I test nucleari del Pacifico furono un crimine, ma non si può dire

10/01/2014 di Mazzetta

IL BUON SELVAGGIO NUCLEARE – Il documentario Nuclear Savage (Selvaggio nucleare), realizzato in collaborazione con gli abitanti e le autorità delle isole e già plurupremiato, fatica da due anni per essere mandato in onda negli Stati Uniti, dove la rete pubblica PBS lo avrebbe già pagato, tagliato e annunciato più volte. Finanziato e prodotto dalla Pacific Islanders in Communications (PIC), che è un’emanazione di PBS, il documentario è andato incontro a una serie di opposizioni e resistenze davvero singolare. Il problema del documentario sembra essere nel fatto che anche dopo i tagli reca comunque la denuncia degli abitanti che sostengono, non senza una certa evidenza, che gli americani sapevano benissimo i rischi ai quali esponevano la popolazione civile, alla quale hanno raccontato storie per decenni allungando loro ogni tanto un’elemosina, ma senza mai smettere di monitorare le loro condizioni di salute e raccogliere dati sulle conseguenze delle radiazioni sull’uomo. La conclusione può quindi essere solo quella per la quale al tempo dei test gli americani, ma anche britannici e francesi, avevano perfettamente coscienza delle conseguenze dei test per la salute e l’ambiente e che quindi decidendo di fare i test su quelle isole hanno anche implicitamente pianificato di esporre i loro abitanti ai fallout radioattivi.

SAPEVANO E NE APPROFITTARONO COSCIENTEMENTE – E a supportare questa conclusione ci sono anche documenti ufficiali dell’epoca nei quali si predispone il monitoraggio degli abitanti dando per scontato che subiranno delle conseguenze e quindi considerandoli come cavie offerte a quegli esperimenti esattamente come si sottoponevano alle esplosioni edifici, imbarcazioni e altri materiali per misurare su di loro le conseguenze delle esplosioni.

LE BOMBE DA RECORD – Sulle isole Marsahll gli americani ci andarono con la mano pesante, il primo marzo del 1954 ad esempio fecero esplodere la bomba più potente mai testata in atmosfera. Appoggiata su una piattaforma al limitare di un atollo, la potentissima bomba di tipo tipo Teller-Ulam denominata Castle Bravo sprigionò una potenza valutata intorno ai 15 megatoni, circa 1000 volte quella della bomba di Hiroshima o 10 volte la potenza di tutti gli esplosivi usati nella Seconda Guerra Mondiale. La bomba lasciò un cratere largo due chilometri e profondo 76 metri, ma la sua potenza fu molto più elevata di quanto previsto dagli scienziati, tale da rivelare al mondo quello che in teoria avrebbe dovuto essere un test segreto.

UN DISASTRO – Il fallout di conseguenza fu molto maggiore, i venti non girarono come s’era sperato e un peschereccio giapponese, il Daigo Fukuryū Maru, fu investito in pieno dalla nube radioattiva. Tutto l’equipaggio risultò pesantemente intossicato dalle radiazioni e uno dei marinai morì. Le radiazioni colpirono anche gli abitanti degli atolli di Rongelap e Utirik, ma fu il caso dei giapponesi che fece rumore e scatenò la preoccupazione per questo tipo di test, ancora una volta dei giapponesi erano colpiti da una bomba atomica americana, il fatto colpì la fantasia di molti, anche se questo non impedì agli americani di far detonare pochi giorni dopo Castle Yankee, che come la sorella sprigionò più energia dell’attesa, confermando l’esistenza di un errore di valutazione che comunque aveva portato al risultato di assemblare ordigni più potenti del previsto.

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