Gisela Mota, la vera storia del sindaco uccisa dai narcos il giorno dopo l’insediamento
03/01/2016 di Boris Sollazzo
Lascia basiti e furiosi la notizia di una giovane 33enne uccisa da un sicario in casa sua, con tre sgherri a fargli da guardia armata. Lascia sconvolti che la scorta dopo le 19 non le fosse accordata, tanto che la polizia ha potuto solo lanciarsi nella ricerca e nella cattura di due appartenenti al commando: ancora sconosciute le generalità, ma dalle foto circolate sui media locali sembrano due adolescenti, pesci piccoli probabilmente sacrificati dagli stessi boss. Lascia indignati e impotenti la notizia che la sua unica colpa fosse aver giurato guerra ai narcotrafficanti.
E lascia senza speranze il fatto che tutto questo sia successo poche ore dopo il suo insediamento nella funzione di sindaco di Temixco, nello stato di Morelos, neanche 90 km a sud da Città del Messico. Gisela Mota Ocampo è morta per questo: per aver creduto nella giustizia, nella lotta per rendere migliore il suo paese, per non aver piegato la testa al potere criminale che devasta il Messico, e non solo. E di fronte a uno Stato inerme e forse, chissà, complice silenzioso, i narcos hanno dato una tragica dimostrazione di forza e crudeltà: l’hanno uccisa. Alla faccia della tanto declamata Operacion Delta che forze speciali e non dello Stato stanno portando avanti ai confini della regione del Guerrero.
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E’ successo sabato. Il Morelos confina con il Guerrero, vero e proprio stato supermarket del traffico di droga. Una regione strategica, una rampa di lancio dei narcos verso tutta la nazione e il continente americano. Una donna tutta d’un pezzo che aveva fondato la sua campagna elettorale sulla tolleranza zero verso la filiera degli stupefacenti, ha pagato con la vita. L’esponente del Partito Democratico Rivoluzionario aveva preso possesso dell’ufficio di primo cittadino con una cerimonia sobria e sentita il primo dell’anno, il giuramento è arrivato il giorno dopo. E la sera, la morte. La diputada Mota, tutti la conoscevano così, ha sempre lottato per i beni primari per i suoi cittadini: luce e acqua soprattutto, pari opportunità per le donne e diritto del lavoro, formazione ed educazione, in Parlamento come nella municipalità del Morelos. Aveva poi deciso di spendersi per questa cittadina, perché era necessario un avamposto di legalità e di moralità laddove Stato e trafficanti, invece, normalmente si alleano. Non voleva che la piaga della droga distruggesse le giovani generazioni che voleva rappresentare, né terrorizzasse i cittadini con i continui episodi di violenza, in particolare sequestri ed estorsioni.
Ma la scarsa attenzione nei confronti dell’incolumità di Gisela Raquel Mota Ocampo delle forze armate lascia un drammatico dubbio nella vicenda. Ovvero che l’omicidio non fosse proprio sgradito a quella polizia che lei aveva combattuto nell’ultimo anno, in particolare per la vicenda di Luis Angel Abarca Carrillo, un giovane desaparecido della scuola Ayotzinapa. Uno dei 43 prima malmenati, poi catturati e torturati dagli sbirri del Guerrero. Scomparsi nel nulla: Luis è tra i 15 ancora non identificati neanche nei dati anagrafici. Difficile immaginare, insomma, che la donna riscuotesse simpatie in chi avrebbe dovuto proteggerla: ma anche lì, lei, non ha guardato in faccia a nessuno di fronte ai gravi fatti di quel 26 settembre 2014, che bollò come uno dei più feroci atti criminali contro i movimenti sociali.
In Messico, purtroppo, Gisela Mota rappresenta solo l’ultimo nome di una lunga lista di sindaci uccisi dalla criminalità organizzata. Decine di politici che hanno pagato, in Messico, la loro rettitudine, le proprie lotte. E’ ancora forte l’emozione per l’atroce uccisione di AidèNava Gonzalèz, candidata favorita come prima cittadina di Ahuacuotzingo, sempre nel Guerrero. Favorita perché fresca vedova dell’ex sindaco, ucciso da una gang dei narcos. Ed entrambi avevano vissuto la tragedia del rapimento del figlio, nel 2012, mai ritrovato. Avrebbe vinto, ma la banda criminale dei Los Rojos, dominante nei territori dell’Oxtotitlan la rapirono, la uccisero, la decapitarono e lasciarono scritto sulla coperta che copriva il suo cadavere la scritta “Narcomanta”, firma inequivocabile. Aveva 42 anni, anche lei combatteva il traffico di droga e, guarda un po’, si era schierata pesantemente contro l’eccidio degli studenti di Ayotzinapa.
E a giugno è stato il turno del sindaco di Jerecuaro Rogelio Sanchez Galàn, del Partito Verde Ecologista, assassinato alla stazione degli autobus di El Fresno da due sicari: con lui trovarono la morte anche due passanti.
Una contabilità atroce: 33 dal 2006 al 2013, 16 casi accertati nei primi 20 mesi della presidenza Pena Nieto, almeno otto nell’ultimo anno (e altrettanti candidati). Possiamo chiamarla, tranquillamente la strage della democrazia.
Tanti sono i politici uccisi dalle gang. E con democratica alternanza: quelli dello scorso anno hanno visto tre omicidi nelle fila dei Repubblicani, ex Partito di Azione Nazionale, due tra i democratici rivoluzionari e tre in formazioni di minoranza. Il 2016, purtroppo, si annuncia come quello in cui si batterà nuovamente il più macabro dei record.
(Photocredit account twitter @diputadaMota)