Cosa sappiamo sull’ingegnere dell’Eni trovato morto dopo che aveva denunciato fuoriuscite di greggio dal COVA di Viggiano
02/11/2017 di Gianmichele Laino
Si chiamava Giancarlo Griffa ed è stato ritrovato morto nell’agosto del 2013. Era un giovane ingegnere dell’Eni di 38 anni, originario di Montà d’Alba in provincia di Cuneo, che era stato responsabile del Centro Oli di Viggiano, in cui viene lavorato il greggio proveniente dal più grande impianto petrolifero su terra ferma d’Europa. Quattro giorni prima della sua scomparsa, era stato convocato nella sede milanese dell’Eni. Qualche tempo prima di morire, avrebbe inviato ai carabinieri della compagnia di Viggiano e agli ispettori di polizia mineraria (Unmig) del ministero dello Sviluppo economico una lettera in cui denunciava sversamenti di sostanze tossiche nel sottosuolo.
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INGEGNERE ENI, LA SUA LETTERA TESTAMENTO SULL’INQUINAMENTO IN VAL D’AGRI A PARTIRE DAL 2012
Secondo quanto riportato dal Quotidiano della Basilicata e dalla Nuova del Sud, la lettera sarebbe al vaglio dei magistrati di Potenza che stanno indagando sulle attività dell’Eni in Basilicata. Nel 2017, la compagnia petrolifera ha ammesso lo sversamento di 400 tonnellate di greggio tra l’agosto e il novembre del 2016 e ciò ha comportato la chiusura dell’impianto fino al luglio del 2017. Ma se i contenuti della lettera scritta dall’ingegner Griffa dovessero essere veri, l’Eni sarebbe stata a conoscenza delle falle nel Centro Oli già da cinque anni a questa parte.
Per questo motivo – in base a quanto trapelato – Griffa, che conosceva molto bene l’impianto della Val d’Agri, aveva manifestato la sua preoccupazione. Nella lettera si parlava di serbatoi corrosi, dai quali sarebbero fuoriuscite perdite di greggio molto gravi. In quanto responsabile del centro, Griffa sarebbe stato indicato come responsabile del disastro ambientale, se queste cose fossero trapelate. Per questo aveva cercato di far ragionare l’azienda, chiedendo la sospensione delle attività.
L’INGEGNERE ENI SAREBBE STATO COSTRETTO AL SILENZIO
Secondo quanto riportato nella lettera, invece, l’Eni lo avrebbe costretto al silenzio. Nel testo ci sarebbe anche un riferimento alla riduzione della portata dell’impianto di Viggiano sotto la guida di Griffa. Ma in sua assenza, le attività del centro sarebbero tornate nuovamente al regime iniziale. Si parla, poi, di un periodo di ferie forzate disposte dall’azienda per lo stesso Griffa (la circostanza, però, è tutta da verificare) e di una convocazione nella sede Eni di Milano. Arrivata, appunto, quattro giorni prima della sua scomparsa.
INGEGNERE ENI, LA SUA SCOMPARSA E IL RITROVAMENTO DEL CORPO
A Montà d’Alba, paesino di 4mila anime, tutti ricordano la circostanza sospetta di una morte che fece scalpore. L’ingegnere era uscito per una escursione nei boschi – a quanto pare non era nuovo a questo tipo di gite – e non era più rientrato in casa. In un primo tempo, si era pensato a un incidente, dovuto alle difficoltà morfologiche del luogo. Poi, le ricerche che hanno coinvolto forze dell’ordine e associazioni di volontari del posto hanno svelato la tragica verità. Circa quindici giorni dopo la sua scomparsa, infatti, allertati da un agricoltore che avvertiva nella zona un cattivo odore, i soccorritori hanno ritrovato il corpo ai piedi di un traliccio dell’alta tensione. L’ingegnere si era tolto la vita.
INGEGNERE ENI, LA FAMIGLIA: «CHIEDETE AI MAGISTRATI LA VERITÀ»
La famiglia di Griffa, contattata da Giornalettismo, chiede riserbo e rispetto per la memoria dell’ingegnere 38enne. «Noi sappiamo solo che nostro figlio non c’è più – ci dice secca la madre -. Andate a chiedere ai magistrati quello che sanno: sono loro che hanno in mano le carte. Lasciateci in pace». C’è tutto il dolore e la rabbia di chi ha perso un proprio caro.
Le tempistiche del gesto, però, sono piuttosto sospette. Perché mettere in atto un proposito così estremo proprio in quel preciso momento storico? Aveva avuto qualche importanza nella decisione quel colloquio di Griffa a Milano? Certo è che la lettera di denuncia al vaglio degli inquirenti, che suona come una sorta di testamento, pone il fatto di cronaca sotto una luce completamente diversa. In paese, all’epoca dei fatti, circolava già qualche voce su una morte che era subito sembrata strana. Oggi, a distanza di cinque anni, questo nuovo mistero getta più di un’ombra sulla già chiacchierata attività estrattiva dell’Eni in Basilicata.