La lunga storia della moschea di Milano

03/04/2014 di Maghdi Abo Abia

IL PARERE DELLE ALTRE ASSOCIAZIONI – Inoltre la posizione del Comune di Milano ha trovato l’appoggio di altre associazioni islamiche lontane dal Caim per questioni politiche. Nonostante il coordinatore Davide Piccardo abbia escluso qualsiasi coinvolgimento su fatti extrareligiosi

Il Caim non ha mai preso posizione su temi di politica internazionale. Mai.

sono in molti a vedere nella loro azione una certa vicinanza con i Fratelli Musulmani. Yahya Pallavicini, presidente della Coreis, comunità dell’Islam italiano dalla forte componente Sufi, ha detto in maniera chiara che

Il Caim rappresenta soltanto se stesso, non ha nulla da dire alla comunità islamica milanese. Non si tratta di fare la voce grossa per ottenere un degno luogo di preghiera. Cerchiamo di avere una visione dell’islam armoniosamente integrato nella visione della Milano di oggi

Per questo la Pallavicini pensa ad un adeguamento di spazi esistenti. Asfa Mahmoud, portavoce della Casa della Cultura islamica di Via Padova 144, non ha aderito a sua volta alla proposta del Caim in quanto nel coordinamento è presente la moschea di Cascina Gobba, con la quale c’è una disputa legale ed economica da anni:

«Non facciamo parte del Caim, non siamo nemmeno stati avvisati della campagna pubblicitaria. Noi siamo in buoni rapporti con la giunta di Giuliano Pisapia, ma il Comune deve scegliere se vuole parlare con noi o con altri interlocutori. Io da dieci anni lotto per convincere il Comune a dire chiaramente quale strada prendere. Servirebbe una consulta cittadina per ascoltare tutte le voci. Siamo rimasti delusi da tutte le amministrazioni precedenti, che non ci hanno mai dato veramente ascolto. Ma anche oggi c’è molto da fare per risolvere i problemi aperti»

CAIM AFFILIATO AI FRATELLI MUSULMANI? – Segno che il problema è ben più complesso di quanto non si possa credere. Yallaitalia, blog curato da ragazzi italiani di seconda generazione araba, ha affrontato la storia del Caim manifestando vicinanze con i Fratelli Musulmani spiegando che il responsabile delle relazioni interne del gruppo è il fondatore del Comitato libertà e democrazia per l’Egitto. Ma questo può anche non significare nulla. Del resto il Caim è a favore della protesta contro il colpo di stato militare che ha portato alla destituzione dell’ormai ex Presidente Mohamed Morsi. L’intellettuale dissidente aggiunge che il direttivo Caim è apparso in varie manifestazioni a sostegno di Morsi. Certo, ognuno ha la libertà di esprimere il proprio pensiero ma, viene fatto notare, quando si ricopre una carica importante in un panorama frammentato come quello delle comunità islamiche milanesi, forse è meglio evitare tale esposizione.

CHI FINANZIA IL PROGETTO? – Peraltro, sempre a proposito di Caim, il progetto da 10 milioni di euro dovrebbe vivere grazie al sostegno di 100.000 donatori. Ma, come riportato da Repubblica lo scorso 29 gennaio, Piccardo aveva dichiarato che

Ci muoviamo alla luce del sole, il contribuente italiano non spenderà un centesimo. Abbiamo indicato al Comune quali sono gli imprenditori italiani e le fondazioni straniere del Golfo Persico che metteranno a disposizione i finanziamenti necessari

E qui entra in gioco un altro fattore fondamentale, ovvero quello dei finanziamenti esterni da parte di fondazioni straniere del Golfo Persico. Un’affermazione contraddetta sempre da Piccardo e ripresa ancora da Repubblica lo scorso primo aprile:

Noi siamo aperti al dialogo, pronti a discutere col Comune il progetto presentato, sul quale non pensiamo sia giusto avere ingerenze straniere, visto che noi siamo cittadini italiani

LA MOSCHEA SARÀ DI TUTTI – E qui entra in gioco un nuovo attore. Anzi, due nuovi attori visto che si parla di Giordania e Marocco. Ma prima di affrontare la questione è giusto riprendere le parole di Andrea Fanzago, consigliere comunale di Milano, ripreso da Affaritaliani, che ha confermato la nascita di una moschea o di un centro culturale in città entro il 2015 negando che in futuro il Caim possa avere una moschea:

Si è voluto alzare dal tavolo delle trattative, quindi se parliamo di una moschea per il Caim, la risposta dell’amministrazione è no. Non rappresenta tutte le realtà islamiche di Milano

Musulmani in preghiera al Palasharp
Musulmani in preghiera al Palasharp

IL BANDO DEL COMUNE – Benaissa Bounegab, direttore della Casa della cultura islamica, ha dichiarato che i soldi per l’erigenda moschea arriveranno da una monarchia. E qui entrano in gioco Giordania e Marocco. Il Comune di Milano il primo aprile ha pubblicato un bando relativo alla partenza delle consultazioni con le comunità e le associazioni musulmane con l’obiettivo di pianificare un centro di cultura islamica senza costi per Palazzo Marino, che dal canto suo identifica alcuni capisaldi da rispettare:

Il diritto di culto va garantito, gli interventi non devono prevedere l’impiego di risorse del Comune, vanno ipotizzate soluzioni presenti anche in aree private e va sollecitata la massima unità all’interno di un mondo, quello islamico per l’appunto, che spesso si è presentato diviso e frammentato.

L’obiettivo è chiaro. Si vuole dare un luogo di culto ai musulmani ma senza favorire nessuno. La comunità dev’essere unita e non si devono accettare divisioni politiche o culturali che possano scalfire l’unione d’intenti.

CI SONO ANCHE MAROCCHINI, BENGALESI E SENEGALESI – Come riporta Tempi, la situazione attuale è piuttosto confusa. Il Caim non ha mai spiegato quali saranno i paesi finanziatori, non ha ancora presentato un progetto e non ha indicato chi gestirebbe la moschea. Il Corriere della Sera aveva pubblicato una lettera di alcune donne musulmane che chiedevano trasparenza sul progetto Caim. Abdeljabbar Moukrim, un portavoce della comunità marocchina, ha aggiunto che sono fuori dal coordinamento le tre moschee gestite dalla comunità marocchina, quella della comunità bengalese e quella della comunità senegalese, oltre a quella di via Padova -di cui abbiamo già parlato- ed a quella di via Quaranta. Per questo motivo il Comune cerca una soluzione che sia il più possibile neutra. Ed ecco che in soccorso della Giunta Pisapia arrivano Marocco e Giordania che escluderebbe la nascita di potentati.

La lunga storia della moschea di Milano

LA CHIESA È D’ACCORDO – I due Paesi avrebbero individuato un’area privata nei pressi di Viale Certosa ed il loro interesse garantirebbe la sicurezza di una religione non politicizzata che apra le sue porte ai fedeli desiderosi di poter allacciare il proprio rapporto con la fede in un contesto chiaro, aperto, alla luce del sole, per avvicinarsi al divino. Inoltre verrebbe garantita una gestione trasparente e chiara dello spazio e delle attività, a tutto vantaggio dei fedeli. Una posizione, questa, vicina a quella della Chiesa milanese che, come scrive Il Giornale, apre ad un luogo di culto musulmano a patto che come partner ci sia

un’istituzione islamica internazionale alla quale potranno affiancarsi le organizzazioni musulmani territoriali

IL VALORE DI UN LUOGO DI CULTO DEGNO PER TUTTI – In tutto questo si capisce a cosa serva una moschea a Milano. Il capoluogo finanziario del Paese ormai conta tra i suoi abitanti migliaia di fedeli musulmani e con l’arrivo di Expo non si può accettare che l’islam possa essere praticato in cantine ed aree nascoste la cui gestione potrebbe rivelarsi opaca. Ci vuole uno spazio di preghiera ufficiale ed aperto a tutti, cittadini, turisti e uomini d’affari, accomunati dalla fede musulmana. Altrimenti il rischio è quello di tornare all’esperienza di Via Maderna, con un luogo di culto eretto di nascosto che non ha fatto altro che esacerbare gli animi tra residenti e fedeli.

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