Il 3% di Matteo Renzi
02/01/2014 di Maria Teresa Mura
Nella marea di chiacchiere su presunti patti con Beppe Grillo, Matteo Renzi, nell’intervista rilasciata a Stefano Feltri sul Fatto, dice qualcosa di molto interessante a proposito dell’economia del Paese. Afferma infatti che il governo Letta (o un altro esecutivo, immaginiamo guidato da chi) deve muoversi per sforare il patto di stabilità oltre il famoso 3%, spendendo per far ripartire lo sviluppo del paese.
«É evidente che si può sforare: si tratta di un vincolo anacronistico che risale a 20 anni fa. Non è l’Europa che ci ha cacciato in questa crisi, ma la mancanza di visione. […] Se c’è una leadership con una visione, non vedo problemi a superare il tetto del deficit, anche se poi va fatta una battaglia per cambiare le regole. Non solo sui conti pubblici», dice testualmente il sindaco di Firenze e segretario del Partito Democratico.
Tutto formalmente corretto, in teoria. Nella pratica, il tetto del 3% è stato un obiettivo politico di molti governi e tantissimi politici in questi ultimi anni. Tutti hanno più o meno detto quello che ha affermato Renzi, tutti lo dicono ancora nel suo partito oggi, compresi quelli che sono dipinti come diametralmente opposti o a lui. Ma nella pratica, rimane che nessuno finora ha avuto il coraggio di firmare un’iniziativa politica vera e propria per andare in quella direzione in Europa.
Perché la Germania comanda, è vero. Ma anche perché non si capisce ancora con quali argomenti (se non la cosiddetta “visione”, che fa venire in mente più Elio e Le Storie Tese che un grande statista). Il 3% di Matteo Renzi per ora non sembra essere ancora una proposta seria. Ma rischia di diventare un alibi per spiegare successivamente eventuali fallimenti.
(Credits immagine: ANSA/DANIEl DAL ZENNARO)