Letta e Renzi e nel frattempo ha ricucito i rapporti con Silvio Berlusconi, proprio l’anno scorso. Su di lui, quindi, potrebbero convergere gli interessi di quelle larghe intese che negli ultimi anni ha favorito e contribuito a costruire. All’interno di Forza Italia, poi, il suo nome sarebbe gradito anche ai “dissidenti” capeggiati da Raffaele Fitto e non sarebbe sgradito ai popolari-cattolici-ex Margherita che possono contare su un bacino potenziale, insieme agli azzurri non ortodossi, di un paio di centinaia di grandi elettori.
E’ gradito al Vaticano, che in Italia non guasta mai.
CONTRO: L’ostilità, scontata, del Movimento 5 Stelle: l’espressione più gentile che da quella formazione politica gli è stata dedicata è il “braccia rubate al lavoro” espresso da Beppe Grillo sul suo blog. Lui stesso non ha mai nascosto la sua avversione ai grillini, il cui ingresso in Parlamento ritiene la causa principale del declino del suo sogno di un grande centro (reso noto anche da un’esilarante imitazione di Neri Marcoré).
C’è anche l’incognita Silvio Berlusconi, con cui, è vero, si è ricucito il rapporto politico e umano, ma che potrebbe presentare ancora qualche ruggine. Le parole spese dal leader di Forza Italia negli anni di lontananza, la macchina del fango dei giornali vicini a Sua Emittenza (che adombrarono il suo ruolo di “mandante morale” della famosa aggressione a Berlusconi stesso in seguito a un comizio a Piazza del Duomo nel dicembre 2009), il ruolo di PFC nel declino dell’ex alleato potrebbero spingere quest’ultimo a sgambettarlo volentieri in presenza di una valida alternativa. Di sicuro, per arrivare al Quirinale dovrà riconoscere all’amico-nemico il ruolo di “padre della patria” e la riabilitazione politica.
Meno pericolosa sembra la possibile opposizione della minoranza Pd, dal momento che con Bersani, Casini, ha rapporti sereni seppur non idilliaci.
L’ultimo ostacolo sembra quello più superabile e lo ha svelato lui in un’intervista del febbraio 2013. “Sono troppo giovane per il Quirinale, ho bisogno di aspettare ancora un po’, sennò non soddisfo chi mi vuole mandare in pensione”. Certo, si riferiva alle consultazioni che avrebbero poi riconfermato Giorgio Napolitano, ma saranno bastati due anni per aver raggiunto l'”anzianità” giusta?