Gian Mario Spacca: il governatore del Pd che si candida con Forza Italia
08/05/2015 di Alberto Sofia
«Gian Mario Spacca? Ha finito le prebende da distribuire, si è assicurato il peso politico ed economico di Merloni e di Casini elargendo poltrone. Ora non sa più cosa inventarsi, tanto più che i risultati del suo governo sono fallimentari». Parola del senatore Remigio Ceroni, coordinatore regionale di Forza Italia Marche e fedelissimo del Cav, che nel 2011 bocciava senza appello il governatore Pd Gian Mario Spacca dopo appena un anno dall’inizio del suo secondo mandato.
Dal 2005 alla guida di una coalizione di centrosinistra, alle elezioni Regionali del 31 maggio lo stesso Spacca correrà adesso per un terzo incarico. Ma questa volta a sostenerlo non saranno più i vecchi alleati. Non ci sarà quel Partito democratico al quale è stato iscritto, seppur soltanto per «tre anni», come ha precisato lo stesso presidente uscente. Ma gli ex avversari del centrodestra, da Forza Italia al Nuovo centrodestra, che ne reclamavano fino a pochi mesi fa le dimissioni. Compreso lo stesso coordinatore azzurro Ceroni, tra i suoi detrattori storici, che non si è fatto troppi scrupoli a lanciare la strana convergenza: «L’alleanza? È sul programma, nessun imbarazzo. Per noi vengono prima le Marche e i marchigiani».
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REGIONALI MARCHE, LA “GIRAVOLTA” DI GIAN MARIO SPACCA –
Eppure, al di là delle dichiarazioni ufficiali di rito, in casa azzurra c’è chi non nasconde che si tratterà soprattutto di un «matrimonio d’interesse»: «Spacca ha un suo elettorato di fiducia, conosce bene la politica regionale. Qui il centrodestra è stato per anni quasi inesistente, non avevamo alcun candidato in grado di competere. Una scelta lepenista, magari con la Lega, sarebbe servita soltanto come mera testimonianza», ha commentato una fonte locale. Al contrario, a fianco dell’ex avversario c’è chi azzarda la possibilità di mettere in difficoltà Luca Ceriscioli, l’ex sindaco di Pesaro che ha vinto le primarie del Pd. E, magari, provare a evitare un flop già annunciato per il partito del Cav, incapace di trovare un candidato interno valido. E già lacerato in correnti e ai minimi termini di consenso (12,1%) a livello nazionale.
Di certo, la giravolta di Spacca ha fatto infuriare i vertici locali dem, che hanno bollato il governatore come “traditore”. Non è un caso che al Nazareno lo strappo di Spacca non sia stato ancora digerito: «Mi sarei aspettata una maggiore riconoscenza nei confronti degli elettori marchigiani e del centrosinistra. È soprattutto una questione di coerenza e di rispetto. C’è un tema legato al trasformismo, ma sono certa che i marchigiani si ricorderanno tutto alle urne», ha attaccato la senatrice Camilla Fabbri, contattata da Giornalettismo.
GIAN MARIO SPACCA-PD, IL DIVORZIO –
Il Pd aveva scelto di scaricare il dirigente di scuola democristiana, che siede nel Consiglio regionale marchigiano da un quarto di secolo. Venticinque anni, senza interruzioni. Prima come consigliere, poi come assessore dal 1993, fino al grande salto alla presidenza. Un potere che Spacca non sembra avere intenzione di abbandonare. Tanto da non essersi fatto troppi scrupoli a inventarsi, con l’ex dem e fedelissimo Vittoriano Solazzi (già presidente del Consiglio regionale), il movimento “Marche 2020“.
Una chiara rampa di lancio per provare a rincorrere la terza candidatura consecutiva. Peccato che, confermano fonti Pd marchigiane, «nessuno abbia avuto il coraggio di sfiduciare l’ex governatore». «Già alle elezioni si era avvicinato all’area Monti, poi era chiaro che giocasse ormai in modo autonomo. Il Pd doveva avere il coraggio di lasciare un anno fa la Giunta e chiedere le sue dimissioni. Invece non ha saputo individuare alcuna exit strategy», confermano dal partito locale. «Ricordo quando si presentò, in occasione delle ultime Europee, alla conferenza della candidata dem Manuela Bora (esclusa da Strasburgo nonostante oltre 50mila preferenze). Qualcuno avrebbe dovuto accompagnarlo alla porta..», aggiunge la stessa fonte. E invece il divorzio non ci fu. Rinviato, per tenere in vita la legislatura, fino a quando candidature e alleanze per le Regionali sono state chiare. Così come la volontà di Spacca di non farsi da parte.
LA DIFESA DI GIAN MARIO SPACCA: «FORZA ITALIA? DA SEMPRE HA UNA CULTURA VOCATA ALL’IMPRESA» –
Al di là dei numeri e delle accuse di “trasformismo politico” arrivate dal fronte dem, per Spacca sarà così ancora campagna elettorale. «La distinzione non è tra destra e sinistra ma tra chi vuole creare reddito e chi vuole consumare risorse», ha provato a difendersi il diretto interessato. Berlusconi e il suo partito? Non sembrano un problema. Anzi: «Forza Italia ha da sempre una cultura vocata all’impresa e in questo momento abbiamo bisogno di questa sensibilità», ha spiegato. E il centrosinistra con il quale ha governato per due legislature? A Spacca basta adesso una semplice formula per archiviare il passato: «Non esiste più, sono loro i traditori». Ripetuto come un mantra, per scaricare sul Pd le responsabilità del divorzio. Così come adesso spiegano da Fi: «È il governo Pd che ha portato al disastro economico la regione». E ancora: «Se il Pd fa questioni di scivolamento a destra, ricordo che a livello nazionale sta con Ncd», hanno continuato, allontanando le accuse di trasformismo.
GIAN MARIO SPACCA E IL DERBY ALLE REGIONALI –
In realtà, al di là degli anni di governo, non è certo una novità lo scarso appeal tra il democristiano Spacca, già lettiano, e la sinistra. Almeno con quella extra-Pd. Basta ricordare come l’attuale candidato di centrodestra fu l’artefice, insieme all’ex segretario locale dem Palmiro Ucchielli, di quel “laboratorio Marche” con il quale nel 2010 il Pd scelse di scaricare gli alleati Sel e la Federazione della sinistra, pur di abbracciare l’Udc dell’allora segretario Antonio Pettinari. Un modello (Pd-Udc-Idv) che Spacca e i suoi fedelissimi volevano esportare anche sul piano nazionale. Cinque anni dopo proverà a correre anche senza il vecchio principale alleato: «Destra e sinistra? Sono categorie astratte, e così le sottocategorie centrodestra e centrosinistra», ha continuato. Pronto a trasformare le elezioni del 31 maggio in una sorta di referendum sulla sua persona. E sui dieci anni ai vertici delle Marche.
GIAN MARIO SPACCA SPERA NELLE DIVISIONI INTERNE NEL PD –
C’è chi azzarda una sfida senza storia, con una vittoria semplice di Ceriscioli. Ma un sondaggio recente, realizzato dall’Istituto Piepol, lascia aperti non pochi margini, ipotizzando un possibile testa a testa (37% Ceriscioli, 35% Spacca, con il grillino Maggi al 16%). Sigma Consulting, invece, prevede un magro terzo posto per Spacca (fermo al 20%, contro il 38% del candidato dem, con Maggi secondo al 23%).
Per tentare la rimonta, Spacca punta anche su possibili divisioni in casa dem. In un partito tutt’altro che unito a livello locale. Prima della vittoria di Ceriscioli alle primarie, in casa dem si era tentata la strada di una candidatura unitaria, poi fallita. Erano stati avanzati i nomi della stessa Camilla Fabbri, poi dell’ex responsabile giustizia dem Alessia Morani. Ma non era stato trovato alcun accordo. E non era mancato lo stesso scontro tra l’attuale segretario regionale Francesco Comi e il candidato in corsa alle Regionali, Ceriscioli. Sia in occasione dell’ultimo congresso, che al momento della scelta del candidato, poi deciso dagli elettori ai gazebo. E anche allora non mancarono le scintille tra l’area che sostenne la candidatura dell’ex sindaco di Pesaro (tra questi il vicepresidente Pd Matteo Ricci) e chi appoggiò la candidatura del rivale e assessore al Bilancio, Pietro Marcolini, come la stessa Morani e dirigenti storici marchigiani come Mezzolani e Giovannelli. Quest’ultimo denunciò pure la presunta «Opa sulla Regione da parte di Pesaro e di alcuni capi del PD locale» e la mancanza, a suo dire, di un progetto «unificante di Regione».
Per questo, dal fronte Spacca e dai suoi alleati, si spera che le scintille interne in casa dem possano continuare. E spingere verso un possibile disimpegno da parte di qualche dirigente. «Improbabile, gli uomini di Marcolini sono tutti in lista», spiegano fonti dem. Secondo cui la partita non è però del tutto chiusa. Anche perché c’è anche l’incognita legata al Movimento 5 Stelle. Ci spera soprattutto Spacca, l’uomo della giravolta. Dalla Dc al Pd, fino a Berlusconi. Ancora alla ricerca di una poltrona, 25 anni dopo.