Sono gli italiani i veri migranti: un milione e mezzo via dal Paese dall’inizio della crisi
13/11/2017 di Gianmichele Laino
Ci sono 5,4 milioni di italiani che vivono all’estero. Un milione e mezzo di questi è fuggito dal nostro Paese dal 2008 in poi, da quando cioè è iniziata la più feroce crisi economica da cent’anni a questa parte. Sono dati pubblicati sul Financial Times, in un articolo di Valentina Romei in cui si mette in evidenza come, nonostante i segnali di ripresa dell’economia italiana, il nostro Paese non riesca più a essere una sorta di attrattore per i propri cittadini.
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ITALIANI FUGA, I NUMERI DI UNA EMIGRAZIONE
Che, quindi, scappano all’estero. E vanno a formare delle vere e proprie colonie in altri Stati del mondo. Il fatto che 5,4 milioni di italiani vivano fuori dalla penisola, significa che il nostro Paese ha perso (definitivamente?) il 10% della sua popolazione. E che questo dato è cresciuto del 3,5% soltanto nell’ultimo anno. Non solo: ad andarsene via sono anche gli stranieri che, in passato, avevano scelto l’Italia come terra per emigrare. Secondo il quotidiano economico, infatti, sono 45mila i non italiani che hanno lasciato il nostro Paese nel 2015, più del triplo rispetto al 2007.
A peggiorare ulteriormente il quadro c’è il fatto che diversi nostri connazionali si fanno registrare come «residenti all’estero» per non perdere alcuni benefici di cui possono godere nel nostro Paese (come, ad esempio, le coperture sanitarie). Una situazione paradossale, che contribuisce a far innalzare tantissimo l’età media dei cittadini italiani, a far invecchiare la forza lavoro, con conseguenze evidenti sull’età pensionabile e sul destino di chi – invece – ha scelto di continuare a vivere in Italia.
ITALIANI FUGA, LE CAUSE
La popolazione d’età compresa tra i 18 e i 44 anni è scesa del 6% negli ultimi anni, mentre i lavoratori italiani in Gran Bretagna compresi in questa stessa fascia d’età sono il 90%. Una condizione che viene fotografata così dal ricercatore Guido Tintori: «I laureati italiani sono sottopagati e sotto impiegati, frustrati dalla società e dalle richieste del mercato del lavoro. Il fatto che la disoccupazione giovanile sia al 35% è un dato preoccupante che è cambiato poco negli ultimi anni». E che, a dispetto dell’aumento del Pil, non dà affatto speranza.