La diga dei guai in Etiopia

29/05/2013 di Mazzetta

nilo

INVECE – In verità in Egitto e Sudan aspettano ancora un rapporto sulle conseguenze ambientali, che a meno di sorprese dovrebbe contribuire ad alzare moltissimo le tensioni rivelando il bluff, perché non è proprio possibile pensare che un oggettino del genere non provochi alterazioni del corso del fiume che va a modificare. Dice il sito di Salini:

Il progetto, attualmente in fase di costruzione, è situato sul Nilo Azzurro nella regione di Benishangul – Gumaz, a circa 500 Km a nord ovest della capitale Addis Abeba.

Al termine dei lavori Grand Ethiopian Renaissance Dam sarà la diga più grande d’Africa: lunga 1800m, alta 170m e del volume complessivo di 10 milioni di m3.
Il progetto prevede la costruzione di una diga principale in calcestruzzo rullato compatto (RCC), con 2 centrali elettriche installate ai piedi della diga. Le centrali sono posizionate sulla sponda destra e sinistra del fiume e si compongono di 16 turbine Francis, con una con una potenza installata di 6000 MW ed una produzione prevista di 15.000 Gwh/anno.
Completano il progetto uno sfioratore di calcestruzzo rullato e una diga ad arco lunga 5 km e alta 50 m, entrambe posizionate sulla riva sinistra.

I SOLDI – La costruzione doveva essere finanziata interamente dall’Etiopia secondo l’idea del regime, che ha munto i cittadini e sollecitato la diaspora a contribuire, ma che poi ha ottenuto prestiti da cinesi e americani, poco o niente dall’Italia che ancora è in tribunale per i finanziamenti concessi agli altri impianti. I quasi 5 miliardi di dollari previsti corrispondono circa al 10% del Pil etiope, per dare un’idea dello sforzo.

COSA DICONO I NUMERI – Che la diga possa lasciare inalterata la portata del Nilo Azzurro è fuori discussione. Costruita a 25 chilometri dal confine sudanese, la diga comporterà l’allagamento di un vasto bacino nella regione del Benishangul-Gumuz, fortunatamente poco popolata, e conterrà l’equivalente della portata annuale del fiume Il che significa che a riempirlo in 10 anni si ridurrebbe la portata del Nilo blu del 10% all’anno per quel periodo, dopo di che questa potrebbe tornare normale, salvo essere regolata dalle chiuse di GERD invece che dal ritmo delle precipitazioni stagionali. Ma non basta, perché l’apparizione dell’enorme bacino a monte della diga comporterà una notevole perdita per evaporazione ed è altrettanto evidente che dalla barriera non passerà più la stessa quantità di materiale alluvionale che dagli altopiani dell’Etiopia va ad arricchire il limo del Nilo, fondamentale risorsa per l’agricoltura. In più c’è da considerare che anche l’Egitto e il Sudan hanno numerose  dighe sul corso del fiume, il rendimento delle quali sarà inevitabilmente influenzato dalle manovre della diga etiope.

RIMANDARE E POI? – Prima o poi sudanesi ed egiziani si troveranno quindi a dover fare i conti con le conseguenze di questo progetto e, se anche la presentazione del rapporto sull’impatto ambientale si dovesse rivelare stranamente rassicurante, la realtà busserà inevitabilmente alla porta quando la diga sarà terminata e comincerà l’allagamento del bacino.

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