La minaccia del terrorismo bianco
17/04/2014 di Mazzetta
Frazier Glenn Miller o Frazier Glenn Cross com’era conosciuto in alternativa, corrisponde perfettamente a un identikit di persona pericolosa perfettamente conosciuto, catalogato e in teoria controllato da sempre, il suprematista bianco che ha dichiarato guerra a tutti i diversamente colorati. Un genere al quale negli Stati Uniti è permesso di girare armato fino ai denti in attesa che concretizzi le sue minacce.
UNA MINACCIA NOTA – Nel 2009 un rapporto di nove pagine del Department of Homeland Security indicava l’esistenza di una minaccia terroristica interna, sottolineando come l’attuale coincidenza di fatti che hanno storicamente alimentato il fenomeno, tra i quali la crisi economica, la resistenza all’immigrazione e alle leggi sul controllo delle armi, ma soprattutto un robusto flusso di reduci, si sarebbe sommata all’elezione del primo presidente nero aumentando di molto la possibilità di episodi di sangue provocati da patrioti bianchi, come amano definirsi. L’agenzia si diceva «preoccupata che gli estremisti di destra tentino di reclutare e radicalizzare i veterani al fine di aumentare le loro capacità di manifestare violenze.» Il rapporto fu duramente attaccato dalla destra conservatrice al Congresso, dall’American Legion e da Fox News, che chiesero le scuse dell’agenzia sostenendo che nessun veterano potrebbe mai trasformarsi in terrorista. L’agenzia ritirò il rapporto dal suo sito, ma il tempo ha dimostrato la sostanziale correttezza dell’analisi e la concretezza della minaccia.
UN GUERRIERO BIANCO – Glenn Cross/Miller è un veterano ultrasettantenne che ha seguito questo percorso molto tempo fa e lo ha concluso solo nei giorni scorsi, quando ha ucciso tre persone nei pressi del Jewish Community Center di Kansas City e presso un altro centro d’aggregazione ebraico poco lontano. Un veterano del Vietnam, cacciato dall’esercito dopo 20 anni di servizio per aver diffuso materiale razzista ai commilitoni e un seguito fondatore di un gruppo del Ku Klux Klan in North Carolina e per anni vocalissimo razzista con la fissa degli ebrei. Uno che alla lunga finì malvisto anche dai suoi, perché alcolista e imprevedibile, perché aveva un matrimonio alle spalle con una polinesiana, completo di figli di «razza» mista, ma soprattutto perché alcolizzato e perché quando il Federal Bureau of Investigations mise le mani sul suo gruppo e sul loro arsenale, lui se la cavò con poco denunciando tutti gli altri. Un uomo che girava con la divisa razzista e la pistola alla cintola, lasciando il figlio a dormire in macchina quando andava ai raduni dei camerati, racconta chi l’ha conosciuto.