Enrico Letta e la bufala delle tasse che calano
30/12/2013 di Dipocheparole
Marco Valerio Lo Prete sul Foglio ha spiegato ieri perché la storia delle tasse in calo per la quale Enrico Letta si è bullato sui social network per fare i complimenti al suo governo (evidentemente perché nessun altro ha il coraggio di farglieli, e si capisce benissimo perché), è più o meno una bufala:
La Cgia comunque ha deciso di lanciare, nel sabato festivo post-natalizio, quello cioè in cui (comprensibilmente) le notizie sul tempo e sul freddo si combattono le home-page dei siti d’informazione, un messaggio controintuitivamente ottimista: meno tasse sulle famiglie. E ha scelto questo titolo, ripeto, per parlare di un “risparmio fiscale di 15 euro l’anno” nel caso di un giovane operaio (cioè 1,25€ al mese), di uno sgravio di 250 euro per una famiglia monoreddito (50mila€) con due figli (cioè 7€ di minori tasse al mese cadauno se la famiglia è composta da 3 persone; di 5€ al mese cadauno se la famiglia è di 4 persone). Alla faccia di “meno tasse sulle famiglie”, direte voi. E lo direi anche io. E lo direbbe anche la Cgia di Mestre di un tempo, aggiungo.
«Vai a capire la Cgia di Mestre», ricorda Lo Prete, che fino all’altroieri parlava di taglio irrisorio del cuneo fiscale per un importo di 15 euro e oggi esulta per 1,25 euro in più in busta paga. Vai anche a ricordarle, viene da aggiungere, che ci sono tasse dirette e indirette e la stima non tiene conto dell’aumento dell’Iva, per dirne solo una.
Ma più che altro il problema è Letta. Perché usare in maniera propagandistica il lancio di un ufficio studi, evidentemente senza leggerlo per rendersi conto della portata del taglio (e quindi vergognandosene un pochino, posto che conosca il significato di questa parola), e ignorando che quello stesso ufficio studi era stato bollato come incompetente dal suo ministro dell’Economia quando faceva notare le porcate contenute nei provvedimenti del suo governo, è più che un delitto. E’ un errore.
Perché Letta sta dimostrando di avere imparato benissimo come funzionano le armi dell’antipolitica e del populismo che in pubblico critica, e di volerle usare, dall’alto della carica che gli è stata conferita dal Parlamento, per avvelenare la realtà del dibattito pubblico in Italia. Con audacia e sprezzo del ridicolo, il Giovane Vecchio si comporta come quelli che pubblicamente esecra. Mentre il paese affoga.
(foto di copertina: ANSA/FABIO FRUSTACI)