La mappa di mafia, camorra e ‘ndrangheta

25/07/2013 di Donato De Sena

 

NAPOLI/1 – Come le altre grandi organizzazioni criminali italiane, anche la camorra campana è saldamente radicata nel tessuto sociale. Ma l’universo camorristico presenta scenari che la Dia definisce “convulsi” e “magmatici”, che disegnano un “sistema che spazia da modelli primari, nel caso di compagini che operano territorialmente dedicandosi prevalentemente alle attività predatorie, sino a forme evolute, quelle riferibili alle organizzazioni più complesse, in grado di disporre di ingenti risorse, imporre il predominio territoriale e, soprattutto, imbastire un tessuto relazionale con settori significativi in ambito sociale, politico ed imprenditoriale”. Nei quartieri centrali e borghesi della città di Napoli, San Ferdinando, Chiaia e Posillipo, si concentra soprattutto il racket delle estorsioni nei confronti di commercianti, spaccio e conseguente reimpiego di capitali. A Posillipo è attivo il clan Calone. A Mergellina e Torretta le famiglie Piccirillo e Frizziero. Sul versante del Pallonetto di Santa Lucia il clan Elia, in sinergia con i sodalizi Mariano e Pesce dei quartieri spagnoli e con i referenti del clan Mazzarella. A Montecalvario opera il clan Mariano, favorito rispetto ad altri gruppi dall’alleanza stretta con gli Elia, con la famiglia Lepre, originaria dell’Avvocata, e un gruppo capeggiato da un soggetto appartenente al clan Pesce. Nei quartieri Vicaria, San Lorenzo, Mercato e Poggioreale, compreso il quartiere che ingloba i rioni Forcella, Duchesca e Maddalena la leadership è esercitata dal clan Mazzarella, che detiene il controllo delle estorsioni e sviluppa grandi traffici di merci contraffatte e droga. I Mazzarella sono supportati dal clan Caldarelli e dal gruppo Mauro, della zona Case nuove, e dalla famiglia Casella di Poggioreale. Nel quartiere Porto e nella zona di Rua Catalana, sfruttando le defezoni degli elementi di spicco del clan Prinno, opera il gruppo Trongone. Al Rione Sanità e in gran parte del quartiere Stella, dopo la disarticolazione giudiziaria subita dal clan Misso e dal gruppo Torino, si sono integrati sul territorio alcuni affiliati al clan Lo Russo di Miano e un gruppo autoctono legato alle famiglie Vastarella e Tolomelli. Nel quartiere San Carlo Arena e nelle zone Doganella, Vasto, Arenaccia e Ferrovia si rivela invece la presenza del potente clan Contini, che si oppone agli acerrimi nemici della famiglia Mazzarella. La relazione su attività e risultati della Dia precisa che l’organizzazione del gruppo Contini è dotata di una enorme robustezza finanziaria, reggiunta, negli anni, riciclando e reimpiegando il denaro del traffico di stupefacenti e del racket dell’usura e delle estorsioni ai commercianti, compiute anche fuori dalla Campania.

NAPOLI/2 – Per quanto riguarda la zona collinare di Napoli il dominio criminale riguarda il clan Caiazzo nel Rione Alto, o “parte alta del Vomero”, e del clan Cimmino all’Arenella, “parte bassa del Vomero”. In quest’area intervengono anche referenti del clan Polverino di Marano di Napoli, portatori di interessi criminosi legati al traffico di stupefacenti, al racket delle forniture di calcestruzzo e perfino di generi alimentari, riuscendo, in quest’ultimo ambito, a consolidare un regime monopolistico della produzione e, in certi casi, anche della distribuzione in varie zone della provincia.

NAPOLI/3 – Lo smantellamento del clan Sarno ha creato un vuoto di potere nella zona orientale della città. A Ponticelli – spiega ancora la relazione del Viminale sull’operato della Dia nel 2012 – è stata registrata una ridotta efficienza del gruppo Esposito, la disarticolazione del cartello PerrellaCiceroneErcolaniDe Martino, la presenza di alcuni esponenti del clan Cuccaro, del quartiere di Barra, attivi nel mercato della droga, l’operatività dei fiancheggiatori del sodalizio criminale De LucaBossa, operante a Cercola. A Barra la ridotta incidenza del clan Aprea ha favorito la rapida ascesa del clan Cuccaro, che – rileva ancora la Dia – tende a proiettarsi anche a Ponticelli. A Barra operano in posizioni di minor rilievo anche rappresentanti dei gruppi Alberto, Guarino e Celeste. A San Giovanni a Teduccio, inoltre, si è esteso il raggio d’azione dei Mazzarella, passati dall’iniziale contrabbando di sigarette a grandi investimenti nel settore della contraffazione, ma anche nel campo della droga, e riuscendo a consolidare basi d’appoggio sulla Costa del Sol, in Spagna. Altre compagini che insistono sul territorio di San Giovanni, infine, sono riconducibili alle famiglie Rinaldi e Altamura, operanti nel Rione Villa, e ai clan Reale e Formicola.

NAPOLI/4 – Lo scenaro criminale della parte settentrionale di Napoli, che comprende anche l’area provinciale di Melito, Mugnano, Marano, Arzano e Casavatore è teatro della spaccatura in seno al clan degli Scissionisti, gli AmatoPagano, che non intendono perdere posizioni. E’ attivo nella zona anche il potente clan Licciardi, che condividerebbe lo svecchiamento dei capi piazza con giovani boss. Si registra, inoltre, il ritorno del clan Di Lauro, intenzionato a recuperare la vecchia leadership, persa dopo la faida di Scampia.

NAPOLI/5 – Per quanto concerne l’area occidentale del capoluogo campano, a Soccavo risulta egemonico il clan GrimaldiScognamillo, dedito prevalentemente alle estorsioni ai commercianti, ma anche al gioco e alle scommesse clandestine, e al controllo delle piazze di spaccio. La Dia rivela di questo gruppo criminale le mire espansionistiche verso il Rione Traiano, dove però si registra il ritorno del clan Puccinelli, che approfitta dello stato di detenzione dei più qualificati referenti dei sodalizi Leone e Cutolo. A Pianura è in corso una rimodulazione degli assetti interni dopo l’antagonismo tra clan Marfella e Lago. A Bagnoli e zona flegrea di Agnano e Cavalleggeri d’Aosta sembra diminuito il numero di azioni intimidatorie dopo l’arresto di numerosi elementi di spicco della famiglia D’Ausilio. A Fuorigrotta, poi, operano il clan Baratto, a forte vocazione imprenditoriale, e un altro gruppo autoctono, il clan BiancoIadonisi, attivo nel mercato degli stupefacenti.

NAPOLI/6 – E’ variegato il quadro anche in provincia. Nella zona occidentale, a Pozzuoli e Quarto, è attivo il clan LongobardiBeneduce, mentre i comuni di Bacoli e Monte di Procida viene rilevata la presenza dei Pariante. Nella provincia settentrionale, a Giugliano in Campania, si evidenzia per la classica impostazione economico-imprenditoriale il clan Mallardo, che negli anni ha reinvestito ingenti capitali nelle regioni del Nord. Nel 2012 il clan Moccia risulta predominante nella vasta area compresa tra Afragola, Casoria, Cardito, Arzano, Caivano, Frattamaggiore, Frattaminore, Crispano, ed in alcuni comuni dell’Agro Nolano. Risulta in continuo fermento lo scenario dei comuni di Sant’Antimo, Casandrino e Grumo Nevano, dove le attività criminali sono riconducibili ai clan storici Verde, Puca, Ranucci, Marrazzo e D’AgostinoSilvestre. Ad Acerra risultano invece contrapposti invece il clan Crimaldi e il cartello De FalcoFiore.

NAPOLI/7 – Nella provincia orientale si rileva la presenza della Nuova Alleanza Nolana, inizialmente composta da tranfughi di altre compagini, appartenuti principalmente alla vecchia guardia del clan Russo, al gruppo RuoccoSommaLa Marca, ai sodalizi NinoPianeseAutorino, al cartello CavaSangermanoDi Domenico, e alla famiglia Taglialatela. Della Nan è stata provata una saldatura con il clan Fabbrocino, presente nell’area vesuviana e attivo nella conversione di soggetti criminali in soggetti impenditoriali. Il clan Fabbrocino – secondo la Dia – detiene il controllo imprenditoriale del tessuto produttivo e si propone come “archeotipo della camorra a forte vocazione imprenditoriale”. L’influenza maggiore dei Fabbrocino viene esercitata sui territori di Ottaviano, San Giuseppe Vesuviano, Terzigno, Poggiomarino e Striano. Nell’area vesuviana sono presenti anche il gruppo FuscoPonticelli, attivo a Cercola, Massa di Somma e nel quartiere di Ponticelli, a Napoli; il clan Arlistico, operante a Somma Vesuviana e Pollena Trocchia, il cartello PanicoTerraccianoViterbo, che agisce su Sant’Anastasia, il binomio AnastasioCastaldo, che estende il raggio d’azione sui territori di Somma Vesuviana, Pollena Trocchia, Sant’Anastasia, Castello di Cisterna Brusciano e Pomigliano D’Arco; i Foria e gli Autore, a Pomigliano d’Arco; il clan Ianuale, a Castello di Cisterna, Brusciano e Mariglianella, il clan VenerusoRea, a Casalnuovo di Napoli e Volla; infine il clan Rega, a Brusciano e Castello di Cisterna.

NAPOLI/8 – Per quanto riguarda la provincia meridionale di Napoli, a San Giorgio a Cremano opera il clan Abate. Notizie positive arrivano da Portici, dove si evidenziano segnali di rinnovamento culturale che spingono la società civile a ribellarsi alla camorra. Il clan Vollaro, che estende i suoi interessi anche a San Sebastiano al Vesuvio, è una delle compagini maggiormente colpita da attività investigative. Ad Ercolano, poi, le associazioni antiracket offrono sostegno per difendere le vittime delle estorsioni compiute dai clan AscionePapale e BirraIacomino. A Torre del Greco opera il clan Falanga, attivo perfino nel settore delle onoranze funebri, dove esercita un “controllo monopolistico”. A Torre Annunziata agiscono due grandi cartelli criminali, il clan GiontaChierchia e il gruppo GalloLimelliVangone. A Pompei la scarcerazione di affiliati al clan Cesarano fa ritenere che il gruppo criminale sia ancora in auge. A Scafati opera la famiglia Matrone. A Castellammare e a Gragnano, fino a lambire i comuni della penisola sorrentina, è attivo invece il clan D’Alessandro, considerato “massima espressione della camorra stabile”. I D’Alessandro sono riusciti negli anni a guadagnare posizioni di controllo del tessuto economico-amministrativo di tutta l’area stabiese, dove però sono emersi – rileva la Dia – segnali di rinascita della società civile. A Gragnano, infine, in sinergia con i D’Alessandro opera il clan Di Martino.

CASERTA – La provincia di Caserta è regno dei Casalesi, organizzazione che gode di “centralità assoluta”, ma che non è esente da fibrillazioni interne. Lo scenario criminale casalese si presenta in particolare fermento perchè la struttura operativa del clan sta subendo – scrive ancora il Viminale nella relazione del 2012 – gli effetti di numerose condanne giudiziarie. Dopo l’arresto di Zagaria il processo evolutivo potrebbe dunque portare “al riconoscimento di un luovo leader o alla costituzione di una ‘cupola’ formata da più elementi di vertice dei vari clan e famiglie confederate”. Gli interessi economici dei casalesi si concretizzano attraverso la saldatura tra settori dell’imprenditoria cirminale e taluni amministratori locali. Le dinamiche collusive “producono distorsioni che frenano lo sviluppo economico” e sono “finalizzate a favorire il consolidamento sul mercato legale dell’impresa criminale ed a rafforzare un ceto politico amministrativo di tipo affaristico, clientelare e malavitoso”.

BENEVENTO – A Benevento si rileva la perdurante leadership camorristica della famiglia Sperandeo, attiva soprattutto nel mercato delle estorsioni, dello sfruttamento della prostituzione e del narcotraffico. Nell’intera area gli assetti tra organizzazioni sembrano stabili. In provincia sono presenti, i clan Iadanza-Pannella, a Montesarchio, e Pagnozzi, quest’ultimi legati anche ai Perreca di Recale, in provincia di Caserta, e ai Moccia di Afragola, in provincia di Napoli, con i quali coopererebbero in attività illecite in Lazio.

AVELLINO – Per quanto riguarda la provincia di Avellino si distingue per la rilevanza delle proprie attività criminali il clan Cava di Quindici, che dal comune di origine estende il proprio dominio anche a Pago del Vallo di Lauro, Monteforte Irpino, Taurano, Moschiano, Monocalzati, Atripalda e Mugnano del Cardinale, fino alla città capoluogo, dove persisterebbe – stando alla relazione del Viminale, un’alleanza con il locale clan Genovese. I Cava sarebbero attivi anche a Mercato San Severino, in provincia di Salerno, e in alcune località della provincia di Napoli, nel Vesuviano e nel Nolano, in sinergia con il clan Fabbrocino. Gli equilibri criminali sono resi precari dall’altro gruppo camorristico originario di Quindici, il clan Graziano, che estende il proprio raggio d’azione sia nel Vallo di Lauro, l’area influenzata dai Cava, che nel salernitano, come a Mercato San Severino e a Sarno. Per quanto riguarda il territorio della Valle Caudina, infine, è attivo il clan Pagnozzi.

SALERNO – Nella città di Salerno conferma il ruolo egemonico lo storico clan D’Agostino, che – secondo la relazione del ministro dell’Interno – ha superato una fase critica di riorganizzazione dopo la disarticolazione giudiziaria degli anni scorsi. Nella ripresa avrebbe avuto un ruolo determinante la scarcerazione di vecchi alleati. In provincia, vengono rilevate forti presenze camorristiche riconducibili sia a pregiudicati appartenenti a sodalizi criminali autoctoni, sia a formazioni provenienti dalle province di Napoli ed Avellino. Lo scenario più complesso è rappresentato dall’Agro Nocerino-Sarnese. A Pagani la Dia ha rilevato, ad esempio, una forte ramificazione nell’economia legale del clan FezzaD’Auria. In alcuni casi sarebbero state promosse attività illecite capaci di assicurare lavoro e reddito agli affiliati, ma anche a persone contigue e ai familiari, grazie ai rapporti con politici e impreditori locali.

GLI ALTRI – La relazione del ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia fornisce informazioni anche sulle organizzazioni criminali presenti nelle province di Enna, Siracusa, Ragusa, Messina, Bari, Barletta-Andria-Trani, Foggia, Lecce, Brindisi, Taranto e Potenza (e sulle loro proiezioni extraregionali ed internazionali).

(Fonte foto: LaPresse)

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