I nomi della nuova UE dopo il sì a Juncker e Schulz

01/07/2014 di Andrea Mollica

La nomina di Jean-Claude Juncker alla presidenza della Commissione è solo la prima, anche se la più importante, novità nei ruoli guida dell’UE dopo le elezioni europee. Le trattative ora si sono spostate sugli altri ruoli apicali, la presidenza del Consiglio europeo, l’Alto rappresentante della politica estera e vice presidente della Commissione, e l’accordo sarà trovato in base a diversi criteri quali l’appartenenza politica, le competenze specifiche, il genere, per evitare la consueta teoria di nomine solo maschili, e la provenienza nazionale.

 

 PATRICK HERTZOG/AFP/Getty Images
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L’UNIONE EUROPEA E LE NOMINE ASSEGNATE – Le elezioni europee svoltesi il 25 maggio 2014 hanno dato il via al rinnovo delle più importanti cariche dell’UE. Il primo accordo è stato raggiunto con la nomina da parte del Consiglio Europeo di Jean-Claude Juncker alla presidenza della Commissione. Juncker è un esponente del Ppe, che ha sancito un’alleanza di legislatura con il Pse e l’Alde, il gruppo che riunisce i partiti liberali europei. Una nuova grande coalizione che governerà le istituzioni comunitarie, così come da antica e consolidata tradizione, mai mutata nel corso dell’intera esistenza dell’UE. L’intesa tra le tre principali famiglie continentali è stata comunicata il giorno stesso in cui è iniziato il Consiglio Europeo a Ypres, giovedì 26 giugno, e da questa accordo politico si partirà per assegnare i numerosi posti all’interno degli organismi politici dell’UE, in primis Commissione e Parlamento europeo. Oltre a Juncker che guiderà l’organismo di governo dell’Unione Europea, è già stato trovato un accordo per chi presiederà l’assemblea legislativa. Per la prima volta nella storia è stato confermato il presidente uscente del Parlamento europeo, Martin Schulz. Impossibilito a ottenere la presidenza della Commissione alla luce del secondo posto del Pse, l’esponente della socialdemocrazia tedesca è rimasto escluso dall’organismo di governo dell’UE a causa del veto di Angela Merkel, che ha mantenuto per la Cdu la vice presidenza della Commissione con delega che sarà probabilmente economica. Come di consueto, nella seconda sessione del Parlamento europeo Schulz lascerà l’incarico ad un esponente del Ppe, e la presidenza del Parlamento europeo potrebbe rimanere in Germania, visto che il favorito appare il capogruppo Manfred Weber, esponente della bavarese Csu.

 

 

L’UNIONE EUROPEA E I CRITERI DI NOMINA – Il doppio mandato di Martin Schulz così come la successione di un deputato della stessa nazionalità sarebbero due novità per la guida del Parlamento europeo, che tenderebbero ad escludere altri incarichi di rilievo per la Germania. Per quanto riguarda la Commissione sarà riconfermato probabilmente allo stesso incarico Günther Oettinger, ex ministro presidente del Baden-Württemberg, e commissario all’Energia sotto la guida di Barroso, uno dei punti di riferimento dell’ala più conservatrice del partito di Angela Merkel. All’interno della Commissione dell’UE gli incarichi di maggior influenza sono l’Alto rappresentante della politica estera dell’UE, che garantisce la vice presidenza dell’organismo, e le diverse deleghe economiche, come gli Affari economici e monetari, l’Antitrust o il Mercato interno. Per l’assegnazione dei ruoli apicali dell’UE contano diversi criteri, che ponderano l’appartenenza politica alla famiglie europee, la provenienza nazionale, il peso degli incarichi già ricoperti da un determinato paese, così come valutazioni sui diversi gruppi di stati che formano l’UE, come il nucleo maggioritario che ha aderito all’eurozona oppure il blocco dell’Est, che rappresenta le nazioni ultime arrivate nell’Unione Europea. Questo metodo di valutazione, definito da Angela Merkel con l’eufemismo di “spirito europeo” si rifletteva per esempio nelle nomine della scorsa legislatura europea. Grazie alla vittoria ampia alle elezioni del 2009 e alla netta maggioranza nel Consiglio Europeo il Ppe aveva ottenuto la presidenza della Commissione e anche la presidenza dello stesso Consiglio Europeo, con Barroso e Van Rompuy. I socialisti avevano ottenuto l’Alto rappresentante della politica estera dell’UE con Catherine Ashton, mentre all’Alde erano andate due vice presidenze, e la centrale delega agli Affari economici e monetari ricoperta nella Commissione da Olli Rehn.

 

GEORGES GOBET/AFP/Getty Images
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L’UNIONE EUROPEA E LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO EUROPEO – Dopo l’assegnazione della presidenza della Commissione al Ppe sulla presidenza del Parlamento, nelle prossime settimane si cercherà un’intesa sulla presidenza del Consiglio Europea e sull’indicazione dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, le altre due nomine di spessore che rimangono scoperte. Il criterio politico del 2009 assegnava due posti al Ppe ed uno al Pse, mentre ora sembra che i nuovi rapporti di forza più favorevoli ai socialisti possano determinare il ribaltamento di questa logica. L’incarico di maggior spessore dopo la guida della Commissione è la presidenza del Consiglio Europeo, l’organismo che riunisce i capi di stato e di governo dell’UE, vero e proprio motore politico delle istituzioni comunitarie. Il presidente del Consiglio europeo è un incarico apicale introdotto con il Trattato di Lisbona, che ha modificato in parte la regola per cui la guida dell’UE è assunta ogni semestre da uno dei paesi membri. Gli stati ricoprono la carica di presidenti del Consiglio dell’UE, l’organismo che riunisce i vari ministri suddivisi per competenze, ma il coordinamento del Consiglio Europeo è stato affidato ad una nuova figura. Dalla fine del 2009 fino ad oggi l’incarico è stato svolto da Herman Van Rompuy, ex primo ministro popolare del Belgio. L’articolo 9 modificato dal Trattato di Lisbona conferisce diversi poteri al presidente del Consiglio europeo, tra cui il compito di coordinare i lavori di questo organismo, oltre che la sua guida formale, e la rappresentanza esterna dell’UE. La nomina di Van Rompuy ha assegnato un profilo relativamente minore all’incarico, per cui si era candidato Tony Blair. In questo momento il Pse richiede la presidenza per bilanciare la guida della Commissione affidata al popolare Juncker. La favorita sembrava la premier danese Helle Thorning-Schmidt, che però è stata frenata da un veto di François Hollande, scettico sull’affidare un simile ruolo ad un paese esterno all’eurozona. Durante il Consiglio Europeo diversi media italiani hanno rilanciato la possibile candidatura di Enrico Letta, anche se la presidenza Draghi della Bce tenderebbe ad escludere una simile ipotesi nell’ottica dello “spirito europeo” citato da Angela Merkel.

 

SAMUEL KUBANI/AFP/Getty Images
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L’UNIONE EUROPEA E L’ALTO RAPPRESENTANTE DELLA POLITICA ESTERA – Un possibile nome forte per la presidenza del Consiglio Europeo potrebbe essere Pierre Moscovici, attuale ministro dell’Economia francese. Possibile, anche se al momento è sottotraccia, l’incarico ad un politico dell’Est Europa, visto che questo importante blocco di paesi assumerà un ruolo apicale, come era capitato nella legislatura 2009-2014 con la presidenza del Parlamento del popolare polacco Jerzy Buzek. L’incastro con la guida del Consiglio Europeo sarà decisivo per le decisioni sulle altre nomine. La più importante dal punto di vista formale è l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, altro incarico creato con il Trattato di Lisbona che ha unificato il fu Mr Pesc con il commissario UE alle Relazioni esterne. Se l’incarico andrà un esponente del Pse la favorita sarebbe Federica Mogherini, attuale ministro degli Esteri. Il governo Renzi ha ricevuto l’assenso di Germania e Francia su questa delega della Commissione, la più rilevante nella gerarchia dell’organismo di governo UE, anche se con un peso contenuto dal punto di vista sostanziale, vista la “gelosia” con cui gli stati membri curano gli affari esteri, e gli scarsi poteri affidati all’UE su questi temi. All’ultimo Consiglio Europeo è però emerso come diversi governi preferiscano non affidare questo incarico ad un esponente del Pse, specie se i socialisti otterranno la presidenza di questo organismo. Da diversi mesi circola l’ipotesi di affidare la guida della politica estera dell’UE al ministro degli Esteri polacco, Radek Sikorski, che milita in Piattaforma Civica, partito affiliato al Ppe. Un’ipotesi apprezzata da Angela Merkel, dalla Gran Bretagna ma sgradita ai socialdemocratici della Spd, timorosi di una nomina che potrebbe avere il sapore della sfida a Vladimir Putin. Sikorski è stato però piuttosto moderato durante la crisi ucraina, nonostante il forte coinvolgimento emotivo del suo paese in una vicenda relativa ad una invasione russa, ed ha svolto un’importante ruolo di mediazione insieme ai suoi colleghi tedeschi e francesi. All’Est ci sono anche diversi candidati nel fronte eurosocialista, come gli attuali commissari della Repubblica Ceca e della Bulgaria, Štefan Füle e Kristalina Georgieva, mentre non è da escludere una nomina francese. Il secondo paese dell’eurozona per forza economica e popolazione è al momento escluso dagli incarichi più importanti, e punta ad una superdelega economica piuttosto invisa alla Germania, visto l’attitudine meno rigida sull’indebitamento dell’eventuale commissario francese.

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