Numero chiuso a Scienze della Formazione e Scienze Farmaceutiche. Ma gli studenti non ci stanno
12/05/2017 di Redazione
Dopo l’ultima seduta del Senato Accademico è passata la decisione, nonostante il voto contrario della maggior parte dei ragazzi: è accaduto all’Università di Firenze, in cui si paventa l’introduzione dello sbarramento per accedere ai corsi di studio in applicate – controllo qualità (150 posti). A partire dal prossimo anno accademico, infatti, dovrebbe essere istituita la frequenza obbligatoria per il corso di Dietistica e per Scienze delle professioni sanitarie della prevenzione. Cambiamento consistente che potrebbe arrivare in maniera definitiva dopo nel prossimo Consiglio di amministrazione in programma il 26 maggio.
L’UDU ha votato contro il numero chiuso e la frequenza obbligatoria. Crediamo che siano entrambi inadeguati palliativi per rispondere a problemi strutturali che colpiscono il sistema universitario italiano, come delle inutili toppe su un vestito ormai logoro. Riteniamo inoltre sia paradossale che queste misure siano fatte passare come necessarie, per la paura che l’ANVUR trovi delle irregolarità. Siamo stanchi di vedere che, in nome della retorica della contingenza, del “dobbiamo guardare in faccia la realtà”, il Diritto allo Studio venga costantemente messo in pericolo dalla mancanza di volontà e di lungimiranza nell’affrontare questi problemi. La cronica mancanza di spazi NON è un motivo valido per imporre il numero chiuso. L’alto numero di fuoricorso o lo scarso numero di studenti a lezione NON sono buoni motivi per introdurre la frequenza obbligatoria, sopratutto in corsi di studio che al momento non dispongono della figura dello studente part-time, come dietistica. Queste questioni vanno affrontate con l’acquisto, la ristrutturazione e la costruzione di nuovi spazi per gli studenti, e con offerte didattiche mirate e di qualità. L’università deve dare agli studenti la possibilità di imparare ad assumersi le proprie responsabilità e di sapere come gestire autonomamente il proprio tempo, in questo modo si va nella direzione opposta. Al termine della carriera accademica ci aspettiamo professionisti in grado di ragionare e di muoversi autonomamente nel mondo del lavoro e non è obbligandoli a stare in aula che si ottiene questo risultato.
(immagine di repertorio ANSA CARLO FERRARO)