Il posto di Napolitano nel Grande Complotto Mondiale
22/11/2011 di Dario Ferri
“E’ lui! E’ l’uomo di Kissinger”: il presidente della Repubblica non poteva mancare nella lista nera dei complottisti
Si può pensare che l’azione di Giorgio Napolitano presidente della Repubblica abbia risolto con saggezza una delle più grandi crisi politiche dell’Italia Repubblicana. Oppure si può pensare che, unendo i puntini, salti fuori una diversa verità: quella di un Giorgio Napolitano parte attiva del grande complotto mondiale che vede la speculazione finanziaria come braccio armato del signoraggio internazionale, delle grandi banche d’affari e delle istituzioni economiche che vogliono togliere la sovranità ai popoli per consegnarla alla lobby degli affaristi decisa a controllare il mondo. Qui ci va una risata satanica.
EMERGENZA DEMOCRATICA – E’ facile propendere per la seconda ipotesi. Basta unire un po’ i puntini, e qualcuno ci ha già pensato: il governo di Mario Monti, recentemente insediato, sarebbe il delitto perfetto perpetrato dai soliti della Banca Centrale Europea, pilotata da Mario Draghi e dai suoi, che sono finalmente riusciti a mettere sul gradino più alto del paese uno “dei loro”; contemporanea ad analoga l’operazione in Grecia che ha visto Lucas Papademos prendere il posto del democraticamente eletto Georges Papandreou. Entrambi i nuovi presidenti del consiglio sono d’altronde ex membri del Board BCE; non bisogna dimenticare che Mario Monti è capo della divisione europea della Commissione Trilaterale, è stato invitato ai lavori del Gruppo Bilderberg ed è advisor di Goldman Sachs. Insomma, l’uomo giusto al posto giusto, con la complicità di chi gli avrebbe “aperto le porte” dopo aver defenestrato il tanto vituperato – a questo punto, fa quasi compassione – Silvio Berlusconi, d’altronde perfettamente convinto del grande complotto ai suoi danni. Parliamo ovviamente di Giorgio Napolitano, inquilino del Quirinale e, guarda caso, “da 35 anni uomo di punta in Italia del Council on Foreign Relations degli USA e amico delle loro multinazionali”. Il punto è proprio questo: i rapporti di Giorgio Napolitano, già dirigente comunista, con la classe dirigente più ammanicata degli Stati Uniti d’America.
KISSINGER – Basterà citare un nome su tutti: quello di Henry Kissinger, Segretario di Stato degli Stati Uniti nelle presidenze di Richard Nixon ed Henry Ford; l’ebreo tedesco diplomato ad Harvard ed inizialmente vicino a Rockfeller – come al solito, tutto torna – poi consigliere della Sicurezza Nazionale per Nixon appunto; l’uomo dietro al complotto che ha fatto saltare il governo cileno di Salvador Allende per insediare il dittatore militare Augusto Pinochet. L’uomo delle mille guerre, soprattutto quella dell’Indocina, compresa quella della Rhodesia e, in parte, del Vietnam, per il quale raggiunse un cessate il fuoco; ancora, della guerra del Kippur. Insomma, un uomo al centro di tutti gli snodi della politica internazionale americana, e dunque principale alfiere del Nuovo Ordine Mondiale: definito criminale di guerra per il suo coinvolgimento nella Guerra in Cambogia (500mila morti), definizione probabilmente calzante visto che diceva “mancherò di immaginazione, ma non vedo come possa entrarci la morale” – dopo aver detto ai generali militari di “radere al suolo” qualunque cosa si muovesse in Cambogia – viene inoltre ritenuto da alcuni “il grande architetto” del cammino verso il Nuovo Ordine Mondiale durante la presidenza Nixon, principalmente a causa delle sue buone conoscenze con i grandi della finanza internazionale, in particolare appunto la famiglia Rockfeller.
IL MIO COMUNISTA PREFERITO – Per Giorgio Napolitano, Henry Kissinger ha sempre avuto parole di stima. L’attuale presidente della Repubblica era “il comunista preferito” da Kissinger, per sua stessa ammissione. Lo rivelava, nel 2001, il Corriere della Sera.
“My favourite communist», ossia «il mio comunista preferito» è stato il saluto scherzoso che Henry Kissinger ha rivolto a Giorgio Napolitano quando lo ha visto a Cernobbio. «My favourite former communist», «il mio ex comunista preferito», lo ha corretto ridendo l’ ex “ministro degli Esteri” del Pci, oggi ds. I due scherzavano meno nel 1975, quando Kissinger, segretario di Stato, fece negare a Napolitano il visto per gli Usa. Poi Napolitano ha ricevuto Kissinger in Italia da presidente della Camera e da ministro degli Interni.
Ed ecco il collegamento: Giorgio Napolitano, amico di Kissinger, l’uomo del Nuovo Ordine Mondiale, tanto che quest’ultimo arriva a definirlo “il suo comunista preferito”. E’ tanto, no? Per qualcuno sì. Qualcuno nota la contraddizione: è un ex-comunista a spianare la strada al governo dei banchieri. Qualcun altro ci una diretta partecipazione del Capo dello Stato nel grande complotto che, come dice Giuliano Ferrara, ha “sospeso la democrazia italiana” per star dietro ai desiderata della Finanza internazionale pilotata dall’asse franco-tedesco saldamente alleato con le banche internazionali di tutto il mondo. Demo-pluto-masso-giuda-paperino e qui quo qua.
IL CFR – “Uomo di punta del Council on Foreign Relationship”, dicevamo: il CFR altro non è che il braccio armato, secondo questa teoria del grande complotto mondiale; un braccio armato primigenio, quello creato per primo. Secondo la teoria complottista il Council on Foreign Relations sarebbe stato creato formalmente nel 1921 come “governo ombra” (!) della Federal Reserve, banca centrale Americana voluta dai grandi banchieri e che fino ad allora la politica aveva tentato di evitare per contrarietà all’accentramento della politica finanziaria. D’altronde il Council, voluto nel 1921 come dicevamo, fu creato su richiesta del presidente Woodrow Wilson (il presidente dei quattordici punti, della dottrina Wilson e della fondazione della Società delle Nazioni, praticamente il bisavolo del complotto mondiale); il primo presidente del Council fu David Rockfeller che proprio durante la sua presidenza del CFR creò la Commissione Trilaterale. Insomma, secondo il complottismo signoraggista e mondialista il CFR è uno dei vertici del poligono del controllo occulto mondiale: Wall Street, Trilaterale, Bilderberg, Federal Reserve e Council for Foreign Relations. Il tutto voluto da questi architetti del nuovo mondo che non essendo riusciti a radunare il consenso popolare intorno alle loro idee sarebbero passati al pilotaggio occulto del mondo, utilizzando come arma la finanza internazionale: d’altronde sono tutti ricchi banchieri, signora mia.
UNO DEI LORO – E Giorgio Napolitano che c’entra? Essendo il “comunista preferito” di Henry Kissinger, già presidente della tavola rotonda del CFR su “Armi Nucleari e politica economica”; non solo, per anni ha anche scritto sulla pubblicazione ufficiale del CFR, che si chiama Foreign Affairs. Ecco una traduzione di un suo articolo addirittura del 1978: “La crisi italiana – una prospettiva comunista”.
La politica del PCI al giorno d’oggi è basata sulla convinzione che l’Italia sia proprio nel mezzo di una crisi molto seria e che il movimento del lavoro debba fare tutto ciò che può per superarla. Se i lavoratori, le forze della sinistra e il Partito Comunista non metteranno davanti al resto le proprie proposte costruttive – di breve e medio termine – puntate a prevenire un deterioramento delle condizioni nelle quali l’Italia si agita oggi; se non si contribuirà con uno sforzo unitario di tutte le forze democratiche, la crisi arriverà al suo culmine, con risultati catastrofici per la democrazia italiana
Giorgio Napolitano continua a parlare, tentando di spiegare con dovizia di particolari la strategia successiva al fallimento del Compromesso Storico voluta dal segretario del PCI, Enrico Berlinguer. Napolitano scrive in luglio, Moro è morto a maggio e il PCI è completamente privo di prospettive; gli americani vogliono sapere che fine farà la politica italiana e chiedono al più spendibile degli esponenti del più corposo partito comunista del blocco occidentale. Napolitano descrive la situazione interna dell’Italia con particolare attenzione alle alleanze con la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista; affronta il problema della convertibilità del dollaro abbandonata nel 1971 e la conseguente crisi petrolifera del 1973; il calo della produzione industriale e il peculiare angolo di visuale dal quale va analizzato il lato italiano della crisi che già in quegli anni attanagliava il mondo, ben prima della bolla finanziaria di questi mesi.
PAROLE CHE RIMANGONO – Eccolo, l’uomo di punta del CFR e dunque di Kissinger e dunque del NWO, e infatti ha nominato Mario Monti presidente del Consiglio, e ora l’Italia non è più una democrazia, e hai visto in Grecia? E hai visto la Germania? E hai visto lo spread? E guarda, che sfacciati, l’ha anche detto chiaro e tondo.
Per fronteggiare le nuove, potenziali crisi che si affacciano all’orizzonte, ha aggiunto Napolitano, «si richiede un nuovo sforzo di coesione nazionale e un concreto impegno per garantire la pace anche al di fuori dei confini della stessa Europa e contribuire alla costruzione di un nuovo ordine mondiale». L’Italia deve fare la sua parte, deve contribuire a «garantire la sicurezza internazionale, prevenire e superare crisi e conflitti in aree vicine e lontane». Questa è «una responsabilità a cui non possiamo sottrarci, che come italiani e come europei non possiamo delegare ad altri».
Era il 2007, oggi è il 2011: ci hanno messo 5 anni ma piano piano ce l’hanno fatta.
L’UOMO CHE SI OPPOSE – Non conta che secondo uno dei più esperti studiosi della globalizzazione dell’economia, Will Banyan, tutte le azioni di Henry Kissinger, semmai, fossero pensate per arginare e fermare la deriva mondialista. Kissinger, secondo Banyan, è stato nient’altro che “un abile opportunista” molto bravo nello sfruttare tutte le occasioni che le sue frequentazioni – vero che era in buoni rapporti con Rockfeller – gli avrebbero fornito per elevarsi dallo stato sociale di partenza, visto che era figlio di “immigrati ebrei tedeschi” saldamente ancorati nella middle class. La storia della sua politica e delle sue scelte soprattutto in ambito militare è nota: certo è che tradì il suo patrono originario, appunto il Rockfeller mente occulta del complottismo mondiale, per appoggiare il candidato vincente del partito Repubblicano, appunto Nixon. E dire che per Rockfeller il solo pensare ad un Nixon presidente dava i brividi: “Non ci posso pensare”, diceva. La dottrina Kissinger dell’equilibrio del Potere nel mondo è esattamente opposta all’interventismo per l’esportazione del modello di vita americano che è il caposaldo della creazione del Nuovo Ordine Mondiale. Sostenere che i rapporti di Napolitano con un uomo che – pur criticato “criminale di guerra” – ha tentato, secondo un competente studioso, di rallentare il decorso di questo ipotetico complotto mondiale ponendosi in aperto contrasto con le dottrine che lo avrebbero favorito, dimostrerebbero la sua parte nel complotto, è quantomeno contraddittorio.
IL GOVERNO OMBRA – Per quanto riguarda il CFR, di cui Napolitano sarebbe “uomo di punta in Italia”, le accuse al think tank sono abbastanza originali.
Un membro del consiglio è diventato Presidente; dozzine di altri sono diventati ministri, membri del Congresso, Giudici della Corte Suprema, alti vertici militari, parte della Federal Reserve e in altro modo burocrati federali.
“Non è che influenzino il governo: essi sono il governo”. Sono “i governanti non eletti dell’America”, secondo un libro che vorrebbe dimostrarne la parte in causa del complotto. E questo nonostante il fatto che il Council si definisca “apartitico” ed indipendente; non solo, nonostante il fatto che nel 2004 il Council abbia organizzato una “tavola rotonda” sul New World Order, presieduta da uno dei più esperti docenti americani di politica internazionale: Michael Mandelbaum. Come un centro segreto di controllo del NWO possa avere idea di promuovere un seminario pubblico su sé stesso rimane un mistero; non diversamente meno il fatto che un paio di articoli su di una prestigiosa rivista americana, scritti con l’intenzione di spiegare l’Italia, abbiano fatto guadagnare a Giorgio Napolitano un cappuccio, un compasso e una parte in commedia nel Grande Complotto Mondiale. Come diventare da guardiano della democrazia a distruttore di essa in cinque mosse.