Giardini Naxos: quando il cemento copre il paradiso
30/04/2013 di Alberto Sofia
Lo chiamano “porticciolo”, ma rischia di trasformarsi in un “condominio di cemento sul mare”. Un’opera di selvaggia speculazione edilizia, come denuncia Legambiente, in una delle baie più conosciute e ammirate del nostro Paese. Il teatro è quello di Giardini Naxos, la prima colonia greca in Sicilia, un’area a forte vocazione turistica a pochi chilometri da Taormina, in provincia di Messina. Lì, dove una tempo sorgeva il porto antico e approdarono i primi coloni circa 2700 anni fa, l’amministrazione comunale vorrebbe da tempo completare il molo cittadino, dato che quello che esiste per ora – realizzato senza precisi studi sulle correnti marine – non ha fatto altro che erodere la costa e modificare il flusso delle maree. Un porto che oggi resta di fatto inutilizzato.
IL PORTO CHE DIVIDE GIARDINI NAXOS – Ma il nuovo progetto rischia di avere un impatto ancora più devastante, come denunciano gli ambientalisti. Oltre che compromettere il patrimonio storico e architettonico: questo perché le opere di completamento del porto, soprattutto le strutture immobili collegate, verrebbero realizzate a meno di duecento metri dal Parco archeologico. “Non è rispettata la distanza minima, né i vincoli paesaggistici, in un’area di inedificabilità assoluta, in base alla normativa regionale”, spiega anche la direttrice del Parco Archeologico Maria Costanza Lentini. Da tempo è contraria al progetto, perché ritiene che il Parco non possa convivere con attività così trafficate. Eppure, per l’amministrazione del sindaco Nello Lo Turco, eletto a capo del comune jonico con una lista civica nel maggio 2010, resta l’unica ipotesi possibile: “Fu la Regione anni fa ad investire su quel braccio di terra, oggi è impossibile tornare indietro, a meno che non si abbia il coraggio di smantellare tutto”, spiega. “Come amministratore non posso certo pretendere 800 mila euro all’anno dalla Regione per sistemare lo stato precario del nostro litorale”, si difende, ricordando anche il rischio di penali. Ribadisce poi come manchi ancora il progetto esecutivo, atteso per giugno: “Per ora si parla soltanto di ipotesi, gli attacchi di Legambiente sono strumentali”, ha aggiunto il sindaco, storico sostenitore dell’opera. Ma per gli ambientalisti, che basano i propri timori sui “rendering” (le elaborazioni grafiche) del progetto depositati in Comune, c’è abbastanza materiale per denunciare gli eventuali pericoli. “Altro che opere di completamento, verrà costruito un ecomostro”, spiega Caterina Valentino, presidente del circolo Legambiente Taormina-Alcantara.
UN CONDOMINIO SUL MARE – Dell’opera si parla da quasi trent’anni, con la cittadina divisa tra chi spinge per completare la struttura con progetti ambiziosi e chi, come le associazioni ambientaliste, punta invece a mettere in sicurezza il territorio, dopo i danni provocati dal molo attuale. Soltanto di recente è arrivata però l’accelerazione al progetto. Durante la Conferenza dei servizi del giugno 2011 è stato stabilito il completamento del “porticciolo”, in seguito al via libera della Soprintendenza – una novità, dopo anni di rifiuti – e l’affidamento al general contractor Tecnis Spa, il primo per importanza nel Mezzogiorno. Un’azienda già nota nel campo delle grandi infrastrutture, che collabora con Anas, Autostrade e altri committenti, ma che è conosciuta anche all’estero. In tempi di recessione economica, resta di moda il solito sistema del project financing. Attraverso il ricorso alla finanza di progetto, le spese di realizzazione dovrebbero essere a carico dei privati, in cambio della gestione dei proventi generati per decine di anni. Peccato che in realtà – come ha denunciato più volte anche l’esperto di appalti pubblici Ivan Cicconi – le grandi opere finiscano poi regolarmente a carico dello Stato. E quindi degli stessi cittadini, costretti a ripagarle attraverso la fiscalità diretta e indiretta. “Già negli scorsi mesi 400 mila euro di fondi europei sono stati destinati ad alcuni lavori preliminari per il porto”, spiega Valentino. Briciole rispetto al progetto della Tecnis Spa, che ha battuto la concorrenza della Net Group. Sono previsti 366 posti barca, da 7 a 32 metri. Di questi 221 da diporto, 112 per uso pubblico e 33 per il bacino pesca. Un numero non economicamente rilevante. Ma l’investimento imponente- si parla di 31 milioni di euro, mentre la durata della concessione sarebbe di 60 anni, ndr – spaventa soprattutto per le opere a terra, che verrebbero costruite lungo tutta la lunghezza della nuova diga foranea: “Negozi, cabine marittime da affittare ai dipartisti, uffici istituzionali, centri ristorazione, un appartamento di tre piani e circa 20 metri di altezza. Oltre a un mega parcheggio sotto il livello del mare. Il tutto necessario per rendere il progetto bancabile”, denuncia anche Alessandro Costantino, consigliere comunale eletto come indipendente e referente del circolo locale di Sel. Anche lui è preoccupato per il progetto, in attesa di conoscere quello esecutivo. Le strutture pensate dalla Tecnis sono per lo più commerciali e poco hanno in comune con quelle a servizio di un porto. “Senza dimenticare la viabilità per nulla adeguata dell’area: la via è a senso unico, non sono presenti vie di deflusso del traffico”, aggiunge Caterina Valentino.
Photocredit: simulazioni realizzate da Legambiente sui rendering depositati in Comune
LA STORIA DEL PORTO – La costruzione dell’attuale molo risale al 1952. Prima di allora, le barche dei pescatori venivano tirate a secco sulla rampa sotto il castello di Schisò. Soltanto dopo una forte mareggiata, e a seguito di alcuni danni riportati dal molo nel 1963, vennero realizzate alcune opere di consolidamento. Compresa, all’inizio degli anni ’80, la realizzazione della barriera frangiflutti sul lato esterno del molo. Secondo l’ipotesi progettuale originaria, redatta dall’ingegnere Strongoli, il molo doveva rappresentare un porto commerciale di quarta classe, legato all’industria agricola degli agrumi, allora fiorente, ma oggi del tutto scomparsa. Ma negli anni non mancarono i problemi e il porto rimase un’incompiuta: “La diga di sottoflutto non fu mai realizzata”, sottolinea Valentino. A causa del mancato studio sulle correnti marine, divenne anche la causa di un grave fenomeno di erosione della costa. Ma non solo: c’è stato anche il progressivo insabbiamento dei fondali. “Non è bastata nemmeno la costruzione di altre barriere frangiflutti, che hanno finito soltanto per deturpare il settore meridionale della Baia di Naxos”, aggiunge Caterina Valentino. Meglio è andata con la recente realizzazione di una barriera sottomarina, non ancora completata (gli ultimi interventi risalgono a sei anni fa, ndr) e costruita grazie a fondi pubblici europei: “E’ stato l’unico intervento utile. Sono stati ripristinati alcuni tratti di spiaggia che erano scomparsi ed è stato arginato anche il processo di insabbiamento dei fondali”, sottolinea la responsabile locale di Legambiente. Eppure c’è il rischio di vanificare gli sforzi: secondo gli ambientalisti con la costruzione del nuovo porto i danni per l’area crescerebbero in modo esponenziale. Per questo continuano a dichiararsi contrari alla costruzione di nuove strutture, limitandosi a chiedere che siano completati i lavori di messa in sicurezza. Si denuncia anche una certa superficialità negli studi preliminari: “Nessun accertamento è stato realizzato sulle correnti attive nella baia, che tendono ad interrare l’area del porto turistico”, denunciano gli ecologisti. “Sarebbe stato necessario affidare l’incarico a un ente terzo, l’Università o geologi di caratura riconosciuta, per vedere se un progetto di completamento avrebbe comportato nuovi danni per le nostre coste. Ma gli unici studi sono stati affidati alla stessa Tecnis”. In pieno conflitto d’interessi. Accuse respinte dal sindaco di Giardini Naxos, Lo Turco, secondo cui tutti gli studi sono stati portati a termine: da quelli sull’eventuale presenza di beni archeologici, a quelli sulle linee batimetriche dell’area marina (le isobate, che indicano la profondità del mare, ndr). “Non c’è ufficio tecnico che non sia convinto della necessità del completamento della struttura, oggi in condizioni precarie”, spiega l’amministratore. Eppure, fino al giugno del 2011, la Soprintendenza dei Beni culturali aveva sempre negato di concedere il nulla osta per i lavori del porto: “Una scelta motivata con la vicinanza del Parco archeologico di Naxos, i gravi problemi di viabilità dell’area e i timori collegati ai servizi a terra, che avrebbero modificato l’ambiente costiero”, ha spiegato Caterina Valentino. Poi, l’improvviso cambio di parere: gli attivisti ecologisti sono rimasti sorpresi dopo il via libera rilasciato dal nuovo Soprintendente ai Beni culturali di Messina, l’architetto Scuto, quattro anni dopo la bocciatura di un progetto simile. “La cosa paradossale è che non ha dato alcuna motivazione”. Un’accelerazione procedurale ritenuta incomprensibile.
I PERICOLI DELLA STRUTTURA – Certo, manca ancora il progetto esecutivo, che dovrebbe arrivare tra fine maggio e l’inizio di giugno. Tempo fa alcune indiscrezioni – pubblicate anche dal quotidiano “La Sicilia” – avevano parlato anche del possibile coinvolgimento dell’esperto Mario Cucinella, personalità di spicco nel panorama dell’architettura eco-sostenibile. Voci che non sono state però confermate. Per accelerare l’iter burocratrico, era stato poi lo stesso sindaco Lo Turco ad aver inviato una lettera di sollecito alla Tecnis Spa, in modo da costringerla a presentare entro 60 giorni il progetto finale: “L’azienda ci ha rassicurato che tutto verrà realizzato in tempo. Soltanto allora potremo chiarire tutte le perplessità degli ambientalisti. Per ora le loro rimostranze si basano sul nulla”, si è difeso il sindaco. Tra ambientalisti e l’amministrazione la querelle va però avanti. L’ultimo strappo è avvenuto in occasione del passaggio della Carovana internazionale antimafia, che poche settimane fa ha fatto tappa anche nel comune jonico. Con il sindaco che non si è presentato all’evento, accusando Legambiente e Libera di strumentalizzare la manifestazione. Questo perché il tema della “tappa” era proprio la denuncia sui pericoli del porticciolo. Non soltanto di natura ambientale: Libera ha messo in guardia contro i rischi di infiltrazione mafiosa nei cantieri. Scenari non così improbabili, se si analizzano alcuni precedenti inquietanti. La scorsa settimana diversi media locali – come la Gazzetta Iblea – denunciavano la mano della Stidda sui lavori per il porto di Marina di Ragusa (un mega hub con 850 posti circa per imbarcazioni che vanno dai 10 metri fino a maxiyacht). Un’altra opera completata proprio dalla società catanese Tecnis Spa. Dall’indagine “Mediterraneo” e dalle dichiarazioni del pentito di mafia Alfio Giuseppe Castro è emerso come l’organizzazione malavitosa – diffusa tra le province di Agrigento, Caltanissetta, Enna e Ragusa e, spesso, in contrapposizione con Cosa Nostra – avesse ottenuto dalla De.Sca.Mo.Ter. Srl, un’azienda – formalmente intestata al figlio di Castro – che aveva ottenuto un subappalto, il pagamento di 80 mila euro di pizzo. Il racket era gestito da tre pluripregiudicati (Filippo Ventura, Salvatore Fede e Paolo Cannizzo, già in carcere e ora accusati di estorsione aggravata) appartenenti al clan mafioso “Clan Dominante” di Vittoria, riconducibile proprio alla Stidda.
ALTRE OMBRE? – Ma alcune perplessità emergono anche sulla stessa Tecnis Spa, l’azienda che dovrebbe completare i lavori del porto di Naxos. Contraddittorie le ricostruzioni dei media sul suo conto e su quello del titolare, Domenico Costanzo. C’è chi lo giudica come l’esempio di una nuova imprenditorialità, il fiore all’occhiello di un Meridione che rifiuta la connivenza con l’illegalità. In continuità con la svolta realizzata da Confindustria Sicilia, a partire dalla presidenza Ivan Lo Bello, che ha scelto la strada della trasparenza e della denuncia del racket. Costanzo è stato elogiato poche settimane fa per aver denunciato il tentativo di estorsione della ‘ndrangheta su un appalto della statale 106 – quella che in Calabria collega Reggio a Melito Porto Salvo – ai danni della Cogip Spa. Ovvero l’azienda di cui è titolare e di cui fa parte anche la Tecnis Spa, una società controllata. “Costanzo ha rispedito al mittente il tentativo della malavita, denunciando l’accaduto ai carabinieri”, spiegano i quotidiani. L’azienda è stata poi una delle poche ad avere completato con anticipo un tratto della Salerno-Reggio Calabria. Ovvero, il lotto 3 dell’eterna incompiuta: dodici chilometri di strada a doppia carreggiata all’altezza del Parco del Pollino. Per questo è stata definita un modello virtuoso. Non sono mancate però le polemiche, per la decisione dell’Anas di “premiare” con 26 milioni di euro il Consorzio Uniter e la società catanese. “Non bastavano i fondi dell’appalto”, spiega il Corriere della Calabria. Arriva anche l’incentivo. Il motivo? Aver reso più spediti i lavori. Eppure, ha precisato il Fatto Quotidiano, Tecnis ha per ora completato (il 31 luglio scorso) soltanto una parte dei suoi 11 chilometri di cantiere. “Un altro piccolo tratto dovrebbe consegnarlo alla fine di luglio e l’ultimo alla fine del 2013, con un anno e 6 giorni di anticipo rispetto alla conclusione dei lavori fissata in un primo tempo per il 6 gennaio 2015”. Tutto mentre negli altri lotti restano i soliti ritardi. Non tutti hanno dipinto Tecnis e Costanzo come esempi. Un ritratto più ambiguo, dal punto di vista della legalità, lo ha fornito Ugo Colonna su “I Siciliani”. In un articolo intitolato “L’imprenditore Bifronte” vengono riprese le dichiarazioni del pentito di mafia Alfio Castro. Viene citata la sentenza pronunciata dalla Corte di Assise di Messina del 30 marzo 2012 nel processo “Vivaio”, nel quale si spiega come Castro – già condannato per associazione mafiosa – abbia collaborato, sia alla fine degli anni ’90 che dopo la scarcerazione, con la Tecnis di Domenico Costanzo e Concetto Bosco (che controlla al 50% la Tecnis). Colonna spiega inoltre come, dalle accuse dei collaboratori di giustizia e delle persone offese, emergano presunti rapporti con la malavita barcellonese. Per Colonna, una violazione del codice etico di Confindustria.
LA BATTAGLIA DI LEGAMBIENTE – C’è poi l’aspetto legato all’economia del progetto. Nonostante l’insistenza dell’amministrazione comunale, Legambiente sottolinea come l’operazione non sia comprensibile nemmeno dal punto di vista funzionale e finanziario. “Verrebbe realizzato in piena crisi della nautica da diporto”, si spiega. La stessa Assomarinas – l’associazione che raggruppa i porti italiani della nautica – ha modificato i suoi piani. Se fino a poco tempo fa si denunciava l’insufficienza dei posti barca rispetto all’ampiezza delle coste, il crollo della domanda degli ormeggi (compreso tra il 15 e il 50 per cento nell’ultimo anno) ha portato l’ente di categoria a chiedere lo stop ai progetti di nuovi porti turistici, per salvaguardare gli interessi dei propri iscritti e non pregiudicare il precario equilibrio delle attività esistenti, garantendo la sostenibilità economica. “Occorre dare precedenza alle strutture già presenti sul mercato”, ha spiegato al termine del 2012 il presidente Roberto Perocchio. Ma quello di Naxos, per gli ambientalisti, è un progetto inutile anche dal punto di vista portuale. Il motivo? La vicinanza del più grande porto di Riposto – in provincia di Catania – che dista soltanto 7 miglia marine e 15 chilometri via terra. “Una struttura che non ha permesso alcuno sviluppo della zona, rimanendo per metà vuoto a causa della crisi del settore”, spiega Valentino. Già in passato Legambiente si oppose anche al progetto di porto a Taormina, nella frazione di Villagonia: “Altro scempio ambientale, per fortuna bloccato e bocciato dalla Soprintendenza”. Ricorda come spesso, sui social network, diversi anonimi abbiano ritirato fuori la vicenda in maniera strumentale. “C’è chi spiega come, senza la realizzazione del porto a Giardini Naxos, l’unica strada sia quella di costruire il molo taorminese. Ma dopo lo stop al progetto della Russotti Finance non ci sono state novità in tal senso”, ha spiegato Valentino. Per questo, secondo Legambiente, il progetto del porto turistico di Naxos sembra denso di incoerenze, tecnicamente inattuabile in tempi brevi e con costi irragionevoli. “Il rischio è che si trasformi nell’ennesima incompiuta”, aggiunge anche Alessandro Costantino, di Sel.
IN ATTESA DEL PROGETTO ESECUTIVO – Da Taormina ricordano i ritardi della Tecnis sui lavori di realizzazione dei campi da golf nella valle dell’Alcantara. Un’altra opera molto discussa, che a sua volta si era attirata le accuse di speculazione edilizia. In attesa del progetto esecutivo, Legambiente resta in allerta: “Il sindaco ci ha spiegato che alla fine il progetto sarà ridimensionato, ma non abbiamo ancora visto nulla. Allo stato attuale resta impressionante”, aggiunge Caterina Valentino. Un danno non irrilevante per un’economia che basa gran parte della sua fortuna sui panorami della costa, sulle sue spiagge e sul patrimonio paesaggistico: “Verrebbe vietata la balneazione negli unici grandi e sabbiosi lidi dell’area, privatizzando la costa e cementificando le già poche spiagge libere”, sottolinea. Con il pericolo, durante i lavori, di trasformare per anni la baia in un cantiere, aggravando la viabilità e dando l’ultimo colpo al turismo già sofferente per la crisi economica. In attesa di conoscere il progetto finale, Legambiente prova a rilanciare: “E’ assurdo che si seguano queste strade, invece di valorizzare il nostro territorio. Sarebbe opportuno chiedere l’inserimento dell’area e del nostro patrimonio sotto la tutela dell’Unesco”, incalza. Oltre a pretendere la messa in sicurezza del porticciolo, senza costruire nuove strutture: “Naxos ha bisogno di ben altro che un mega porto, puntando sul turismo ecosostenibile e culturale, l’unico settore che potrebbe rilanciare la nostra economia”, conclude l’esponente di Legambiente. Per gli ambientalisti una rivalutazione dell’area non potrà convivere, se il progetto verrà confermato, con uno scempio di un patrimonio ammirato in ogni parte del mondo.