Jovanka Broz e l’addio finale alla Jugoslavia di Tito

28/10/2013 di Mazzetta

YUGOSLAVIA-TITO

IL LUNGO ISOLAMENTO – Viene messa agli arresti, mentre a Tito è proposta Gertruda Munitic, un’altra cantante d’opera. Il maresciallo se ne appassiona e cerca di tenere la cosa segreta, ma gli stessi si curano di dare pubblicità alla relazione fino a che non arriva sui rotocalchi e così anche alle orecchie di Jovanka. Tito morirà nel 1980, prima di morire dispone che a Jovanka siano riconosciuti tutti i diritti e i benefici che spettano alla moglie di un presidente. Ma alla sua morte non andrà così, Jovanka è messa ai domiciliari a Belgrado e tutti i suoi diritti sono revocati, tutte le sue proprietà sequestrate. Non le sarà riconosciuta la pensione di Tito, che ufficialmente non prendeva stipendio, ma nemmeno quella di capitano dell’esercito e nemmeno i diritti riconosciuti agli eroi e ai decorati della seconda guerra mondiale. Scrive nel 1985 all’Assemblea Federale Jugoslava:

“Hanno frugato tra le mie cose per 11 ore, tanto per cominciare. Ero sola quando arrivarono in quanto tutto il personale fu mandato via. Quando iniziarono a rompere la porta di casa chiamai mia sorella chiedendole di venire. Ero circondata da 10 uomini sconosciuti e ho avuto paura. Ho avuto paura per la mia vita. Mentre uscivamo, un uomo di nome Nikolić si avvicinò a me e minacciò mia sorella dicendole che sarebbe stata uccisa se avesse parlato di ciò che aveva visto”.

I RICONOSCIMENTI TARDIVI – Non servirà. Non riceverà documenti d’identità e neppure una pensione fino al 2009, quando finalmente per decisione di Ivica Dacic, l’attuale premier che in quel momento era ministro degli Interni, ha ottenuto un documento d’identità ed anche una magra pensione. Vittima prima delle aspirazione di chi voleva prendere il posto di Tito e poi di quanti avevano ogni interesse a evitarne il ricordo, la donna ha vissuto quasi nel silenzio da allora, limitandosi nel tempo a descrivere la sua storia in un’intervista e in una lettera. Da qualche mese sopravviveva solo grazie ad un respiratore artificiale e la sua morte ha sicuramente toccato molti, anche la di fuori della Serbia. La seppelliranno nel mausoleo di Tito, che fa parte del complesso monumentale del Museo della storia jugoslava, creato nel 1996 e che è stato concepito appunto come memoriale e non come tomba di famiglia, troveranno una soluzione, in fondo rimane un ben magro risarcimento per una donna costretta a vivere nell’isolamento e nella miseria per oltre quarant’anni, molti dei quali avrebbe potuto risparmiarsi se solo avesse voluto dar fondo alle sue memorie.

 

 

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