I paesi del Golfo, generosi sponsor del riarmo del Medio Oriente

24/02/2015 di Mazzetta

 

I ministri del petrolio dei paesi del GCC
I ministri del petrolio dei paesi del GCC

 

LA VENDITA DEI RAFALE ALL’EGITTO – Una commessa accordata su richiesta militari già ai tempi del governo Morsi e ora andata in porto grazie anche al sicuro supporto saudita, anche se tutto l’affare pare sia stato garantito da banche e aziende francesi, che quindi si sono intestate i rischi dell’affare. Per i Dassault Rafale (aereo caccia multiuso) i francesi si sono comunque già svenati a ripetizione, dovesse andar male non sarà una novità. A favore dei transalpini c’è da segnalare però anche la recente commessa ottenuta in Libano e interamente sponsorizzata dai Saud, che hanno sganciato 3 miliardi di euro sull’unghia per dotare l’esercito di Beirut della possibilità di sigillare la frontiera con la Siria per impedire agli uomini di Hezbollah d’andare ad aiutare Assad in Siria.

APPRENDISTI STREGONI ALL’OPERA – La storia insegna che si tratti di una pia pretesa sperare che l’esercito libanese sottometta Hezbollah e persino che abbia voglia d’assumersi questo compito. Eppure l’investimento saudita in Libano, che tradizionalmente è armato da Washington, segnala un altro importante capitolo della spesa militare dei paesi del Golfo, che negli ultimi anni hanno investito pesantemente nella guerra ad Assad e anche nel cercare di temperare l’esplosione delle primavere arabe, pagando e fornendo armi in numerosi paesi e a diversi gruppi dalla dubbia legittimità e sostenendo le forze restauratrici, come nel caso dell’Egitto. L’evidente frattura emersa tra Qatar e Arabia Saudita ci dice che i paesi del Golfo hanno finanziato una pletora di movimenti e gruppi armati in diversi paesi, se non tutti quelli d’ispirazione sunnita visti in azione nei paesi arabi e in Asia, contribuendo alla destabilizzazione d’Iraq, Afghanistan, Somalia, Pakistan e Yemen su tutti.

MA LE ARMI NON SONO UNA SOLUZIONE – Un’attività che è diventata ancora più evidente dopo l’11 settembre e che ultimamente si è fatta sempre più robusta, invadente e pericolosa, tanto più che la sua reale estensione non è determinata solo dai portafogli degli stati, ma anche da quelli spesso robustissimi di qualche ONG o ente culturale, caritatevole o religioso o ancora di qualche principe dissidente. Un flusso di denaro opaco e impossibile da tracciare che va ad alimentare estremisti armati dall’Asia fino all’Africa Occidentale, teatri nei quali l’arma d’elezione è ancora il fucile Kalashnikov. Roba che viene via per poco e che da sempre opprime e ammazza più degli aerei e dei carri armati, che ora in molti paesi si trova spesso più facilmente del pane, grazie anche ai generosi sponsor del Golfo.

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