Il Tigullio e la scissione da Genova città metropolitana

10/04/2014 di Maghdi Abo Abia

IL REFERENDUM DI COGOLETO – Poi ci sono quelli che sono bloccati dalla burocrazia. Parliamo del comune di Cogoleto. Secondo quanto ripreso dal Secolo XIX, il comune della località ligure, i cui cittadini si stanno organizzando per raccogliere le firme con l’intenzione di arrivate ad una consultazione popolare, manca un regolamento sulle consultazioni referendarie. E questo rappresenta un problema per chi, come Alessandro Caruso, uno dei promotori dell’iniziativa, appaiono perplessi per una potenziale scarsa rappresentatività che avrebbe un comune come Cogoleto nella città metropolitana:

Non vogliamo che aderendo al progetto tutte le decisioni ci piovano dall’alto, per questo vorremmo sensibilizzare l’amministrazione al fine di stilare il regolamento per i referendum. Così la popolazione si potrà esprimere liberamente

IL PROBLEMA DELLE NOMINE – Ezio Chiesa, ripreso da Levante News, spiega che secondo la normativa approvata il sindaco della futura città metropolitana sarà votato direttamente dai cittadini. I consiglieri invece saranno eletti dai comuni della città metropolitana. Quindi si avrebbe un organismo votato con due modalità diverse, di primo grado per il sindaco, di secondo grado per i consiglieri. Roberto Pisani, responsabile Enti Locali Tigullio e Golfo Paradiso, del Nuovo Psi, ha rivolto una sua valutazione a Levante News spiegando che il progetto ha evidenti problemi da riordinare. Il riordino delle province prevede la nascita di un Consiglio Metropolitano con potere d’indirizzo ed approvazione composto da 18 consiglieri per Genova mentre altri 18 saranno i nominati. Ma qui non si capisce quale sia il coefficiente numerico proporzionale della popolazione.

Il Tigullio e la scissione da Genova città metropolitana

IL FONDO EUROPEO DI SVILUPPO REGIONALE – In tutto questo c’è il nodo dei finanziamenti europei. Come ricorda Milano Città Metropolitana, il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale 2014-2020 prevede che il cinque per cento delle risorse Fesr assegnate a livello regionale siano destinate ad azioni integrate per lo sviluppo urbano sostenibile «delegate alle città per essere gestite per mezzo degli investimenti territoriali». Il budget complessivo a disposizione è di 55,4 miliardi di euro e nella proposta si prevede, all’articolo 7, che ciascuno stato indichi una lista di città in cui devono essere realizzate le azioni integrate per lo sviluppo urbano, per un massimo di 20. E questo porta i sostenitori della città metropolitana a ricordare che la pioggia d’investimenti potrebbe soddisfare tutti gli attori in gioco.

IL CONFRONTO IMPIETOSO CON L’EUROPA – Per questo scegliere di tagliare la costituenda città metropolitana di Genova sarebbe un errore perché si verrebbero a perdere interessanti opportunità d’investimento specie in aree sensibili che necessitano di un sostegno economico al momento carente. Ma La Stampa contrasta questa lettura indicando quelli che sono i problemi delle costituende città metropolitane. Secondo il Censis il nuovo ente non trova riscontri in Europa e l’idea di creare 20 città metropolitane non trova corrispondenze con i nostri vicini di casa. In Regno Unito, Germania, Francia, Spagna, Olanda e Austria i governi metropolitani speciali sono dieci. In Italia invece si moltiplicano nella speranza di cogliere i fondi strutturali europei. E le nuove entità non vedono l’ora di acchiapparle.

Il Tigullio e la scissione da Genova città metropolitana

COSA SCEGLIERE? – E qui si apre l’annoso problema. Quale semplificazione si può avere se un provvedimento studiato per annullare le province crea in realtà un moloch che non sarebbe in grado di gestire le esigenze di un territorio variegato? A questo punto si pensa di superare il provvedimento studiando una nuova provincia che raddoppierebbe quella in essere, perché avremmo città metropolitana di Genova e area vasta del Tigullio (per non dire provincia). E se la prima otterrà finanziamenti europei, la seconda avrà bisogno di contributi extra per completare le infrastrutture. Prendiamo ad esempio i lavori per il terzo valico. Un altro esempio di come le riforme possano complicare una situazione già difficile con la nascita di altre entità che raddoppiano le precedenti.

 

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