Quando il giovane Gasparri andava in piazza a urlare slogan fascisti

MAI FASCISTA – In piazza, ogni tanto, ad inneggiare slogan alle dittature fasciste del dopoguerra europeo, Gasparri c’è stato. Per abitudine, per coazione a ripetere, per spirito di gruppo, l’esponente politico che oggi condanna e chiede il carcere preventivo per i “famigerati” leader del movimento studentesco, inneggiava alle sanguinarie dittature paramilitari di Grecia, Portogallo, Spagna e Turchia. Ma erano altri tempi. Gasparri, uomo attento alla carriera e rispettoso della gerarchia di partito , non si sarebbe mai sporcato le mani eccessivamente, come racconta un suo ritratto sull’Unità.

Lui – è cosa nota – ha sempre preferito le randellate verbali a quelle manesche. Tutti concordano: non era un picchiatore. Lui era per la legge e l’ordine, e per le stellette negli organigrammi di partito. Gianfranco Fini, che era il capo degli studenti missini romani, lo volle nella segreteria provinciale. E dopo un po’ Teodoro Buontempo, che era il capo del ‘Fronte della Gioventù’, lo prese con sé, tanto che vent’anni fa Maurizio Gasparri divenne presidente nazionale del Fuan, che del Msi era l’organizzazione universitaria. Oggi dice: «Non sono mai stato fascista. Non ho mai avuto la retorica fascista. Non ho mai creduto in quei simboli, nelle esagerazioni. Sono di destra, molto di destra. Mi piace più la destra repubblicana americana che i fascisti. Legge, ordine, questo sì. Sì, c’è quella fotografia che mi ritrae con altri del Msi mentre faccio il saluto romano, ma che c’entra? Eravamo al cimitero, eravamo di fronte alla tomba dei caduti fascisti, che c’è di male?»

Facile capirlo. Sia come sia, Gasparri e la sua carriera politica, da Via Sommacampagna al Secolo d’Italia sboccano, come naturale, in Parlamento.

…E NEL 93? – Dove, in piena Tangentopoli, i giovani del Fronte organizzano quello che oggi si chiamerebbe un flashmob. Maurizio Gasparri, già deputato, esce dalla Camera: solidarizza, stringe la mano, si complimenta, sorride, fa festa insieme ai giovani di destra e al loro improvvisato assalto al Parlamento: ne parla oggi il Secolo XIX, raccontando la cronaca di quelle giornate.

Primo aprile 1993. Maurizio Gasparri è un deputato missino di 37 anni con un lungo passato di militanza nell’estrema destra. Minimizza, con i giornalisti, quanto appena accaduto davanti ai portoni di Montecitorio. Un centinaio di iscritti al Fronte della Gioventù cinge d’assedio la Camera, bloccandone l’ingresso. Le forze dell’ordine vengono colte di sorpresa. Per lunghi minuti gli ultrà spadroneggiano, indisturbati. Con le braccia tese del saluto romano, al grido di “Boia chi Molla”, cercano di aggredire alcuni deputati, li coprono di insulti, poi prendono di mira con biglie e monetine le vetrate dell’ingresso del palazzo, mentre si alzano cori contro i politici corrotti. Le cronache di allora raccontano che ai facinorosi si uniscono i parlamentari Gasparri, Buontempo, Pasetto, Poli Bortone, Martinat, Maceratini, Rositani, Nania. “Chiamateci pure fascisti, ci fate un piacere, grida uno dei capifila. (…) Gasparri è li in mezzo ai contestatori, insieme ad uno scatenato Buontempo.

Nessuno, il giorno dopo, chiese arresti preventivi per i giovani contestatori del Parlamento di Estrema Destra. Neanche Gasparri.

Share this article