I moderni pirati dei mari

19/05/2009 di John B

In un recente articolo pubblicato su Defense News, l’analista William Matthews, dopo aver approfondito l’argomento e aver intervistato autorità civili e militari, fa presente che l’impiego di forze navali è anti-economico. Il traffico marittimo nelle aree interessate del fenomeno è così intenso che la probabilità che una nave sia attaccata dai pirati è pari allo 0,3 %. Indubbiamente è più probabile essere rapinati e uccisi nel corso di una passeggiata in molte città nostrane… I governi ritengono più economico affidare alle compagnie di navigazione il compito di provvedere alla tutela delle proprie navi con servizi privati, e in ogni caso il costo delle assicurazioni è inferiore a quello di una squadra navale.

– LE CONFESSIONI DEI PIRATI SOMALI – Nel corso degli ultimi anni le azioni di pirateria nel Sud Est asiatico sono diminuite grazie a un maggior impegno dei governi direttamente interessati, ma quelle al largo della Somalia sono cresciute in maniera esponenziale. Secondo alcune fonti care alla controinformazione, la pirateria somala sarebbe una risposta al fatto che per anni la comunità internazionale avrebbe sfruttato la Somalia come una specie di discarica per tutti i rifiuti tossici che non era possibile smaltire altrove. In un servizio di PacificFreePress  leggiamo che i pescatori somali si lamentano che le navi da guerra americane impediscono loro di pescare; gli uomini d’affari somali si lamentano che le navi da guerra con i loro controlli infastidiscono i traffici marittimi. E infine un certo Mohamed Abshir Waldo , introdotto come consulente e analista somalo residente in Kenya, sostiene che i suoi connazionali, pur non condividendo l’operato dei pirati, sono adirati nei confronti della comunità internazionale che non ha mai contrastato i “veri pirati“, ossia le navi che scaricavano e scaricano in Somalia rifiuti tossici e radioattivi. Ma la storia della pirateria come reazione all’invio di scorie in Somalia non regge. Tanto per cominciare, la pirateria era ben maggiore nel Sud Est asiatico dove non risulta che nessuno abbia mai parlato di scorie e rifiuti tossici. Ma soprattutto, le dichiarazioni e le confessioni degli stessi pirati somali  tracciano un quadro tutto differente, fatto di ingenti bottini, alcool e droga. Insomma, si tratta di delinquenti e basta, organizzati molto bene, ma pur sempre delinquenti a cui non importa proprio nulla delle questioni ambientali, vere o presunte. E addirittura un ministro somalo, Farah Dala, ha tranquillamente ammesso che la recrudescenza della pirateria ha portato un bel po’ di denaro nelle casse della nazione, sotto forma di aiuti della comunità internazionale per combatterla. Se le cose stanno così, forse è più ragionevole pensare che le autorità somale abbiano consentito ai pirati di prosperare per attirare aiuti economici internazionali. Non c’è dubbio che per un paese così povero qualsiasi mezzo è utile pur di migliorare le proprie condizioni di vita (ma siamo piuttosto scettici sul fatto che questi soldi finiscano a chi ne ha davvero bisogno), ma lasciamo perdere la storiella dei pirati ambientalisti…

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