I Marò rischiano davvero la pena di morte?
11/01/2014 di Alberto Sofia
Ancora due o tre giorni di attesa. L’India deciderà a breve se verrà applicata o meno la pena di morte nei confronti di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i due marò accusati dell’omicidio di due pescatori del Kerala nel febbraio del 2012. Nonostante le promesse del governo indiano, che aveva rassicurato il nostro Paese, il rischio è che i due marines possano essere processati in base al “Sua Act”, una legge contro la pirateria marittima che prevede anche la pena capitale. Ma non solo: se il Paese asiatico decidesse di fare riferimento a questa normativa, i due militari verrebbero equiparati a “terroristi”, tanto che l’India potrebbe estendere la sua giurisdizione anche al di là delle acque territoriali.
LO SPETTO DELLA PENA DI MORTE PER I MARÒ – Sulla vicenda il nostro Paese in passato ha già rimediato figure pessime. In attesa del processo, fu nel dicembre del 2012 che l’Alta Corte di Kochi, nel Kerala, aveva concesso a Girone e Latorre una licenza di due settimane per poter trascorrere le festività natalizie con le famiglie. In quel caso fu rispettato l’impegno. Poi, in occasione di un’ulteriore licenza per le elezioni, il pasticcio italiano, con doppia figuraccia della diplomazia italica. Prima il governo decise di non rispettare l’impegno, spiegando di voler trattenere i due. La Farsenina comunicò che l’Italia aveva informato il governo indiano che, «stante la formale instaurazione di una controversia internazionale tra i due Stati, i fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non avrebbero fatto rientro in India alla scadenza del permesso loro concesso». Poi, arrivò anche la retromarcia, con la presunta rassicurazione del mancato rischio di pena di morte. Ma la questione è rimasta un’incognita. Tanto che, nello scorso novembre, fu l’Hindustan Times a svelare come Massimiliano Latorre e Salvatore Girone rischiassero di essere condannati alla pena capitale. Proprio in base al «Sua Act».
RISCHI CONCRETI? – Sulla possibilità che venga applicata la normativa speciale l’India si esprimerà tra due o tre giorni massimo. A riferirlo è staoto ieri il ministro dell’Interno indiano, Sushil Kumar Shinde. «A breve decideremo come la Nia – ovvero la polizia investigativa indiana, ndr – debba procedere nei confronti dei due marò italiani», ha spiegato Shinde di fronte ai media locali. Lo stesso Hindustan Times riporta il rischio che venga applicata la pena capitale. Eppure era stato lo stesso ministro degli Esteri indiano , Salman Khurshid, a tranquillizzare l’Italia, spiegando come il suo Paese avesse assicurato che la vicenda di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre «non rientra nei casi in cui si può applicare la pena di morte». Enrico Letta ed Emma Bonino, di fronte al cambio di prospettiva e ai timori sulla condanna alla pena capitale, hanno invitato il governo indiano a rispettare gli impegni presi. «Ci aspettiamo che il governo indiano sia conseguente alle indicazioni date e alla decisione della corte suprema, che aveva assicurato che non ci sarebbe stato il reato di pirateria e una decisione rapida. Sarebbe inaccettabile che quelle rassicurazioni non fossero rispettate», ha ribadita il presidente del Consiglio. Se questo non avverrà, l’esecutivo ha spiegato che tutte le iniziative necessarie saranno assunte: «Resteremo a fianco dei marò e delle loro famiglie fino a che non avremo raggiunto l’obiettivo di riportarli in Italia», ha concluso Letta. I partiti di destra hanno utilizzato la vicenda per attaccare l’esecutivo. Così Fratelli d’Italia ne ha approfittato per denunciare il caso come «una vergogna nazionale», oltre a bocciare il governo, criticato di «scandaloso immobilismo». Accuse simili sui giornali di centrodestra, come Libero e Giornale:
Libero accusa a sua volta: «Governo imbelle. Marò lasciati senza difesa, rischiano la morte». Il Giornale, invece, ha invitato a «riportare a casa i marò, altrimenti ce lo impedirà il prossimo leader indiano». Questo perché in India si è già entrati in campagna elettorale e i sondaggi citati dal quotidiano diretto da Alessandro Sallusti prevedono, alle elezioni di primavera, il successo di Narendra Modi, considerato contrario a una soluzione amichevole del caso.
Sul rischio di pena di morte è intervenuto anche il ministro della Difesa, Mario Mauro. «La campagna elettorale indiana si sta avvicinando in maniera prepotente e preoccupante alla vicenda dei marò, ma sono sicuro che il governo italiano mostrerà la necessaria inflessibilità per gestire questa fase». Al contrario, con un’intervista al Mattino, l’ex titolare della Farnesina, Giulio Terzi di Sant’Agata (dimessosi allora proprio perché contrario al ritorno dei due marines in India, ndr) ha ribadito la sua posizione: «Un errore colossale e gravissimo farli rientrare (nel paese asiatico, ndr)», ha spiegato. Terzi ha spiegato di essere «indignato, sorpreso e preoccupatissimo per l’evoluzione, anzi per l’involuzione, della vicenda». Secondo l’ex ministro «abbiamo ottenuto, dopo dieci mesi, il riscontro oggettivo sulla fondatezza delle diffidenze che esprimemmo dalla Farnesina per gli affidamenti offerti dall’India al momento della ripartenza dei nostri militari». Ha poi spiegato come sia necessaria un’azione diplomatica forte: «L’Italia deve chiedere urgentemente la convocazione del Consiglio di sicurezza dell’Onu per contestare la sottrazione in alto mare di una forza armata di un Paese che è un onesto partecipe di diverse operazioni in altre parti del mondo». Oltre a «chiedere una immediata convocazione del Consiglio Atlantico». Il passaggio obbligato, per Terzi, sarà arrivare a un arbitrato.