La lezione della Exxon-Valdez

25/03/2014 di Mazzetta

 cordova

DOPO L’INCIDENTE – In seguito al disastro gli Stati Uniti hanno approvato una legge che consente la navigazione nei propri mari soltanto alle petroliere fornite di doppio scafo. Alla Exxon Valdez invece fu  fatto per sempre esplicito divieto di entrare nelle acque dell’Alaska, il che non le impedì di navigare altrove, anche nei pressi delle nostre coste. Trecento metri di lunghezza, trentamila tonnellate di stazza e la capacità di trasportare duecentomila tonnellate di petroliera Exxon Valdez era stata costruita appositamente per  essere destinata al trasporto del petrolio dal terminal dell’oleodotto del consorzio Alyeska situato a Valdez, in Alaska.

LE SCOPERTE SUCCESSIVE – Dall’incidente sono state tratte anche altre lezioni, in particolare dal punto di vista scientifico, perché le risorse e le professionalità investite nel controllo delle conseguenze ambientali hanno permesso per la prima volta di osservare l’evolvere dell’ecosistema marino, scoprendo che i danni da sversamenti di petrolio sono molto più persistenti e gravi di quanto ipotizzato dagli scienziati in precedenza. La National Oceanic and Atmospheric Administration ha censito ed esaminato la popolazione  di diverse specie negli anni e ha potuto verificare che le conseguenze non si fermano ai primi segni di ripresa delle popolazioni animali, perché l’inquinamento porta conseguenze sul lungo periodo che interessano alcune specie per generazioni e possono condurre a morie improvvise anche a distanza di anni.

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I DANNI ALL’ECOSISTEMA – Le aringhe, le orche, le foche, le anatre e altri animali hanno continuato a subire gli effetti dell’inquinamento anche a distanza di anni dall’incidente, tanto che soffrono ancora oggi. Effetti dovuti in particolare all’azione dei composti policiclici aromatici (polycyclic aromatic hydrocarbon – PAH), che risultano persistenti e particolarmente dannosi, al punto che una modestissima esposizione può portare alla malformazione degli embrioni o addirittura all’emergere di una popolazione dotata di cuori con prestazioni ridotte, come dei tonni, perché la presenza di queste sostanze affievolisce i segnali elettrici che fanno funzionare il muscolo cardiaco, che quindi offre prestazioni ridotte, penalizzando le prestazioni fisiche degli animali e riducendo la loro speranza di sopravvivenza. Un danno cronico che attraversa le generazioni, ma ci sono anche i danni provocati dal continuo apporto del  petrolio depositato sui fondali e tra le rocce, che dalle conchiglie dei molluschi sale la catena alimentare fino alle specie più evolute e s’accumula procurando danni anche agli animali più grandi, sani e robusti. E i PAH prima dell’incidente non erano neppure considerati tossici per la vita acquatica, invece si è dimostrato che anche quando la loro presenza è invisibile all’occhio umano possono fare strage d’intere generazioni marine.

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