In Sud Sudan il golpe è del presidente

21/02/2014 di Mazzetta

SSUDAN-UNREST-JUBA

IL PERICOLOSO KIIR – Un conflitto politico che molti hanno voluto leggere attraverso le lenti della frattura etnica, ma gli sviluppi successivi si sono incaricati di questa lettura di comodo, tipica dei conflitti africani. Lunedì il governo Sud-sudanese ha ammesso defezioni di massa nell’esercito e invocato l’aiuto internazionale per riempire i vuoti. E per riempire i vuoti lo stesso governo ha ammesso, per bocca del ministro delle finanze Kuol Manyang Juuk, di finanziare il contingente ugandese. Contingente che in teoria si trovava nel paese per assistere il novello stato nella caccia a Joseph Kony, un signore della guerra ugandese in disarmo che sembra l’unico pericolo contro il quale la comunità internazionale (Stati Uniti e vassalli africani) abbia trovato comunione d’intenti. Lo speaker del governo in parlamento, Tulio Odongi, ha detto in aula che il 70% dei militari è passato con Machar e che anche la polizia sta facendo lo stesso. Un dato che fa stracci di qualsiasi tentativo di qualificare il conflitto come etnico o settario e che spiega perché il governo paghi gli ugandesi per difendersi sperando di trovare di meglio con il tempo, anche se la pubblica chiamata alle armi non ha ottenuto alcun risultato evidente.

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UNA SITUAZIONE COMPLESSA  – Il portavoce di Machar, James Gatdet Dak, ha confermato e detto d’attendersi altre defezioni nei prossimi giorni e che il motivo sarebbe che militari e poliziotti hanno concluso che sia stato Kiir a istigare la violenza a tradimento. Una sentenza di morte per il suo governo e una notizia sgradita per i suoi sponsor, su tutti gli ugandesi che ora rischiano di trovarsi in una situazione spiacevolissima. La situazione peggiore resta quella dei civili, che nelle città contese dalle due fazioni sono rimasti vittima della violenza dei combattimenti e della brutalità dei combattenti. A Bor, capitale dello stato di Jonglei, una città che ha cambiato di mano più volte, si sono contate circa 2.000 vittime, che non possono essere seppellite perché in città non è rimasto nessuno. Arriva nei pressi del milione il numero di persone sfollate e in fuga dalla guerra, un numero enorme in un paese nel quale circa un terzo degli abitanti è assistita e nutrita da organizzazioni internazionali che in caso di conflitto non possono raggiungere chi ha bisogno. Situazione aggravata dall’assenza di strade e dall’incombere della stagione umida, che promette l’allagamento di vaste aree del paese.

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