Il dilemma dell’Italicum
20/06/2016 di Marco Esposito
L’Italicum è sotto osservazione. In realtà, già lo era. Era visto con sospetto da molti, sia all’interno del Partito Democratico, sia da parte di molti esponenti di altri partiti. Sia per il famoso “combinato disposto” con la riforma costituzionale, sia per lil metodo di elezione dei deputati, che in alcuni casi non sono oggetto di una scelta da parte dell’elettore.
Matteo Renzi ha subito puntato sull’Italicum. E lo ha fatto per un motivo preciso. Il centrosinistra, negli ultimi 20 anni, anche quando aveva vinto le elezioni come nel 2006, non era poi riuscito a governare, proprio perché la coalizione raccoglieva una miriade di (piccoli) partiti. Per questo Renzi ha puntato su un sistema che permettesse al PD sostanzialmente di governare senza dover fare alleanze con quei partititi che una volta venivano definiti «cespugli».
Oggi, dopo la batosta alle elezioni comunali del 2016, l’Italicum torna sul banco degli imputati. Le elezioni di Roma, Torino e anche quelle di Parma nel 2012, hanno dimostrato chiaramente che in un ipotetico ballottaggio tra M5S e Pd, gli elettori di destra non hanno alcun dubbio nel puntare sui candidati pentastellati. Il tutto a prescindere dalle indicazioni dei leader del centrodestra stesso. Questi elettori hanno dimostrato che in un era post- ideologica il “voto contro” – in questo caso contro la sinistra – non solo resiste, ma è una realtà con la quale è ancora necessario fare i conti.
Matteo Renzi, in uno schema del genere, a due turni, è evidentemente più fragile. Perché a quel punto non è più importante quanto tu sia in grado di aggregare (magari anche un bel 35% al primo turno), ma quanto gli altri possono sommare – anche senza alleanze ufficiali – in un secondo turno in cui il “voto contro” la fa da padrone. Non è certo un caso se Silvio Berlusconi ha sempre detto “no” a leggi elettorali a doppio turno, cioè a legge elettorali in grado di sommare i voti a lui ostili.
Ora saranno in molti a consigliare a Renzi di andare contro la propria natura: ovvero di cambiare l’attuale legge elettorale per sostituirla con una che preveda un solo turno o che magari contempli gli apparentamenti prima del ballottaggio (cosa che peraltro non cambiare di fatto il voto degli italiani).
Insomma, il dilemma dell’Italicum è presto spiegato: continuare a puntare su questa legge elettorale, che permette una piena governabilità, così come la predilige Matteo Renzi, ma con il grosso rischio di perdere in un eventuale ballottaggio contro il M5S, oppure cambiare la legge elettorale, per evitare la sconfitta in un doppio turno contro i pentastellati, ma sacrificando la governabilità per un eventuale governo di coalizione dalle mille mediazioni.
E il Movimento 5 stelle? I grillini sanno benissimo che la legge costruita dal loro avversario è per loro la miglior legge possibile.