Il Consiglio di Cooperazione del Golfo si è spaccato

06/03/2014 di Mazzetta

cavour nel golfo 2
La portaerei Cavour in tour promozionale nel Golfo, sulla quale è stata organizzata una fiera delle armi a beneficio dei regimi del GCC

LE DIVERGENZE CON DOHA – I Fratelli Musulmani con la loro fissazione per andare al potere vincendo le elezioni, ai sauditi non piacciono proprio e lo hanno dimostrato sostenendo i militari in Egitto e gli jihadisti in Siria, che con i Fratelli Musulmani ci vanno già duri e non sono compatibili e il fatto che Doha ne supporti la causa e addirittura protegga alcuni di loro, come l’influente predicatore Yusuf Qaradawi, al quale il Qatar regolarmente offre spazio anche su al Jazeera. Proprio il canale satellitare è un’altra spina nel fianco, perché ospitando una varietà di voci dal mondo arabo e oltre finisce anche per diffondere critiche alle monarchie sorelle. L’emittente ha riferito del rovesciamento di Morsi come un golpe e si rifiuta di bollare come terroristi i membri della fratellanza, anche per questo quattro dei suoi giornalisti sono stati arrestati con accuse che spaziano dal complotto al terrorismo e altri 16 sono stati chiamati in causa dalla giustizia egiziana. L’ostilità allo jihadismo sunnita in Siria e Iraq, il supporto ai governi di Libia e Tunisia, l’attenzione alla causa palestinese, persino l’aver riferito della repressione in Bahrein, sono tutte iniziative incomprensibili per i sauditi, se non come intollerabili offese personali e come attacco alla sacralità del modello delle monarchie delle sabbie, il vero valore in difesa del quale si dovrebbe rinsaldare il GGC secondo i Saud, che ovviamente in caso di una unione finirebbero per fare la parte del leone e costringere al vassallaggio anche quanti dei colleghi finora sono riusciti a smarcarsi.

LA RESISTENZA A RIYAD – All’egemonia saudita non si sottrae solo il Qatar, da dove la dinastia si è lanciata nell’agone internazionale con il peso dei suoi soldi e la leggerezza di un paese con circa un milione di abitanti nativi e altrettanti espatriati. Anche l’Oman e il Kuwait resistono all’osmosi con i sauditi, il sovrano del primo rifiuta ogni idea d’unione e in Kuwait nemmeno la dinastia apprezza l’idea di vedere materializzarsi uno stato di polizia una volta uniti eserciti e poliziotti. Che è invece il sogno dei Saud, che così potrebbero dare la caccia ai loro nemici nei paesi vicini, una fissa che i Saud coltivano fin dall’attacco alla Mecca del 1980, quando parte dei rivoluzionari sauditi riuscì a riparare in Kuwait dopo un sanguinoso assedio e una strage nella moschea sacra.

HANNO OSATO TROPPO – Il protagonismo degli al Thani era chiaramente fuori misura per le possibilità del Qatar, anche se in origine la scommessa è sembrata andar bene, con la fratellanza piazzata in Turchia e in Egitto e in ascesa in Libia e Tunisia, mentre in Siria l’opposizione armata dal Qatar si avvicinava a Damasco. Poi un disastro dopo l’altro: Ennada è entrata in crisi in Tunisia, Erdogan si è infilato in una tempesta, Morsi è stato sbattuto in galera insieme a tutti i suoi, il Libia non si è capito più niente e in Siria l’opposizione sostenuta dal Qatar è finita a combattere contro lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL-ISIS), una depravazione jihadista che ha spinto persino i qaedisti a schierarsi con i loro nemici fin troppo secolarizzati. Chi finanzi l’ISIS non si sa, ma si dice e il dito finisce invariabilmente puntato verso Riyad da dove tradizionalmente si muovono soldi e combattenti, non necessariamente per iniziativa del governo, che comunque osserva e tollera senza reprimere, risultando molto più feroce negli sventurati che ogni tanto s’azzardano a chiedere qualche timida riforma o gli sciagurati che scendono in strada a protestare, che proprio non si può.

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