Il gigante e la bambina

Forse è per quella poesia che s’è scritta da sola. Perché lui non parla e non le rivolge parola e lei non domanda ma se lui la rivuole va bene uguale. Quel foglio lo tiene in borsa da un anno e lo protegge chinando il capo. Chiuso, sta chiuso. Dovesse per sbaglio uscirne un lembo. Magari ai Navigli quando saranno soli lei gliela dirà. Ne parleranno un po’ insieme, e poi staranno da soli e lui eccitato l’orgoglio allungherà poi quel giro per prenderla in giro. Si, gliela dirà. Tanto la conosce a memoria. Rime ingenue, come ingenuo è l’amore di tutti, come è ingenua la voce di un uomo che ama udita e inventata da una ragazza. Amore mio (spiegazzature di fogli): Stanotte che t’ho sognata/come mai/voglio essere non il primo né l’ultimo tuo amore/voglio essere il pensiero strano quando carezzerai i suoi capelli/l’intruso amico di tutta la tua tenerezza/il pensiero buffo quando amerai per sempre/la colpa senza colpa/quello che sarà solo tuo e per chi ami/non ci sarà mai stato/non il primo né l’ultimo/o unico, di più/né l’ultima speranza/ma una beffa/di tutto il tuo amore/qualcosa che hai amato. Si, gliela dirà a voce. Come farina del suo innamorato sacco. Come lei lo vuole. Lui la ferirà. Ma l’amerà. E anche se non fosse così, chissà. Stasera, in questi giorni, in quelle ore, persino in quel posto, lei ha capito. Lui la ferirà, lei l’amerà se si ameranno. Senza più condizioni. Poi chissà. Invece no. Non la ferisce, lui. La uccide. La macchina è ferma, ora. Son arrivati. Lei è ancora a capo chino. Lo rialzerebbe. Non si sentiva strana. Non si sente in pericolo. Non si sente neanche ferma. Forse si sentiva solo donna. Di più. Molto più in fondo. Felice.

La prima sprangata è per lei.

In quel fondo, va bene così.

SPLENDIDO SPLENDENTE – Gigi & Nanni, Nanni & Gigi. Margherita avrebbe dovuto intuirlo. L’appuntamento per quel giorno di Nanni era con Luigi Ciavardini. L’inseparabile. Il suo miglior amico. Bello e fascista anche lui ma in modo diverso, ambedue le cose, da un gigante. Terrorista. Luigi era passato ai Nar. E aveva ucciso Serpico, il poliziotto buono, il familiare ed amato cane da guardia per le pecorelle tutte fuori il Giulio Cesare. Terrorista stupido. Un imbranato. Mille e mille erano gli aneddoti sulle cazzate commesse da Luigi Ciavardini. Un vero e proprio manuale di non sopravvivenza come fuorilegge. Infilare la testa nel finestrino dell’auto di Serpico proprio nel momento in cui gli stanno sparando. Onde beccarsi una scheggia. Farsi identificare. Dover passare alla latitanza, e non solo. Passare per le forze dell’ordine ancora all’oscuro di tutto il reame fascista romano con tutti i suoi casini, spietati, ed antieroi per caso come l’unico responsabile dell’omicidio barbaro e vigliacco di uno di loro, essendo semplicemente l’unico schedato collegabile alla scena. E mille e mille altre. Luigi, talmente bello e stupido. Talmente ottuso da meritarsi la condanna a morte dagli stessi Nar in quanto pericolo ambulante per sé. E gli altri. Il pericolo più grosso: il senso del ridicolo attaccato come febbre alle vendette, alla rivoluzione. Margherita era sicura. Il gigante non avrebbe aiutato terroristi tranne lui. Tranne Gigi perché così. Un disastro. Dopo la volta del comizio muto di La Malfa, Margherita non s’era limitata ai saluti. Gliel’aveva chiesto a Nanni, il perché. E quello gliel’aveva detto. Come un ingenuo verso mandato a memoria. Quando si è così disperati che si ricorre al Diavolo, è il Diavolo che nella carezza ti dà l’anima. La sua. O magari una che ha comprato, tra le tante. Quante anime avesse il gigante, se ne accorsero anche i poliziotti che seguivano l’impiastro Ciavardini. Nella speranza vana li portasse dalla Banda Fioravanti. Quelli lo avevano espulso. Quelli lo avevano inguaiato. Inguaiato ed affamato, gli stava ripetendo l’incensurato Nanni offrendogli i cornetti. Non era un caso. Anche con Vale era successo così. Vieni Giorgio, andiamo a prendere un mitra fuori l’ambasciata. E c’era stato il morto. Il gigante lo chiamava il metodo di reclutamento Fioravanti. Se sei ancora dentro e fuori, ti tiro dentro apposta col massimo di pena. Lui no. Mai. Anche troppo semplice. La spiegazione. Le mani. Nasciamo solo con quelle. Tutt’al più il corpo a corpo. La mistica dello scontro andava bene. Dare le anime in giro come un guerriero che onora l’onore pure. Ma c’è un codice con il nemico. L’onestà nello scontro è il coraggio di guardarsi e di affrontarsi in viso. Per cui niente P38. Trentotto è esagerato, non esiste. Per certe cose, l’anima è una sola. Cazzate ? A ognun le sue, così aveva liquidato il nano di governo, il piccolo La Malfa. Ed è una degna sepoltura quella per Nanni. Sotto gli occhi di Margherita. Un inseguimento virulento. Tre, quattro, cinque sbirri. Sei. Sei contro uno. Nanni avanti. Vogliono Gigi. Nanni vuole Odino. Ciavardini, prendete Ciavardini, vogliamo Ciavardini. Che paghi Ciavardini. Gigi è svenuto. Nanni è forte, troppo. Se l’è cavata altre volte, troppe. Pensa di poter resistere. L’amico suo no, è a terra, s’è già arreso. Troppo presto, ma non è colpa sua, non può, se lui non può il gigante deve. Uno spettacolo affascinante. Una farfalla che sbatte contro un vetro prendendolo a capocciate. Mentre lo fa mostra i colori più belli e più forti del suo carattere e della sua personalità perché è l’istinto, nessuno vuole morire e tutti quando non vedono via d’uscita tentano di sedurre la morte coi colori e i numeri più belli del proprio repertorio. Fammi vivere fammi vivere. Spettacolo potente vedere la danza dei propri talenti da parte di questi appesi a ogni goccia di veleno. E Nanni De Angelis non delude le aspettative. Non delude, muore. Sotto gli occhi di Margherita Buy. Un bisonte, un uragano, gioca tre, otto, trentotto gare di football amerikano. Tra quelle auto in sosta. In quella strada ferma. Tra quelle botte a lui, con Gigi preso. Le vuole. Alza la testa. Le vuole proprio. Non c’è verso. A lui. Che ce la fa, che si che è lui. Quel Ciavardini. Il suo onore è salvo. La seconda sprangata e pure tutte le altre sono solo sue.

(Il gigante) Le (ri)vuole.

Sotto gli occhi di una bambina.

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