Elezioni regionali 2015: come si vota
29/05/2015 di Andrea Mollica
Elezioni regionali 2015 come si vota
? Praticamente con sette leggi regionali diverse. I cittadini di Veneto, Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Campania e Puglia eleggeranno i nuovi presidenti con il contemporaneo rinnovo dei consigli regionali nella sola giornata di domenica 31 maggio. Ogni regione ha un proprio sistema elettorale ispirato alle legge Tatarella del 1995, con un’unica eccezione di rilievo, la Toscana. La nuova legge elettorale toscana è infatti molto simile all’Italicum approvato a inizio mese, e costituirà una sorta di primo test per il sistema che disciplinerà il rinnovo della Camera dei Deputati.
ELEZIONI REGIONALI 2015 COME SI VOTA
– La legge costituzionale numero 1 del 1999 ha dotato le regioni della facoltà di avvalersi di un proprio sistema elettorale, seppure nell’osservanza dei principi stabiliti dalla normativa statale. L’attività del legislatore regionale, nell’ambito di questa materia, ha così creato una pluralità di diversi sistemi elettorali, come testimoniato anche dalle regionali del 2015. Il 31 maggio del 2015 i circa 17 milioni di italiani che si recheranno alle urne per decidere i loro nuovi presidenti e consiglieri regionali voteranno in modo difforme tra loro. Alcune delle regioni che andranno al voto tra pochi giorni hanno introdotto una nuova legge elettorale nei loro ordinamenti, mentre altre hanno preferito intervenire in modo più circoscritto sul cosiddetto Tatarellum. Il latinismo fa riferimento a Giuseppe Tatarella, vicepresidente del primo governo Berlusconi in quota Alleanza Nazionale e storico esponente della destra italiana, che nel 1995 ridisegnò in senso presidenziale il sistema elettorale delle 15 regioni a statuto ordinario. Il Tatarellum è un sistema misto, con un 80% di consiglieri regionali eletti con un meccanismo proporzionale, e il 20% invece assegnato con un premio di maggioranza concepito per garantire l’elezione di un presidente della coalizione o lista arrivata prima. L’80% o il 90% dei consiglieri regionali vengono selezionati dagli elettori tramite l’indicazione di voto di preferenza, attraverso liste di appoggio a un candidato presidente che corrono in circoscrizioni provinciali. Il 20 o il 10% dei consiglieri regionali è invece eletto sul listino del presidente. Le percentuali differenti dipendono dalla tutela alle minoranze garantita dal Tatarellum: se una coalizione supera il 62,5% dei seggi in palio si dimezza il bonus garantito dal listino. Alla ripartizione dei seggi concorrono le liste che hanno ottenuto almeno il 3% a livello regionale. Anche la prima lista al di sotto del 3% in una coalizione che ha superato il 5% partecipa alla ripartizione dei seggi. La legge costituzionale del 1999 ha riformato l’articolo 121, 122 e 123 della Costituzione, introducendo l’elezione diretta del presidente, revocabile tramite la modifica dello statuto regionale in senso parlamentarista. La modifica costituzionale affidava ai consigli regionali la facoltà di introdurre una propria legge elettorale in ottemperanza dei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti dalla legislazione nazionale. Nel 2001 la legge costituzionale numero 2 estese il modello presidenziale anche alle regioni a statuto speciale, con l’eccezione del Trentino Alto-Adige e della Valle d’Aosta.
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LEGGE ELETTORALE RENZI – La legge elettorale regionale più interessante per considerazioni di valore nazionale è senza dubbio il sistema introdotto in Toscana. Grazie alla legge regionale numero 51/2014 gli elettori della Toscana voteranno con un modello simile all’Italicum, con ballottaggio previsto per l’assegnazione del premio di maggioranza in caso di mancato superamento del quorum del 40% da parte di una lista o di una coalizione a sostegno del candidato presidente. Il candidato presidente che supera il quorum del 40% che garantisce la vittoria al primo turno ottiene il 60% dei seggi in consiglio regionale con il 45% dei voti validi. Con un risultato compreso tra il 40 e il 45% il premio di maggioranza assicura il 57,5% dei seggi, il numero di mandati che spettano al vincitore del secondo turno di ballottaggio. A differenza dell’Italicum, il premio di maggioranza non è riservato a una sola lista, visto che è stata mantenuta la possibilità di presentare coalizioni a sostegno di un candidato presidente. Una differenza piuttosto rilevante, anche se lo stesso relatore di maggioranza della nuova legge elettorale per la Camera dei Deputati, Gennaro Migliore, ha affermato come liste dell’Italicum debbano essere intese come “coalizionali”. La nuova legge elettorale della Toscana ha reintrodotto le preferenze per la selezione dei consiglieri regionali, dopo che la normativa precedente, approvata nel 2004, le aveva abolite per istituire le primarie per legge. Come nell’Italicum, gli elettori avranno la possibilità di esprimere fino a due preferenze su liste circoscrizionali – basate su collegi provinciali e sull’area metropolitana di Firenze – con il mantenimento di una lista bloccata facoltativa. Ogni candidato presidente potrà presentare un listino di un massimo di tre persone che verranno elette prima di tutti gli altri candidati al consiglio regionale. Un meccanismo che ricorda i capolista bloccati che caratterizzano l’Italicum, con alcune differenze. In primo luogo la lista è presentata a livello regionale, mentre gli eletti bloccati dalla normativa nazionale approvata poche settimane fa sono spalmati a livello circoscrizionale. In secondo luogo il nuovi listino del presidente è facoltativo, mentre l’Italicum prevede che ogni lista elegga il primo candidato di ogni collegio senza l’espressione diretta della volontà dei votanti. Le preferenze, che dovranno essere alternate per genere, non saranno scritte, visto che gli elettori troveranno prestampati i nomi dei candidati al consiglio regionale. Una differenza rilevante con l’Italicum è rappresentato dalle diverse soglie di sbarramento invece una sola: entrano in consiglio regionale le coalizioni che superano il 10%, la liste coalizzazate che superano il 3% oppure la lista singola che ottiene più del 5%.
ELEZIONI REGIONALI 2015
– La sentenza numero 1/2014 della Corte Costituzionale ha sancito l’illegittimità di un premio di maggioranza attribuito senza una soglia minima di voti, e l’elezione di candidati non riconosciuti dai votanti a causa della presentazione di liste bloccate eccessivamente lunghe. Alcune normative elettorali regionali hanno recepito l’intervento della Consulta, introducendo un quorum per far scattare il bonus per la lista o la coalizione vincitrice, mentre il listino bloccato, per quanto non palesemente incostituzionale, è stato mantenuto solo in Liguria. Il Tatarellum, l’impianto di base di tutte le normative elettorali regionali con l’eccezione della Toscana che ha recepito la sentenza della Consulta con una riforma ispirata all’Italicum, prevede infatti l’assegnazione di un premio di maggioranza senza un quorum minimo. L’Umbria con la legge numero 4 del 2015, approvata a metà febbraio, ha sostanzialmente disatteso la sentenza della Corte, approvando una normativa che assegna il 60% dei seggi del consiglio regionale alla lista o alla coalizione che sostiene il candidato presidente arrivato primo nelle preferenze degli elettori. La garanzia di una maggioranza di 12 consiglieri sui 20 complessivi a prescindere da una soglia minima appare in palese contraddizione con il pronunciamento della Corte Costituzionale, ma ciò non ha fermato l’approvazione della nuova norma. Come successo anche in Toscana, così come a livello comunale, la legge 4 del 2015 ha introdotto la doppia preferenza di genere, ha cancellato la possibilità di effettuare il voto disgiunto tra candidati presidenti e liste a loro sostegno. Partecipano al riparto dei seggi le liste che superano lo sbarramento del 2,5%. Il Veneto ha modificato la propria normativa elettorale a inizio 2015 come l’Umbria, e ha introdotto cambiamenti in linea con la sentenza della Consulta. Il premio di maggioranza è modulato a seconda del risultato: sotto al 40% la coalizione vincitrice riceve il 55% dei seggi, e il bonus sale al 60% in caso di superamento del 50%. La soglia di sbarramento per liste o coalizioni è stata fissata al 5%. Un meccanismo simile alla modulazione del premio di maggioranza delle legge elettorale veneta è stato introdotto in Puglia, con la garanzia di un vincitore. Il consiglio regionale ha 50 membri, e la lista o la coalizione che sostiene il candidato presidente vincitore ottiene un minimo di 27 seggi, quindi il 54%, se prende meno del 35% delle preferenze. Tra il 35 e il 40% i seggi ottenibili con il bonus di maggioranza diventano 28, aumentati a 29 in caso di superamento del 40%. A differenza dell’Umbria la Puglia non ha introdotto la doppia preferenza di genere, che manca anche in Campania. In questa regione vige la legge numero 4 del 2009, che prevede come il presidente eletto possa contare su una maggioranza del 60% in consiglio regionale. Il listino è stato abrogato, e accedono al riparto dei seggi le liste che ottengono almeno il 3% collegate a un presidente che ha superato la soglia di sbarramento del 5%.
LEGGE ELETTORALE REGIONALE SENZA MAGGIORANZA CERTA – Tra le sette regioni che vanno al voto due, Liguria e Marche, hanno normative elettorali che non garantiscono una maggioranza certa al candidato presidente in caso di risultato collocato intorno al 30% delle preferenze. La Liguria ha provato a introdurre una nuova legge elettorale, ma i tentativi sono falliti, così che sarà l’unica regione ad andare al voto col il Tatarellum introdotto nel 1995. Questo sistema garantisce un corposo premio pari al 20% dei seggi al candidato presidente vincitore, ma il bonus potrebbe rivelarsi insufficiente per consentire una maggioranza autonoma in consiglio regionale in caso di elevata frammentazione ed equilibrio nel voto. Il Tatarellum prevede che nel caso in cui lista o coalizione a supporto del candidato presidente con il maggior numero di voti ottengano meno del 40% aumentino il numero totale consiglieri regionali per garantire al vincitore una maggioranza assoluta del 55% . L’articolo 15 dello statuto della Liguria fissa però a 30 il numero massimo dei componenti dell’Assemblea legislativa, oltre al presidente. Alla luce dell’inderogabilità dello statuto la clausola di salvaguardia del Tatarellum non scatta, ed è difficile per un candidato poco sopra al terzo dei voti complessivi ottenere una maggioranza assoluta formata da 10 consiglieri eletti nelle circoscrizioni provinciali a cui sommare i 6 del listino del presidente. Anche nelle Marche la legge regionale non garantisce una maggioranza assoluta al presidente eletto. La nuova normativa, la numero 5 del 2015, predispone infatti che il 34% sia la soglia minima per ottenere i 16 seggi necessari per avere la maggioranza assoluta in consiglio regionale. Al di sotto di quella soglia il riparto proporzionale dei seggi obbligherebbe il presidente a formare una maggioranza più larga rispetto alla sola lista o coalizione che l’ha sostenuto alle elezioni. La rimodulazione del premio prevede che la coalizione o lista vincitrice con un risultato compreso tra il 34 e il 37% ottenga 17 seggi, pari a poco meno del 57% in consiglio regionale. Per avere almeno il 60% dei mandati complessivi è necessario invece superare il 40%. Nelle Marche non è stata introdotta la doppia preferenza di genere, come in Puglia, ed è stato annullata la possibilità del voto disgiunto, ovvero scegliere un presidente non sostenuto da una delle liste per cui si è votato.
Photocredit: ANSA / CIRO FUSCO