Il prete pedofilo che si faceva chiamare Imperatore
27/05/2011 di Tommaso Caldarelli
Don Ruggero Conti non potrebbe provare in nessun modo di essere vittima “di un complotto”: e dunque le accuse a suo carico sono certamente da confermarsi. Le vittime: “Ora i danni”
Don Ruggero Conti, il prete romano che si faceva chiamare “imperatore”, rimane in carcere, e questo si sapeva: ma col deposito delle motivazioni della sentenza il tribunale che lo ha condannato spiega con maggiore chiarezza che il quadro da lui usato come strategia difensiva non sta in piedi, perchè assolutamente non provato; e per contro che le testimonianze delle vittime sono certamente attendibili e da tenere nel massimo del conto possibile. Tutto vero insomma quello che i ragazzi stuprati dal sacerdote raccontano, e molto poco credibile quello che lui, il sacerdote, afferma.
LE MOTIVAZIONI – Una partecipazione emotiva quella che le vittime hanno dimostrato davanti alla giuria; talmente convincente che non sarebbe possibile credere che si siano inventate tutto, come invece afferma la difesa che vuole il sacerdote che avrebbe abusato di ragazzi e bambini durante le attività dell’oratorio e dei campi estivi per anni vittima di un complotto da alcuni parrocchiani invidiosi, in questo pensiero supportata la linea di difesa da parte di altri parrocchiani che hanno passato la gran parte del loro tempo a difendere il sacerdote.
Il tribunale che lo ha giudicato e’ rimasto colpito “dalla immediata, diretta, coerente, sincera e partecipata narrazione compiuta in dibattimento, oralmente, dalle vittime, dando la possibilita’ al tribunale medesimo di valutare il loro atteggiamento emozionale, indicativo di una sincerita’, sofferta e partecipata, mostrato al suo cospetto”. La tesi del complotto – ha spiegato il collegio giudicante della sesta sezione penale che ha motivato la condanna emessa il 3 marzo scorso – “e’ rimasta indimostrata: molte delle vittime e dei giovani parrocchiani hanno dichiarato addirittura di non conoscersi fra di loro e qualcuno non ha neppure mai avuto contatti con don Brichetto” (…)
Come dicevamo ciò che ha convinto i giudici è la narrazione concordante e coincidente di vittime che nemmeno si conoscevano.
Cio’ che, pero’, ha portato alla condanna del sacerdote deriva dalla “credibilita’ delle persone offese, dall’escussione di testi di Legnano (dove aveva lavorato don Ruggero Conti prima di arrivare nella capitale, ndr), lontani sotto il profilo probatorio dallo spazio e dal tempo in cui vennero commessi gli abusi per i quali si e’ celebrato il giudizio, dall’identita’ delle modalita’ attraverso le quali quelle condotte vennero a perfezionarsi a Legnano e a Roma, dalla personalia’ dell’imputato abbondantemente delineata dai testi introdotti da accusa e difesa, giudicata compatibile, nei suoi tratti caratterizzanti, con la concreta, continuata, annosa ripetizione di quelle condotte nel lunghissimo lasso temporale coperto dalla compiuta istruttoria dibattimentale”.
Le vittime hanno dunque descritto un modus operandi del sacerdote identico; identiche le modalità d’approccio ai bambini, con visioni notturne di film nella casa del parroco; e reiterato nelle varie sedi pastorali nelle quali si è trovato ad operare.
ORA I DANNI! – Secondo gli avvocati delle parti civili, dunque, questa sentenza sarà ampiamente sufficiente a citare in giudizio l’autorità ecclesiastica, perché paghi per le omissioni e per aver coperto una persona che certo non poteva essere difesa.
‘Citeremo in giudizio sia il Vaticano che la diocesi di Santa Rufina, che era a perfetta conoscenza dei fatti già dal 2006 e non ha fatto nulla. Siamo pronti a chiedere un risarcimento per i danni di 5 milioni di euro’. E’ quanto afferma l’avvocato Fabrizio Gallo, difensore di una vittima di abusi da parte di Don Ruggero Conti, commentando le motivazioni della sentenza con cui l’ex parroco e’ stato condannato in primo grado a 15 anni e 4 mesi di reclusione.
Per il penalista dalla Chiesa ‘sono arrivate solo belle parole’. ‘Di fronte ad un prete – prosegue – che ha ripetutamente violentato minori di 14 anni, non ha fatto alcun gesto per chiedere scusa ai ragazzi e stargli vicino. Nel processo sembravano loro alla sbarra, sembravano loro gli imputati: ora vogliamo giustizia’.
Una vicenda giudiziale che ora di certo proseguirà con gli altri gradi di giudizio sul merito mentre si potrebbe distaccare il processo-costola sui danni da richiedere al Vaticano. E’ la giustizia che richiedono le vittime e che forse potrebbe arrivare anche sottoforma di sostanzioso risarcimento.